L’indennità si riconosce per il deprezzamento che subisce il fondo e per gli eventuali danni in virtù del diritto di passaggio coattivo altrui. Analizziamo la questione.
Per il danno permanente derivante dalla costituzione o estinzione coattiva di una servitù, al proprietario o all’avente diritto spetta un’indennità in proporzione alla diminuzione rispettivamente della redditività e del valore dell’immobile da asservire o asservito, valutato ai sensi della legge sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità .
Non è dovuta alcuna indennità per le servitù che possono essere conservate o trasferite senza danno, o senza grave incomodo del fondo dominante o servente. In questo caso sono rimborsate le spese necessarie per l’esecuzione delle opere occorrenti per la conservazione o per la traslazione della servitù, salvo la facoltà di chi promuove la procedura di farle eseguire egli stesso. Le suddette opere e spese sono indicate nella perizia.
Altra questione da precisare è che, se il terreno asservito è coltivato direttamente dal proprietario o appartiene a un’azienda agricola condotta dal proprietario, oltre all’indennità è corrisposto un indennizzo per l’eventuale danno connesso alla perdita di frutti, al taglio di piante e loro reimpianto, e alla minor redditività temporanea del fondo. Se il terreno è coltivato da un affittuario o concessionario di bene di uso civico, questo indennizzo è corrisposto direttamente a costui.
Linee guida per il calcolo dell’indennità di servitù
È proprio l’art. 1053 del codice civile che riconosce al proprietario del fondo soggetto a una servitù coattiva di passaggio, anche quando il suo terreno non è intercluso (cioè completamente circondato dai fondi altrui), un’indennità «proporzionata al danno causato dal passaggio».
Inoltre, la norma stabilisce che, quando per realizzare il passaggio è necessario occupare «con opere stabili» una zona del fondo servente, oppure lasciarla incolta, il proprietario del fondo dominante deve, prima di intraprendere le opere, pagare il valore della zona interessata dall’esercizio della servitù (secondo quanto prevede l’art. 1038 del codice civile per l’imposizione delle servitù di acquedotto: il medesimo criterio è applicabile anche in questi casi).
Ma analizziamo la modalità di calcolo.
Il calcolo
Il valore, e il correlativo costo, di una servitù va quantificato caso per caso, in relazione alla tipologia dei fondi e alle caratteristiche del passaggio, che può riguardare persone, veicoli o opere fisse, come un acquedotto, i pali della luce o i binari del treno.
Per calcolare il costo di una servitù è opportuno munirsi di una perizia tecnica, redatta da un professionista qualificato, come un agronomo o da un geometra esperto di estimo, che indica l’equivalente economico del peso che il proprietario del fondo servente deve sopportare.
La cifra così determinata da un esperto potrà costituire la base per la richiesta di pagamento dell’indennità per servitù di passaggio, da formulare al proprietario del fondo dominante. In mancanza di accordo tra le parti, occorre instaurare una causa giudiziaria civile.
In questa operazione di calcolo dell’indennità da riconoscere al proprietario del fondo servente, il valore di stima dei terreni costituisce solo un elemento, e non l’unico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affermato che l’indennità non può essere parametrata solo al valore della superficie del terreno assoggettata a servitù di passaggio, ma deve tenere conto «di ogni altro pregiudizio causato dal transito».
Perciò il giudice che riconosce l’esistenza di una servitù di passaggio coattivo deve determinare l’indennità anche se «il disagio arrecato è minimo». Ciò comporta che la liquidazione dell’indennità va sempre correlata all’effettivo danno causato dal passaggio nel proprio fondo (nella vicenda decisa, il transito avveniva con mezzi meccanici che lasciavano visibili tracce sul terreno).
La Corte Suprema (con ordinanza n. 7972 del 11.03.2022.) ha affermato il seguente principio di diritto:
l‘indennità dovuta dal proprietario del fondo in cui favore è stata costituita la servitù di passaggio coattivo, pur non rappresentando il corrispettivo dell‘utilità conseguita dal fondo dominante, costituisce un indennizzo dovuto da ragguagliare al danno cagionato al fondo servente, sicché, per la sua determinazione, non può aversi riguardo esclusivamente al valore della superficie di terreno assoggettata alla servitù, dovendosi tenere altresì conto di ogni altro pregiudizio subìto dal fondo servente in relazione alla sua destinazione a causa del transito di persone e di veicoli.
Indennità per la costituzione della servitù di acquedotto
Quando si costituisce una servitù di acquedotto, il proprietario del fondo dominante deve corrispondere al proprietario del fondo servente una indennità.
In questo caso ci viene in aiuto l’art. 1038 del codice civile (Indennità per l’imposizione della servitù) che così sancisce:
Prima d’imprendere la costruzione dell’acquedotto, chi vuol condurre acqua per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la stima, dei terreni da occupare, senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti al fondo, oltre l’indennità per i danni, ivi compresi quelli derivanti dalla separazione in due o più parti o da altro deterioramento del fondo da intersecare.
Per i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito delle materie estratte e per il getto dello spurgo, non si deve pagare che la metà del valore del suolo, e sempre senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti; ma nei terreni medesimi il proprietario del fondo servente può fare piantagioni e rimuovere e trasportare le materie ammucchiate, purché tutto segua senza danno dell’acquedotto, del suo spurgo e della sua riparazione.
Si tratta, in sostanza, di una somma di denaro che ha la funzione di risarcire il proprietario del fondo gravato dalla servitù, del danno che subisce per il passaggio delle tubature, per la conseguente perdita di valore del fondo, e per la preclusione in futuro di un diverso utilizzo del fondo.
Ai fini del calcolo dell’importo dell’indennità, si tiene conto quindi dei seguenti fattori:
- il valore, secondo la stima, dei terreni da occupare;
- i danni, compresi quelli derivanti dalla separazione del fondo in due o più parti, e/o altri danni come l’abbattimento di alberi, la rimozione di colture, l’eliminazione di altre opere esistenti sulla porzione destinata all’acquedotto.
Quando la servitù coattiva è costituita in sede giudiziale e le parti non convengono sul valore dell’indennità, questa viene stabilita dal giudice.
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, sezione seconda, dell’11 marzo 2022 n. 7972 precisa quanto segue: «L’indennità dovuta dal proprietario del fondo in cui favore è stata costituita la servitù di passaggio coattivo, pur non rappresentando il corrispettivo dell’utilità conseguita dal fondo dominante, costituisce un indennizzo dovuto da ragguagliare al danno cagionato al fondo servente».
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