A Pechino nuovo lockdown per altri 10 quartieri, dopo la scoperta di 36 nuovi casi in un solo giorno collegati al mercato del pesce. La Cina sta cercando di fermare una nuova ondata di contagi.
I nuovi focolai di coronavirus a Pechino fanno piombare la Cina nell’incubo di una seconda ondata di epidemia.
Oggi le autorità cinesi hanno annunciato 49 nuovi casi, 36 dei quali collegati dal mercato del pesce Xinfadi nel distretto sud-ovest del distretto di Fengtai. Il mercato è stato chiuso sabato dopo essere stato identificato come epicentro dei nuovi casi.
La capitale cinese entra ora in una “nuova fase straordinaria” di emergenza: “Il rischio di diffusione dell’epidemia è molto alto, quindi dovremmo prendere misure risolute e decisive”, ha detto oggi Xu Hejian, portavoce del governo della città in una conferenza stampa.
A partire dalla mezzanotte di domenica 14 giugno è scattato il lockdown per altri 10 quartieri residenziali nelle vicinanze di un secondo mercato del pesce, Yuquandong di Haidian, dove è stato trovato un caso asintomatico. Ai cittadini è stato ordinato di mettersi in quarantena a casa e di sottoporsi al test.
Nuovo lockdown a Pechino: una Wuhan 2.0?
Dopo 8 settimane senza casi non importati, Pechino ha registrato 79 casi negli ultimi quattro giorni e ora le autorità temono che diventi una Wuhan 2.0.
L’allarme arriva proprio mentre la città stava tornando alla normalità: negli uffici e nei complessi residenziali non veniva più misurata la febbre all’ingresso, si stava pianificando la riapertura delle piscine e delle scuole elementari, e si erano allentate le maglie dei controlli sanitari nei supermercati e nei ristoranti.
I media statali parlano dell’adozione di misure da tempi di guerra per descrivere i blocchi e le restrizioni reintrodotti per fermare i contagi. Il mercato di Xinfadi è stato chiuso venerdì sera dopo che i primi test hanno trovato tracce di coronavirus sui taglieri usati per tagliare il salmone.
Le autorità cinesi affermano che il virus trovato è stato importato dall’Europa, anche se resta da capire come è iniziata esattamente la catena di infezione. Yang Peng, un epidemiologo del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Pechino, ha detto che forse le persone sono state infettate entrando in contatto con frutti di mare o carne contaminata venduti al mercato, o che una persona infetta abbia tossito o starnutito all’interno del mercato contagiando prodotti alimentari e ambiente circostante.
Qualunque sia stata la vera causa dei contagi, il gestore del mercato e due funzionari distrettuali sono stati licenziati per negligenza, ossia per non aver fatto abbastanza per impedire al virus di riemergere e diffondersi.
Misure eccezionali, da tempi di guerra
Chu Junwei, un funzionario distrettuale, ha subito adottato il rigido blocco nei quartieri più vicini, in nome della sicurezza sanitaria della popolazione.
Centinaia di poliziotti militari sono entrati nella struttura del mercato incriminato, ora chiusa.
Intanto, i collegamenti di trasporto nelle vicinanze e le scuole sono state sospese. In tutta Pechino lo sport è stato cancellato e le principali strutture pubbliche si stanno nuovamente fermando nelle loro funzioni.
I turisti provenienti da altre parti della Cina non potranno arrivare. Anche Il tempio di Yonghe e il Teatro Nazionale di Pechino hanno annunciato che chiuderanno.
I timori per una seconda ondata di coronavirus nella capitale ci sono.
I funzionari cinesi non sono sicuri di come l’enorme mercato all’ingrosso di Xinfandi, che fornisce l’80% delle verdure e della carne di Pechino, sia diventato la fonte di un nuovo focolaio di coronavirus.
Negli ultimi mesi la strategia del Governo è stata quella di isolare completamente qualsiasi città in cui emergesse un cluster di coronavirus.
Questo sembra aver funzionato, ma bloccare tutta Pechino, nel momento in cui sembrava che l’emergenza del virus fosse sotto controllo, non è qualcosa che può essere ordinata in modo così repentino.
L’incubo coronavirus in Cina sembra non finire.
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