Codice Rosso, femminicidio e nuove misure legislative. Cambiano le pene per i reati di violenza di genere e le tutele per le vittime: ecco cosa sapere.
La violenza di genere è un’emergenza con numeri che raccontano storie di dolore, paura e, troppo spesso, tragedie irreparabili. Ogni anno, centinaia di donne subiscono abusi, minacce, aggressioni. Alcune riescono a denunciare, altre restano intrappolate in una spirale di violenza che, nei casi peggiori, si trasforma in femminicidio. L’omicidio di Giulia Cecchettin nel novembre 2023, uccisa dall’ex fidanzato, ha lasciato il Paese sotto shock, alimentando un’ondata di indignazione e richieste di giustizia. Di fronte a questa realtà drammatica, il governo italiano ha deciso di rafforzare la lotta contro la violenza di genere con nuove misure legislative.
Per la prima volta, il femminicidio diventa un reato autonomo nel codice penale, con pene che arrivano fino all’ergastolo. Si inaspriscono le sanzioni per chi perseguita, minaccia e colpisce le donne, mentre il braccialetto elettronico diventa uno strumento più diffuso per controllare i soggetti pericolosi. In questo articolo analizziamo nel dettaglio le novità del Codice Rosso, il loro impatto concreto e le azioni che possono salvare vite. Perché la giustizia non può più aspettare.
Il quadro normativo: cosa prevede il Codice Rosso?
Il Codice Rosso (legge n. 69/2019) introduce una corsia preferenziale per le vittime di violenza domestica e di genere. Prevede tempi più rapidi per l’adozione di provvedimenti di protezione e rafforza le misure contro maltrattamenti, stalking e violenza sessuale. La legge n. 69/2019 ha introdotto modifiche a diversi articoli del codice penale e di procedura penale. Tra i cambiamenti più rilevanti figura l’art. 362, co. 1 ter, c.p.p.:
“La polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato [...], riferisce immediatamente al pubblico ministero, trasmettendo, entro il termine massimo di tre giorni, gli atti con la relativa informativa.”
Questa disposizione impone alle autorità di intervenire tempestivamente quando ricevono una denuncia per violenza domestica. Ad esempio, se una donna denuncia un’aggressione da parte del partner, la polizia non può limitarsi a raccogliere la testimonianza, ma deve informare subito la magistratura affinché venga valutata l’adozione di misure urgenti, come il divieto di avvicinamento o l’arresto dell’aggressore.
Inoltre, altre modifiche introdotte dal Codice Rosso hanno previsto:
- obbligo di partecipazione a percorsi di recupero: per chi è condannato per reati di violenza di genere, come condizione per la sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.);
- introduzione di nuovi reati: tra cui il revenge porn (art. 612 ter c.p.), che punisce la diffusione illecita di immagini intime senza il consenso della persona ritratta;
- inasprimento delle pene per maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale e deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso.
Le novità legislative sul femminicidio
Le ultime novità legislative sul femminicidio includono l’introduzione di un reato autonomo di femminicidio, nuove aggravanti per i reati di violenza domestica e di genere e un inasprimento delle pene, con maggiore applicazione del braccialetto elettronico per il monitoraggio dei soggetti pericolosi.
Il reato autonomo di femminicidio: cosa cambia?
Con questa novità, il femminicidio entra ufficialmente nel codice penale come una fattispecie distinta, riconoscendo la specificità della violenza contro le donne. Prima della riforma del 2024, il femminicidio veniva perseguito come omicidio aggravato art. 575 c.p. con l’aggravante dei motivi abietti o futili (art. 61, comma 1, n. 1 c.p.) o del legame coniugale (art. 577 c.p.). Tuttavia, questa impostazione lasciava un margine di discrezionalità nella qualificazione del reato e non sempre permetteva di cogliere la specificità della violenza di genere.
Il 7 marzo 2025, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge (ora in attesa dell’approvazione di Camera e Senato) di cui all’art. 1 recita:
“Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo”
Il testo introduce anche l’obbligo di informare la vittima in caso di concessione di misure alternative alla detenzione per l’aggressore.
Le aggravanti per i reati di violenza domestica e di genere
Oltre a introdurre il reato di femminicidio, il legislatore ha rafforzato le aggravanti per i reati di violenza domestica e di genere, aumentando le pene e limitando le possibilità di sconti di pena per gli aggressori. Tra le principali novità:
- aggravante per recidiva specifica: chi è già stato condannato per reati di violenza di genere e commette un nuovo reato subirà un aumento di pena fino a un terzo;
- aggravante per atti compiuti in presenza di minori: se la violenza avviene davanti ai figli, la pena viene aumentata fino a un terzo e il giudice deve valutare la sospensione della responsabilità genitoriale;
- inasprimento delle pene per il reato di maltrattamenti in famiglia art. 572 c.p.: la pena minima sale da 3 a 5 anni di reclusione, con un massimo di 12 anni nei casi più gravi;
- pene più severe per il reato di stalking art. 612-bis c.p.: la reclusione passa da 1 a 6 anni a 2 a 7 anni, con la possibilità di arresto immediato in flagranza;
- reato di violenza sessuale art. 609-bis c.p., la pena minima passa da 6 a 8 anni di reclusione;
- divieto di avvicinamento alla vittima, chi lo viola, rischia da 3 a 7 anni di reclusione, contro i precedenti 1-4 anni.
