Chi ci rimette con la Manovra 2025? Tante conferme e poche novità

Patrizia Del Pidio

18/10/2024

La manovra di fine anno non porta moltissime novità, ma quelle poche che ci sono vanno a penalizzare una determinata fascia di popolazione.

Chi ci rimette con la Manovra 2025? Tante conferme e poche novità

La Legge di Bilancio ha penalizzato il ceto medio, senza il promesso taglio delle tasse dal 2025 una determinata fascia di redditi si troverà a pagare di più. La Manovra 2025 non è rivoluzionaria rispetto al passato, si tratta di una manovra che ha tante conferme e poche novità, ma quelle poche sono di impatto, soprattutto per il ceto medio e per quello alto.

Rispetto al 2024 a rimetterci sono sicuramente le banche e le assicurazioni, ma non si tratta di un prelievo fiscale, quanto di un prestito allo Stato pagando più tasse nel prossimo futuro e recuperando il tutto in tempi successivi.

A perderci davvero, se la manovra restasse quella illustrata fino a ora, è la classe media a cui il Governo aveva promesso un taglio delle tasse. Non è ancora detto che il taglio dell’Irpef per il ceto medio non ci sia, il tutto è legato all’andamento del concordato preventivo biennale (potrebbe, quindi, arrivare nell’iter parlamentare l’intervento atteso).

Legge di Bilancio, le numerose conferme

L’economista Carlo Cottarelli, parlando della Legge di Bilancio 2025 ha dichiarato:

Rispetto a quest’anno, le banche ci perdono qualcosa nell’immediato, ma in fondo si tratta di un prestito allo Stato: pagano più tasse nel ’25-26 e poi presumibilmente pagheranno meno. Guadagnano qualcosa i redditi bassi cui vengono estesi alcuni benefici mentre ci perde la classe media, soprattutto quella che non evade. Il governo aveva promesso che quest’anno avrebbe ridotto le tasse sul ceto medio, ma non lo ha fatto. Nel 2026-27 arriverà invece il grosso dei tagli, con un calo di 1,8 punti della spesa primaria. Quindi tutto lo sgonfiamento della spesa statale è rinviato

La manovra porta numerose conferme: dal taglio al cuneo fiscale all’Irpef a 3 aliquote (entrambe le misure sono state rese strutturali), dal bonus ristrutturazioni al bonus mobili passando anche per il canone Rai con importo ridotto.

Nessun taglio è stato preventivato per sanità, pensioni e investimenti pubblici, ma tagli ci saranno altrove (un esempio è la spending review chiesta ai Ministeri). La conferma di molte misure, quindi, ha inciso sulla spesa pubblica (da qualche parte i soldi si dovevano pure recuperare) e si poteva agire diversamente per minimizzare gli impatti sui pubblici servizi.

Le poche novità impattano sul ceto medio

La promessa a monte della Legge di Bilancio era un intervento sull’Irpef del ceto medio. Si era parlato o di una riduzione della aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33% o di un ampliamento dello stesso, che oggi arriva fino a 50.000 euro di reddito, fino a 60.000 euro. Per un intervento di questo genere servono coperture e resta legato all’andamento del concordato preventivo biennale.

Resta anche il dubbio di quando possa essere realizzato, visto che nel corso della conferenza stampa, a una domanda diretta di un giornalista se il maggior gettito portato dal CPB sarebbe stato utilizzato quest’anno o il prossimo, la risposta del Ministro Giancarlo Giorgetti non è stata chiarissima. Si è riferito al principio di cassa e questo, forse, lascia intendere che i maggiori fondi a disposizione saranno utilizzati al momento che entreranno (e a questo punto l’intervento sul ceto medio si potrebbe dire rimandato al prossimo anno).

Il taglio delle detrazioni fiscali, ad esempio, non andrà a impattare su primo e secondo scaglione Irpef: verosimilmente quello che oggi è il tetto limite, fissato a 120.000 euro, per fruire delle detrazioni, potrebbe subire delle modifiche e prevedere diversi scaglioni per la fruizione di detrazioni. Quello che è trapelato è che le detrazioni intere (subordinate, poi, a una sorta di quoziente familiare) resteranno solo per chi ha redditi fino a 50.000 euro.

A essere penalizzati anche da questa novità, sarebbero nuovamente i redditi dai 50.000 euro in su, ovvero tutti coloro che già lo scorso anno non hanno sortito beneficio alcuno dal taglio e la rimodulazione dell’Irpef. La franchigia di 260 euro sulle detrazioni, infatti, ha annullato il risparmio che si poteva avere sull’Irpef. Anche se è vero che il sistema di tassazione italiano è progressivo e colpisce, di fatto, maggiormente chi guadagna di più, se si vuole puntare su una crescita economica del Paese, si deve intervenire in qualche modo anche sul ceto medio/alto.

Iscriviti a Money.it