Perché quello contro Julian Assange è un processo politico

Roberto Vivaldelli

21/02/2024

Uno dei due giudici che si pronuncerà sulla richiesta di fermare la sua estradizione di Assange ha lavorato per l’MI6 e il Ministero della Difesa britannico.

Perché quello contro Julian Assange è un processo politico

Si sta discutendo in queste ore presso l’Alta Corte di Londra, l’udienza dalla quale uscirà la decisione definitiva sull’estradizione del fondatore di Wikileaks negli Stati Uniti, Julian Assange, dove lo aspetta un processo che lo vede imputato per la pubblicazione di 700mila documenti secretati relativi ad attività militari e diplomatiche degli Usa, a partire dal 2010.

Accuse che potrebbero costargli una condanna fino a 175 anni di carcere e, secondo i suoi avvocati, la morte certa dietro le sbarre. Tale udienza rappresenta l’ultima possibilità per Assange, oggi gravemente debilitato e in precarie condizioni di salute, di appellarsi alla decisione di estradizione presa nel 2022 dall’allora ministro degli Interni britannico, Priti Patel, dopo che la giudice distrettuale Vanessa Baraitser nel gennaio 2021, presso la Corte dei magistrati di Westminster, si rifiutò di autorizzare la richiesta di estradizione, affermando che esisteva un “rischio sostanziale” che il giornalista australiano si suicidasse a causa della gravità delle condizioni che avrebbe dovuto sopportare nel sistema carcerario statunitense.

Sulla base delle assicurazioni che gli Stati Uniti non avrebbero maltrattato Assange, l’Alta Corte annullò la decisione di Baraitser. La Corte Suprema del Regno Unito si rifiutò, infine, di prendere in considerazione la contestazione circa la legalità di tali garanzie e il Ministro degli Interni firmò l’ordine di estradizione su pressione diplomatica di Washington. [...]

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