Candidati alla presidenza della Repubblica, tutti i nomi bruciati alle prime votazioni

Stefano Rizzuti

27 Gennaio 2022 - 09:48

Nelle prime votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica sono stati fatti - ufficialmente e non - diversi nomi. E tante sono le candidature già bruciate: vediamo quali.

Candidati alla presidenza della Repubblica, tutti i nomi bruciati alle prime votazioni

Candidati di bandiera, voti simbolici, nomi bruciati e carte coperte sui veri pretendenti alla presidenza della Repubblica. I primi giorni di votazioni per eleggere il nuovo capo dello Stato si sono conclusi in un nulla di fatto, con una netta prevalenza di schede bianche.

Il centrodestra ha provato a condurre la partita sin dall’inizio, lasciando spesso la palla in mano a Matteo Salvini. L’impressione, però, è che la palla sia poi sempre stata rimandata indietro e le iniziative del leader leghista e dei suoi colleghi di coalizione si siano concluse con risultati poco incisivi.

Dopo le prime tre votazioni, quelle che richiedevano la maggioranza dei due terzi (ovvero 673 preferenze), di candidati e nomi bruciati o parzialmente bruciati ce ne sono già tanti. Vediamo quali sono e in che modo sono usciti dai giochi, ma anche in che modo potrebbero rientrarci.

La prima candidatura a vuoto: Berlusconi

Il primo nome messo sul tavolo, ancor prima di iniziare le votazioni, è stato quello di Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia sembrava intenzionato ad auto-candidarsi. La sua operazione è stata definita irricevibile da Pd e Movimento 5 Stelle ed è presto naufragata: prima dell’inizio delle votazioni Berlusconi ha ufficialmente annunciato il suo passo indietro.

I nomi bruciati dal centrodestra

Una volta iniziate le votazioni lo stallo è proseguito per i primi scrutini. Un tentativo di fare un passo in avanti è arrivato dal centrodestra con la presentazione di una rosa di possibili candidati: Letizia Moratti, Marcello Pera e Carlo Nordio. Su questi nomi il segretario del Pd, Enrico Letta, ha prima detto che avrebbe considerato le ipotesi apprezzando la mossa del centrodestra, ma ha poi aggiunto che su questi candidati non era possibile alcuna convergenza. E così i primi tre nomi ufficiali sono stati bruciati.

Il veto su Casellati

Tra i nomi presentati dal centrodestra non figurava quello di Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato. Come ha spiegato Salvini una scelta non casuale e dovuta al fatto che la presidente dell’Aula di Palazzo Madama è una candidata naturale per la carica che ricopre e non serviva, quindi, una formalizzazione della sua eventuale discesa in campo.

Casellati viene però ritenuta una candidatura divisiva dal centrosinistra e in particolare è stato sempre Letta e porre un chiaro veto: “Proporre la candidatura della seconda carica dello Stato, insieme all’opposizione, contro i propri alleati di governo sarebbe un’operazione mai vista nella storia del Quirinale. Assurda e incomprensibile. Rappresenterebbe, in sintesi, il modo più diretto per far saltare tutto”. E un altro nome è stato bruciato.

Tutti gli altri nomi usciti dallo scrutinio

Nelle prime tre votazioni sono stati fatti tanti nomi, alcuni effettivamente in corsa e altri meno. Una delle candidate di cui si parla da mesi è Marta Cartabia, attuale ministra della Giustizia. In queste prime votazioni ha raccolto (poche) preferenze. Il suo nome, comunque, non appare essere del tutto bruciato per quanto nessuno ne parli come una possibile candidata.

Nel terzo scrutinio è arrivata poi una candidatura simbolica, quella di Guido Crosetto: l’esponente di Fratelli d’Italia ha ricevuto più di 100 preferenze (secondo candidato più votato), ma il suo nome non è realmente sul tavolo. Al terzo scrutinio il più votato è stato il presidente uscente, Sergio Mattarella: un segnale da parte di chi spera ancora nella sua rielezione.

Tra gli altri nomi votati ci sono quelli di Paolo Maddalena (sostenuto soprattutto dagli ex M5s), Giancarlo Giorgetti, Luigi Manconi, PIer Luigi Bersani e Umberto Bossi: tutti nomi che non sembrano in lizza. Diverso il discorso per Pier Ferdinando Casini che ha raccolto 52 voti al terzo scrutinio: le sue quotazioni non sono altissime, ma in molti lo vorrebbero al Quirinale e resta, di certo, nella partita.

Gli altri nomi ancora in corsa

Di nomi se ne sono fatti tanti in questi giorni. Alcuni non sembrano neanche essere stati definitivamente bruciati e, anzi, si tratta di candidati che sembrano avere sempre più possibilità. È il caso, per esempio, del presidente del Consiglio, Mario Draghi: nome su cui c’è una spaccatura nella maggioranza perché in tanti preferirebbero lasciarlo a Palazzo Chigi, ma su cui non si può escludere una convergenza.

Un altro nome ricorrente da anni nelle elezioni del capo dello Stato è quello di Giuliano Amato: negli ultimi giorni se ne parla meno, ma anche la sua è una candidatura non tramontata definitivamente (per quanto apparentemente lontana). Nelle ultime ore è poi : un’operazione che sembra molto complessa da portare a termine per vari motivi, ma che non sembra essere del tutto naufragata. Sempre che sia mai realmente esistita.

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