Le partnership tante volte si riducono a un posizionamento reciproco dei rispettivi brand perdendo la loro prospettiva di cooperazione. Ecco perché c’è bisogno di parlare di co-innovazione.
Sarà capitato a tutti prima o poi di parlare di partnership con clienti e fornitori, oppure semplicemente con dei contatti ottenuti tramite social o partecipando a eventi.
Tutte le partnership nascono con le buonissime intenzioni di creare effettivamente qualcosa che possa dare vantaggio ad ambo le parti, spesso definendo ciò che commercialmente, ed economicamente, può aumentare i rispettivi profitti.
Succede, però, altrettanto spesso che, oltre allo scambio di loghi da pubblicare sui reciproci canali, i benefici della partnership rimangano legati a operazioni di puro posizionamento dei brand sul mercato.
Chiaro che anche questo ha i suoi vantaggi diretti e indiretti, ma come possiamo fare a ottenere qualcosa di veramente tangibile da questi accordi che, anche noi, abbiamo definito come parte integrante degli strumenti di Open Innovation assieme alle Joint Venture?
Parliamo di co-innovazione
Una partnership o una Joint Venture può essere instaurata tra aziende dello stesso livello, oppure tra aziende e altri attori come enti di ricerca, startup ecc., attori che si impegnano a collaborare per il perseguimento di uno specifico obiettivo, condividendo rischi, risorse ed eventuali profitti.
Se l’obiettivo è ottenere dei benefici tangibili da questo tipo di rapporto, quale migliore attività da mettere a terra se non quella di co-innovare?
Co-innovare significa collaborare operativamente in sinergia per ottenere qualcosa che prima non c’era: un prodotto, un servizio, un brand, una tecnologia o semplicemente un’idea.
Significa anche diffondere un mindset e una cultura più aperta nella propria organizzazione, facendo in modo che un’altra azienda, a volte addirittura un competitor, possa darci la possibilità di considerare degli aspetti del nostro business che non avevamo mai considerato prima.
Tutto ciò semplicemente perché a volte è necessario un punto di vista per generare nuove idee e modelli di business, analizzando magari altri aspetti della nostra customer base.
Come fare per co-innovare
Spesso sentiamo parlare di Innovation Lab come di un percorso interno all’organizzazione in grado di stimolare i propri dipendenti a ragionare su nuove idee di business.
La definizione è sicuramente corretta, ma cosa succederebbe se aprissimo lo stesso laboratorio di idee anche a realtà esterne?
La collaborazione tra team di diverse estrazioni può già generare risultati inaspettati, ma certamente l’inserimento di risorse di un’azienda esterna può determinare anche il valore aggiunto di avere punti di vista differenti sul mercato di appartenenza, sui diversi target di utenti e sulle differenti strategie di business.
Tutto il mix, opportunamente integrato in un percorso che possa fornire strumenti e competenze specifiche sulla facilitazione, è in grado di generare quel valore aggiunto che ci si aspetta da una partnership.
Si possono ottenere nuove integrazioni ai propri servizi e prodotti, nuovi modelli di business coerenti o paralleli al proprio, nuovi bisogni e aspettative degli utenti o semplicemente nuove idee.
Il caso studio Eni e ITA Airways
Un esempio - forse il primo tutto italiano di questo tipo di attività - è il recente percorso di co-innovazione affrontato da Eni e ITA Airways. L’evento è stato concentrato in 3 giorni full-time con 45 persone partecipanti, distribuite più o meno equamente tra le due aziende.
Queste persone sono state divise in 5 team, ognuna con un facilitatore messo a disposizione da Seedble e Gellify, due aziende con una vasta esperienza sui temi di Open Innovation e partner dell’evento.
L’evento era incentrato su tematiche ben definite, molto care alle due aziende promotrici, ovvero mobilità sostenibile e decarbonizzazione.
Proprio su questi temi i team, eterogenei anche nelle competenze messe a fattor comune, si sono “affrontati” nella risoluzione di una challenge che richiedeva l’ideazione di un prodotto/servizio in grado di proiettare le due aziende, e i loro clienti, in un futuro più sostenibile.
Grazie a metodologie di envisioning e Design Thinking è stato possibile concentrare il lavoro in così poche ore mantenendo alto l’engagement dei partecipanti, arrivando a un pitch chiaro e definito dell’idea di business proposta e delle sue implicazioni pratiche sul target di utente.
Tutto finito? No! Proprio adesso viene il bello, i due team vincitori della challenge potranno usufruire di un percorso interno di incubazione della loro idea di business, con l’obiettivo di portarla a un livello più definito e, si spera, sul mercato!
Proprio l’ottenimento di risorse, tempo e budget è sintomo della serietà e dell’organizzazione con le quali Eni e ITA Airways stanno portando avanti il concetto di co-innovazione.
Che cosa ci insegna questo caso studio?
Non sempre una partnership si sostanzia solo in branding e posizionamento, ma può diventare volano di innovazione per gli attori che coinvolge.
Per farlo serve una condivisione chiara delle aspettative e degli obiettivi tra i partner, oltre che la voglia di mettersi in gioco con risorse e budget in un percorso di co-innovazione che deve ottenere il meglio tra il mix di competenze ed esperienze dei team coinvolti.
Ogni volta che ingaggiamo un nuovo partner possiamo pensare al nuovo collegamento in un’ottica ecosistemica dove ognuno può contribuire alla visione e al business dell’altro. Ragionare su percorsi di co-innovazione tra tutti gli attori del nostro ecosistema può sbloccare veramente il modo di fare innovazione, restituendo un vero valore aggiunto a tutti.
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