Dall’anno zero dei podcast al loro rapporto con il giornalismo: quattro chiacchiere con Francesca Milano, Head di Chora Live.
Era il 2017 quando il New York Times lanciò uno dei primissimi podcast quotidiani di notizie al mondo, The Daily. Con un po’ di ritardo oggi tutte le più importanti testate giornalistiche italiane stanno puntando sempre di più sui podcast, che molto spesso vengono affidati ai loro giornalisti di punta.
Stando ad un sondaggio Ipsos nel 2022 gli ascoltatori di podcast in Italia sono stati ben 11,1 milioni. Oggi, tra l’altro, rispetto a qualche anno fa sono quasi triplicate anche le inchieste giornalistiche pensate come contenuti fruibili esclusivamente in veste di podcast e non più in quei long form cartacei. Di tutto questo abbiamo parlato con Francesca Milano, ex social media editor de Il Sole 24 Ore e adesso Head di Chora Live, la prima podcast company italiana.
La diffusione dei podcast, una “prateria” da conquistare
“Ricordiamoci che l’Italia arriva sempre un po’ in ritardo in relazione ad alcune tendenze legate al mondo del giornalismo, della comunicazione e non solo quindi possiamo dire che siamo ancora indietro rispetto a quello che succede in America e in Gran Bretagna”. Queste le parole di Francesca Milano che, commentando l’evoluzione del mondo dei podcast in Italia, fa riferimento ad una sorta di “anno zero” che può essere identificato nell’anno del Covid, “l’anno della scoperta per i molti confinati in casa a causa della pandemia di questo nuovo formato per informarsi e per intrattenersi. C’è da dire che in Italia avvenivano già da qualche anno degli esperimenti di podcast, non erano però così diffusi e il podcasting rimaneva fenomeno di nicchia”.
“Diventa un fenomeno di massa nel 2020, una massa che può ancora crescere molto: i dati Ipsos ci fanno capire che è un fenomeno in crescita, che gli italiani apprezzano questo nuovo modo di fare informazione ma in realtà c’è ancora molto da fare. Per esempio, noi con Chora Media ci siamo accorti che la maggior parte dei nostri ascoltatori si trova nelle grandi città come Milano, Torino, Roma, Napoli, Bologna ma c’è ancora una grandissima parte del territorio italiano che non conosce i podcast. Credo che dove i podcast non vengano ascoltati non sia perché quest’ultimi non piacciono ma perché, banalmente, non sono ancora conosciuti”.
“C’è ancora una prateria da andare a conquistare” – sottolinea la Head di Chora Live – “sono convinta che sia un formato che possa funzionare per vari motivi e tra questi c’è sicuramente la facilità. Per ascoltarli basta un cellulare, un paio di cuffiette, non consumano un particolare traffico dati come i video, sono facilmente reperibili attraverso app come Spotify, Apple Podcast, Amazon Music, Spreaker e sono on demand. Sicuramente sono uno strumento molto facile da utilizzare anche per generazioni che non sono così tecnologiche: quello che dobbiamo fare è portare i podcast a questi potenziali nuovi ascoltatori, farglieli scoprire e conoscere”.
Podcast, un ritorno all’ascolto
“Inizialmente abbiamo preso le trasmissioni radiofoniche che avevano come caratteristica quella di essere messe on air in determinate fasce orarie e le abbiamo fatte diventare di on demand mettendole a disposizione di chiunque le volesse ascoltare in qualsiasi momento”. Questo l’inizio del mondo dei podcast che però non possono essere assimilati alla radio visto che hanno “qualcosa di più simile alla narrazione, quasi più simile all’audiolibro considerando che anche i podcast giornalistici più riusciti cercano di portarti dentro una notizia, un avvenimento facendoti andare nel profondo”.
