Come funziona la gestione dei rifiuti tessili in Italia? Facciamo il punto della situazione.
La pubblicazione dell’articolo di Money.it “Sai dove finiscono i vestiti usati che lasci nei cassoni gialli?” ha acceso un faro sulle realtà coinvolte nella gestione dei rifiuti tessili in Italia.
“C’è ancora molta confusione e disinformazione sul funzionamento dell’intera filiera di recupero tessile – ha commentato Fabio Marseo, vicepresidente di Corertex, consorzio che promuove una corretta informazione e aggrega le aziende etiche nei settori di riuso e riciclo - Per non parlare poi dei pregiudizi legati a meccanismi che in passato hanno potuto dare adito a fraintendimenti”.
Come viene gestita la raccolta e la vendita dei rifiuti tessili in Italia
Per colmare il gap informativo sul funzionamento della filiera tessile che svolge un ruolo centrale nella value chain della reverse logistics tessile, Marseo spiega i passaggi caratterizzanti la filiera:
STEP 1
I Comuni che sono i proprietari del rifiuto tessile danno mandato ad aziende municipalizzate di raccogliere tutti i tipi di rifiuti domestici tra cui anche i rifiuti tessili di cui i cittadini intendono disfarsi. Attenzione: non si parla in nessun caso di donazioni.
STEP 2
Le aziende municipalizzate, a seconda del caso, attraverso bandi pubblici conferiscono il servizio di raccolta ad aziende private (in parte minore) oppure a cooperative sociali onlus (nella stragrande maggioranza dei casi) che svolgono il servizio di raccolta impiegando quasi nella totalità dei casi personale disagiato (normativa 104, ex detenuti e tossicodipendenti), uomini e donne che difficilmente avrebbero trovato un nuovo impiego nel settore privato.
STEP 3
Le cooperative sociali, tramite mezzi autorizzati alla raccolta e al trasporto di rifiuti, si occupano di raccogliere il rifiuto e di trasportarlo fino ai primi impianti di cernita i quali devono a norma di legge avere un’autorizzazione unica ambientale rilasciata dalla Regione.
Qui vengono espletate le procedure di cernita e igienizzazione che l’azienda sanitaria locale autorizza e riconosce valide. Una volta scaricato il rifiuto tessile viene pesato e trascritto su un registro di carico e scarico rifiuti per garantire la tracciabilità dei flussi dei rifiuti. Le cooperative sociali, a fronte della vendita di questo rifiuto tessile, percepiscono dai primi impianti un prezzo che può variare da 0,18€ a 0,35€ al kg in base agli andamenti del mercato.
Il rifiuto tessile al momento è l’unico che non incide sulla tassa Tari in quanto genera un valore e non un costo che grava sulle casse pubbliche. Le cooperative sociali con il prezzo percepito poi svolgono le azioni benefiche che preferiscono.
STEP 4
I primi impianti, una volta scaricato e registrato il rifiuto in ingresso, lo avviano alla prima cernita, che consta nel separare la parte da poter avviare al riuso da quella da destinare al riciclo e infine allo smaltimento. Il rifiuto tessile una volta selezionato e igienizzato (dove necessario DM 05/02/98 PUNTO 8.9) perde la qualifica di rifiuto e viene trasformato in abbigliamento adatto al riuso, il quale rappresenta circa il 40% dell’intero rifiuto e genera una media di prezzo tra extra, prima e seconda qualità di circa 0.80 centesimi al chilo.
Mentre la parte da destinare al riciclo che si attesta su un totale di 55%, viene venduta per il 95% ad un prezzo politico di 0,01 al chilo. Infine la parte da destinare allo smaltimento in quanto non più riutilizzabile o riciclabile viene smaltita ad un costo che oggi si attesta su -0,35 € al kg. Ciò significa che l’abbigliamento che viene venduto a 3/4 € al kg rappresenta il 2% sull’intero rifiuto trattato.
La raccolta dei rifiuti tessili non è donazione
“Voglio precisare che non è esatto parlare di donazioni quando ci si disfa di un capo d’abbigliamento, bensì siamo di fronte al trattamento di un rifiuto – prosegue Marseo -. E se le persone che gettano gli abiti usati sporchi delle peggiori sostanze pensano di fare una donazione allora dovremmo riguardare un po’ la coscienza civile in generale.
Sul fronte dell’economicità della filiera, tramite il suo vicepresidente Corertex specifica che “il rifiuto non viene pagato a 0,40€ al chilo e rivenduto a 3/4 al chilo o al pezzo, ma solo dopo un’attività di cernita molto costosa in termini di sforzi di manodopera e costi riusciamo ad ottenere un valore medio di 0,80 centesimi sulla parte riutilizzabile, lo 0,01€ sul riciclo e meno 0,35€ sulla parte che dobbiamo smaltire”.
Perché chi fa business nel settore del ritiro e riciclo di plastica o carta è ben visto dall’opinione dei media, mentre chi fa business dal ritiro e riciclo di rifiuto tessile deve essere demonizzato, si chiede Marseo-
Entrambi svolgiamo il medesimo scopo sociale, in linea con le migliori pratiche di economia circolare.
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