Nel calcio si parla sempre più spesso della clausola rescissoria inserita all’interno di un contratto: di cosa si tratta, come funziona, la normativa, chi la paga e alcuni degli esempi più celebri.
La clausola rescissoria ormai è entrata a far parte del calcio al pari del fuorigioco o delle diagonali; anzi, in un pallone ormai a ogni livello dominato più dal business che dallo spirito sportivo, si può dire che sia un fattore spesso di grande importanza.
Del resto si tratta di una clausola che può essere inserita all’interno di un contratto di un calciatore, in alcuni paesi obbligatoria - vedi Spagna - e che anche in Italia è sempre più frequente.
La clausola rescissoria permette a un calciatore di svincolarsi dal contratto che lo lega a un club, il tutto dietro il pagamento di una somma precedentemente stabilita.
Spesso sono i calciatori a insistere per inserire questo cavillo all’interno di un contratto, ma anche le società di appartenenza spesso non si dispiacciano nell’inserire questa clausola soprattutto quando questa è legata a cifre di svincolo molto importanti, a volte anche superiori ai 100 milioni di euro.
Vediamo allora nel dettaglio cos’è la clausola rescissoria, la normativa di riferimento nel calcio, come funziona, perché si inserisce in un contratto, chi la deve pagare e alcuni esempi celebri oltre ai contratti attuali con le clausole rescissorie più alte in Europa.
Cos’è la clausola rescissoria
La clausola rescissoria (o clausola di rilascio) è una disposizione contrattuale, spesso usata nel mondo del calcio e di altri sport professionistici, che stabilisce l’importo economico che una squadra o una società deve pagare per liberare un giocatore dal contratto con la sua attuale squadra.
Come funziona la clausola rescissoria
Una volta che la clausola viene pagata, il contratto tra il giocatore e la sua squadra viene risolto automaticamente e il giocatore è libero di firmare con un’altra squadra.
La clausola serve a tutelare il club, garantendo che il giocatore non venga sottratto facilmente da un’altra squadra senza un adeguato compenso economico.
Al tempo stesso, anche un calciatore può essere interessato a inserire una clausola rescissoria nel proprio contratto per liberarsi - eventualmente - anche contro il parere del club di appartenenza.
La normativa di riferimento nel calcio
Come detto in precedenza, in Spagna la clausola rescissoria è obbligatoria per legge nei contratti dei calciatori. In altri Paesi come l’Italia o l’Inghilterra, non è obbligatoria e dipende dagli accordi tra le parti.
L’importo della clausola rescissoria è stabilito nel contratto quando viene firmato e - ca va sans dire - può variare notevolmente a seconda del valore del giocatore e della negoziazione iniziale.
In Italia in base all’ordinamento nostrano non è corretto parlare di clausola rescissoria, ma clausola penale. Dal punto di vista prettamente civilistico infatti la rescissione di un contratto presuppone un’anomalia verificatasi al momento della conclusione del contratto e di certo non è questo il caso in questione.
Di conseguenza è più corretto parlare di clausola penale che trova la sua validità giuridica negli articoli 1382-1384 del Codice Civile.
In questi articoli viene definita “clausola penale” la somma, stabilita all’interno di un contratto e concordata tra le parti, dovuta a titolo di risarcimento per l’inadempimento dell’obbligazione e indipendentemente dalla prova del danno.
Chi paga la clausola?
C’è però un aspetto giuridico che nel gergo comune viene trascurato e confuso: la somma della clausola rescissoria viene pagata proprio dal calciatore, non dalla nuova società in cui andrà a giocare.
Ovviamente, questa è una vera e propria formalità giuridica. Nella pratica infatti la somma della clausola rescissoria del calciatore viene pagata dalla società che ne vuole acquistare i diritti.
Questo però cambia la finalità e la ratio di questa opzione contrattuale. Anche perché spesso la modalità di pagamento e l’importo della clausola rescissoria viene negoziato tra le parti.
In teoria però un calciatore può svincolarsi dal suo club pagando la clausola con soldi propri - nel caso in cui ne avesse i mezzi -, decidendo poi di accasarsi come se fosse svincolato al termine del proprio contratto.
Le clausole rescissorie più alte mai pagate nel calcio
Quando si parla di clausola rescissoria nel calcio il pensiero subito corre a Neymar, con il Psg che nel 2017 sborsò la bellezza di 222 milioni di euro - un record - per strappare il brasiliano al Barcellona.
Nel 2019 sempre il Barcellona è stato protagonista di un altro affare record, questa volta però a parti invertite pagando i 120 milioni della clausola di Antoine Griezmann, dando vita anche a una battaglia legale con l’Atletico Madrid.
In Italia invece di recente il sudocoreano Kim Min-jae ha lasciato il Napoli dopo che il Bayern Monaco ha pagato la clausola di 58 milioni, mentre prima Aurelio De Laurentiis aveva intascato 63 milioni dal Psg dopo il pagamento della clausola per Edinson Cavani.
Il caso più famoso però è stato quello di Miralem Pjanic, con la Juventus che - non senza polemiche - nel 2016 ha sborsato i 38 milioni della clausola presente nel contratto del bosniaco con la Roma, dopo che ne aveva spesi 90 di milioni per liberare Gonzalo Higuain dal Napoli.
I contratti attuali con le clausole rescissorie più alte in Europa
Essendo obbligatorie, le attuali clausole rescissorie più alte in Europa sono tutte in Spagna, dove i club - specie il Barcellona dopo il caso Neymar - si tutelano inserendo cifre monstre per i propri campioni.
Nel Real Madrid hanno una clausola rescissoria da 1 miliardo di euro Vinicius Jr e Federico Valverde, nel Barcellona Pedri, Ronald Araujo, Raphinha, Jules Koundè, Noah Garvich, Gavi, Lamine Yaval, Ansu Fati e Ferran Torres oltre a Sergio Canales del Betis.
In Italia invece il calciatore con la clausola rescissoria più alta e Rafael Leao - ben 150 milioni -, seguito da Marcus Thuram che invece si ferma a 95 milioni.
Per Victor Osimhen da gennaio 2025 sarà valida una clausola da 81 milioni, che scenderà a 75 milioni a partire dal prossimo luglio.
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