La debolezza cinese nella ripresa economica e la Federal Reserve attesa ancora in modalità falco hanno fermato i guadagni delle azioni oggi. Mercati in rosso, quali sono i timori degli investitori?
Mercati sotto pressione e in perdita. Il rally delle azioni asiatiche è già finito con l’impennata dei rendimenti dei titoli del Tesoro dopo che i dati sull’inflazione statunitense hanno rafforzato le scommesse sugli aumenti dei tassi della Federal Reserve.
Gli ultimi dati sulla continua debolezza dell’economia cinese hanno aggiunto ulteriore turbolenza, mandando in rosso gli indici della regione. Con le guerre in Ucraina e in Israele sullo sfondo a innervosire gli investitori, i protagonisti delle Borse tornano a essere la Cina, con la sua crescita incerta e fragile, e la Fed che ora si teme possa avere tutti i motivi per continuare la sua politica da falco.
Intanto, l’avversione al rischio ha prevalso anche sul mercato valutario, con il dollaro che ha mantenuto i guadagni durante la notte. Contro un paniere di valute, il dollaro si è attestato a 106,47. Sul fronte caldo delle materie prime, i prezzi del petrolio sono aumentati dopo che gli Stati Uniti hanno inasprito il programma di sanzioni contro le esportazioni di greggio russo, sollevando preoccupazioni sull’offerta in un mercato già ristretto.
La Cina spinge in rosso l’Asia. I dati bocciano il dragone
Le azioni di Hong Kong e della Cina continentale hanno ampliato le perdite dopo che sia i prezzi al consumo che quelli alla produzione sono scesi al di sotto delle stime, segno che l’economia del Paese deve ancora affrontare difficoltà nonostante il governo abbia adottato una serie di misure di sostegno.
“I mercati asiatici si trovano ad affrontare un doppio problema che getta notevoli dubbi sul rally guidato dall’ottimismo degli ultimi giorni”, ha affermato Hebe Chen, analista di IG Markets. “L’ottimismo precedente, costruito sul presupposto di una svolta accomodante da parte della Fed, ora sembra vulnerabile. Inoltre, i deludenti dati relativi all’indice dei prezzi al consumo pari a zero della Cina segnalano un allarme a luci gialle”.
Nel dettaglio, l’indice dei prezzi al consumo è rimasto piatto su base annua a settembre, come hanno mostrato i dati dell’Ufficio nazionale di statistica. Era inferiore alla stima mediana di un aumento dello 0,2% in un sondaggio Reuters.
I prezzi alla produzione sono scesi del 2,5% rispetto all’anno precedente, più debole delle aspettative degli economisti che prevedevano un calo del 2,4%.
Questi dati tiepidi sottolineano quella che i massimi leader cinesi hanno etichettato come una ripresa economica “tortuosa” dopo che il Paese è emerso dalle sue severe misure anti-Covid verso la fine dello scorso anno.
Inoltre, le esportazioni cinesi sono diminuite del 6,2% lo scorso mese rispetto a un anno fa, meno della previsione di Reuters di un calo del 7,6%. Allo stesso modo, anche le importazioni sono calate del 6,2% in termini di dollari Usa a settembre rispetto a un anno fa, leggermente più del ribasso del 6% previsto dal sondaggio Reuters.
Da evidenziare che nel rapporto dell’agenzia doganale cinese, la Russia è stato l’unico grande Paese o regione che ha mostrato una crescita sia nelle esportazioni che nelle importazioni per i primi tre trimestri dell’anno rispetto a un anno fa.
Per categoria di prodotto, l’esportazione globale di automobili della Cina è rimasta quella con la crescita più rapida.
In questo contesto, la seduta asiatica si sta chiudendo con Shanghai e Shenzhen in perdita rispettivamente di 0,77% e 1,24%. Pesante il tonfo dell’Hang Seng di Hong Kong, a -2,56%.
Dalla Fed in arrivo un nuovo aumento?
I contratti swap hanno spinto le probabilità di un altro aumento di un quarto di punto della Fed a circa il 40%, dopo che l’indice principale dei prezzi al consumo, che esclude i costi di cibo ed energia, è aumentato dello 0,3% negli Stati Uniti il mese scorso.
Gli economisti preferiscono l’indicatore core come indicatore migliore dell’inflazione di fondo rispetto all’IPC complessivo, che è salito dello 0,4%, sostenuto dai costi energetici.
L’aumento dei prezzi al consumo statunitensi per settembre ha svelato un rialzo a sorpresa dei costi degli affitti e i trader ora vedono maggiori possibilità che la Fed finisca per effettuare un altro incremento del costo del denaro quest’anno.
Ryan Brandham, responsabile dei mercati dei capitali globali per il Nord America presso Validus Risk Management, ha affermato che i dati sull’inflazione evidenziano le sfide che la Fed dovrà affrontare per centrare il suo obiettivo del 2%.
Dati separati hanno mostrato anche che il numero di americani che ricevono sussidi dopo una settimana iniziale di aiuti, un indicatore per le assunzioni, è aumentato di 30.000 per arrivare a un livello, considerato ancora basso, di 1.702 milioni durante la settimana terminata il 30 settembre.
“L’indebolimento del mercato del lavoro è fondamentale affinché la Fed raggiunga il suo obiettivo di riportare l’inflazione al livello target, e i falchi che chiedono almeno un altro aumento saranno supportati sulla base di questi numeri”, ha affermato Brandham.
Wall Street ha chiuso in calo nella notte, sopraffatta dal timore di una politica monetaria ancora aggressiva. JP Morgan,Wells Fargo, Citigroup e BlackRock venerdì daranno il via agli utili del terzo trimestre per le principali società finanziarie. Gli investitori non sono riusciti a nascondere un certo nervosismo poiché i requisiti patrimoniali più elevati e l’incombente recessione minacciano di comprimere gli utili del settore finanziario.
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