Gli ultimi dati deludenti sull’attività della Cina hanno frenato il prezzo del petrolio, in calo di oltre l’1%. Tuttavia, ci sono ancora segnali su un’offerta ristretta e il greggio è visto aumentare.
Petrolio: i prezzi del greggio scendono, spinti al ribasso dai dati sull’attività delle fabbriche in Cina più deboli del previsto e dalla rinnovata preoccupazione che l’allargamento del contenimento del Covid riduca la domanda.
Nel dettaglio, gli indici PMI del dragone, il più grande importatore mondiale di greggio, sono diminuiti inaspettatamente a ottobre e si sono attestati sotto la soglia 50, che divide espansione da contrazione. L’incertezza della domanda globale e le rigide misure di chiusura per la pandemia hanno colpito la produzione della potenza asiatica. In più, la crisi immobiliare sta avendo effetti negativi sull’economia e sul sentiment del dragone.
Alle ore 8.15 circa, i futures sul Brent scambiano a 92,59 dollari al barile, con un calo dell’1,23% e il contratto WTI si attesta a 86,80 dollari al barile, a -1, 27%.
Petrolio in calo: quanto vale l’effetto Cina
La Cina resta nel mirino del mercato petrolifero. Le rigide misure di contenimento per il Covid ancora in vigore nella nazione asiatica hanno smorzato l’attività economica e commerciale, riducendo la domanda di petrolio.
Le importazioni cinesi di petrolio greggio per i primi tre trimestri dell’anno sono diminuite del 4,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima - il primo calo annuale per questo periodo almeno dal 2014 - poiché i drastici limiti imposti per frenare i contagi da parte di Pechino hanno colpito duramente il consumo di carburante.
Con i dati appena aggiornati sui PMI manifatturiero, composito e non manifatturiero, tutti in calo e sotto la soglia 50 a indicare una contrazione, la debolezza cinese del momento si è resa più palese, con evidenti ricadute sul greggio.
“Finché la politica Zero-Covid rimarrà radicata, continuerà a contrastare i rialzisti del petrolio”, ha affermato Stephen Innes, managing partner di SPI Asset Management.
Un ulteriore rischio per la domanda di petrolio viene dall’Europa, ha affermato Leon Li, analista di CMC Markets, poiché il continente “è probabile che entri in recessione questo inverno”, ha dichiarato.
La zona euro sta probabilmente avviandosi verso un indebolimento, con la sua attività commerciale di ottobre che si è contratta al ritmo più veloce in quasi due anni, secondo un sondaggio S&P Global, poiché l’aumento del costo della vita mantiene i consumatori cauti e indebolisce la domanda.
In generale, il petrolio ha perso circa un quarto del suo valore da giugno, poiché le preoccupazioni per un rallentamento economico globale e una politica monetaria restrittiva hanno minacciato di ridurre la domanda.
Questa settimana gli investitori seguiranno le decisioni sui tassi di interesse delle banche centrali, inclusa la Federal Reserve. Il dollaro si è ritirato da un livello record, anche se la Fed ha continuato ad aumentare i tassi per domare l’inflazione, aiutando il greggio in quanto rende le materie prime quotate nella valuta più convenienti per la maggior parte degli acquirenti. Tuttavia, messaggi ancora aggressivi da Powell potrebbero riportare a livelli record il biglietto verde, frenando il petrolio.
Perché il greggio può ancora aumentare?
Non c’è solo la Cina debole e incerta nella ripresa a influenzare il prezzo del greggio. Diversi analisti, infatti, restano rialzisti sulle quotazioni dell’oro nero: per quali motivi?
Il petrolio è ancora in aumento di circa il 10% questo mese dopo la decisione dell’alleanza OPEC+ di apportare notevoli tagli alla produzione. Le misure entrano in vigore a partire da novembre e segnano l’inizio di un periodo incerto per l’approvvigionamento petrolifero che si dirige verso l’inverno, con l’Unione Europea che prevede sanzioni sui flussi russi a dicembre. Questo significa un’offerta indebolita.
“Il mercato è pronto a continuare a salire poiché le sanzioni russe dell’Europa saranno attive dal 5 dicembre ed entrerà in gioco il taglio di 2 milioni di barili al giorno dell’OPEC+”, ha affermato James Whistler, amministratore delegato dell’intermediazione Vanir Global Markets Pte in Singapore.
Nel frattempo, alcuni dei maggiori produttori di petrolio degli Stati Uniti hanno segnalato che l’aumento della produttività e dei volumi nel bacino del Permiano, il principale giacimento di scisto della nazione, sta rallentando.
In una prospettiva che sarà pubblicata a breve, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio dovrebbe anche attenersi a una visione della domanda di petrolio in crescita per un altro decennio, nonostante il crescente uso di energie rinnovabili e auto elettriche.
Tradotto: resta alto il rischio di minore offerta sulla domanda e quindi di prezzi del petrolio in aumento.
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