Inoltre, la riforma rende obbligatorio il braccialetto elettronico per chi ha un divieto di avvicinamento, per chi ha ricevuto più denunce per violenza domestica o è ad alto rischio di recidiva dopo la scarcerazione. Il giudice può ora disporlo d’ufficio, senza attendere la richiesta della vittima. In caso di violazione delle misure cautelari, scatta immediatamente la custodia cautelare in carcere.
Denuncia della violenza di genere: chi può farla e come procedere?
Un caso di violenza di genere o domestica, può essere denunciato da chiunque: dalla vittima, da un familiare, un amico, un vicino di casa, ma anche un professionista (medico, insegnante, assistente sociale).
La denuncia può essere presentata in qualsiasi momento e può essere sporta:
- presso una stazione di Polizia o Carabinieri, in forma orale o scritta. Gli agenti sono tenuti a raccogliere la testimonianza e a trasmetterla immediatamente al pubblico ministero;
- in Tribunale, depositando un esposto presso la Procura della Repubblica competente;
- tramite un avvocato, che può assistere la vittima nella redazione della denuncia e nella richiesta di misure cautelari;
- nei Pronto Soccorso e nei consultori, che possono attivare percorsi di tutela immediati e segnalare il caso alle autorità competenti.
Fare la denuncia consente l’attivazione del divieto di avvicinamento all’abitazione o ai luoghi frequentati dalla vittima. Nei casi di pericolo concreto, dispone l’allontanamento immediato dell’aggressore o, se il soggetto è ritenuto particolarmente pericoloso, la custodia cautelare in carcere.
Il ruolo dei testimoni e l’importanza della denuncia di terzi
Spesso, la paura di ritorsioni o la dipendenza economica dal partner violento impediscono alla vittima di denunciare. Per questo motivo, è di grande rilievo il ruolo dei testimoni, che possono denunciare possono denunciare quando:
- si assiste a un episodio di violenza: ad esempio, un vicino sente urla e rumori di colluttazione provenire dall’appartamento accanto o un collega vede una donna presentarsi al lavoro con lividi evidenti. Il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) è procedibile d’ufficio, quindi le forze dell’ordine devono intervenire anche senza una denuncia formale della vittima;
- si sospetta una situazione di pericolo: ad esempio, un insegnante nota che un bambino mostra segni di paura quando parla del padre o un medico rileva ferite sospette su una paziente che minimizza l’accaduto. Anche senza prove certe, una segnalazione può attivare controlli da parte delle autorità competenti;
- si riceve una confidenza dalla vittima: per esempio, un’amica racconta di subire minacce e aggressioni dal partner ma ha paura di denunciare. In questi casi, chi riceve la confidenza può agire, aiutando la vittima a rivolgersi ai centri antiviolenza o agli avvocati.
Denuncia anonima per violenza: è possibile?
Il codice di procedura penale non consente denunce anonime, poiché ogni segnalazione deve essere formalmente attribuibile a un soggetto. Tuttavia, chi teme ritorsioni può comunque agire in sicurezza rivolgendosi a servizi sociali, consultori o centri antiviolenza. Questi enti, nel rispetto della riservatezza, possono segnalare il caso alle autorità senza esporre direttamente chi ha denunciato. Chi è testimone di violenza può rivolgersi a una rete composta da centri antiviolenza, servizi sociali e numeri di emergenza. Il 1522, Numero Antiviolenza e Stalking, è attivo 24 ore su 24 per fornire consulenza e assistenza immediata.
leggi anche
La differenza tra denuncia, querela ed esposto

Misure di prevenzione e tutela delle vittime
Un altro passaggio fondamentale nell’evoluzione delle leggi sulla violenza di genere è stato l’adeguamento alla Convenzione di Istanbul, un trattato internazionale adottato dal Consiglio d’Europa nel 2011 per combattere la violenza sulle donne. L’Italia l’ha ratificata con la legge n. 77/2013, impegnandosi a rafforzare la protezione delle vittime e a introdurre misure più efficaci per prevenire e punire la violenza di genere.
“Le autorità devono adottare misure legislative per garantire che le vittime di violenza abbiano accesso a servizi di supporto specializzati e a meccanismi giudiziari rapidi ed efficaci.” (Convenzione di Istanbul, Art. 18)
Le case rifugio e il supporto psicologico alle vittime
La protezione delle vittime di violenza di genere non si esaurisce con l’intervento giudiziario: è fondamentale offrire un luogo sicuro in cui rifugiarsi e un supporto psicologico adeguato. A questo scopo, la normativa italiana ha rafforzato il ruolo delle case rifugio e dei centri antiviolenza, le principali misure in questo ambito includono:
- aumento dei finanziamenti per le case rifugio: il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità ha stanziato ulteriori risorse per il triennio 2023-2025, per aumentare il numero di strutture disponibili;
- percorsi di protezione personalizzati: grazie alla collaborazione con gli assistenti sociali, le vittime possono ricevere aiuti concreti per la ricollocazione lavorativa e abitativa;
- sostegno psicologico gratuito: l’accesso a supporto psicologico per le vittime è stato rafforzato attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e i consultori territoriali;
- permessi di soggiorno per le donne straniere vittime di violenza: l’art. 18-bis del Testo Unico Immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998) prevede un permesso di soggiorno speciale per chi si trova in situazioni di pericolo a causa di violenze subite in Italia.
leggi anche
Le 10 donne più ricche d’Italia nel 2025

© RIPRODUZIONE RISERVATA