“Non ti danno solo la breaking news ma ti ci accompagnano dentro per fartela capire fino in fondo. Questo accompagnamento prima di tutto richiede tempo, visto che per approfondire c’è bisogno di dedicare del tempo ad una storia in modo da capirla veramente. Questo approfondimento poi risulta più facile se si accompagna l’ascoltatore con un tono narrativo”. La cosa certa è che “si è tornati a privilegiare l’ascolto, una cosa che esisteva già: non ci siamo inventati niente. Prima ancora della scrittura tutto quello che l’uomo sapeva si tramandava a voce quindi il racconto orale è una forma di comunicazione primordiale”.
“In tempi molto più recenti” - continua Francesca Milano – “il radiodramma fatto dalle radio era come i film e le serie televisive. Quello che abbiamo fatto è stato innanzitutto portarlo su piattaforme disponibili nei cellulari, portarlo dove la gente è e renderlo disponibile per la fruizione on demand. Questo significa andare incontro alle esigenze dell’ascoltatore ed è una cosa che nel mondo del giornalismo oggi è fondamentale: non è più il lettore o comunque il cittadino ad andare verso le notizie, banalmente ad andare verso l’edicola, ma sono le notizie che devono andare laddove il cittadino, l’ascoltatore è. Ormai siamo tutti con la testa immersa nei nostri smartphone quindi è lì che dobbiamo andare se vogliamo portare la nostra informazione”.
L’anno zero in Italia dei podcast: la pandemia
Se oggi i podcast sono così popolari in Italia, come dicevamo prima, lo si deve alla pandemia che “ci ha fatto scoprire un tempo dilatato a cui non eravamo abituati e per questo abbiamo cercato di riempirlo anche, semplicemente, per non impazzire. Il nostro primo mezzo d’informazione oggi, un po’ per abitudine e un po’ per quello che ci viene propinato attorno, è il mezzo visivo quindi televisione e social molto visuali come Instagram, TikTok o YouTube. Però nella fase in cui avevamo tanto tempo ad un certo punto il video diventava quasi alienante e abbiamo avuto bisogno di qualcosa che ci riempisse il tempo ma che non fosse così impegnativo come seguire un video”.
“Paradossalmente, una cosa che mi ha sempre colpito, è che ci siamo avvicinati al podcast, che è uno strumento perfetto soprattutto per chi si muove, quando eravamo super fermi, blindati in casa. Quindi questo è stato un po’ incredibile. Ci siamo portati dietro quest’abitudine di ascolto scoperta durante i mesi di pandemia quando la nostra vita quotidiana ha ripreso i suoi ritmi più classici e ognuno ha trovato all’interno della sua giornata dei momenti per ascoltarli. Momenti in cui magari non ci si può dedicare alla lettura di un giornale o di un sito internet perché si è in movimento oppure perché si hanno le mani impegnate e quindi non si possono sfogliare i giornali o scrollare la timeline di un social network. Ci sono tantissime attività quotidiane che ci impediscono di utilizzare gli occhi e le mani ma non le orecchie: quei momenti li abbiamo riempiti di contenuti”.
I podcast nel mondo del giornalismo
Quello descritto finora sembrerebbe un mondo idilliaco ma un rischio c’è: “Il podcast è uno strumento molto facile da usare, non solo da fruire ma anche da produrre. Realizzarlo non è complicato, non è molto costoso e non servono particolari attrezzature però la iperproduzione risente della mancanza di qualità. Un consiglio che do sempre è: non pensare solo a quanto è facile farlo, pensa a cosa metterci dentro. Non è importante soltanto il fatto che questa scatola sia facile da costruire ma devo avere qualcosa da metterci. Il podcast sta facendo emergere una caratteristica fondamentale nel mondo del giornalismo che è proprio la competenza perché non tutti possono parlare di tutto, bisogna approfondire, studiare e specializzarsi”.
Tra le mission portate avanti da Chora Media e da Francesca Milano per questo c’è “quella di portare il mondo dell’informazione in questo nuovo mezzo. Non è vero che le persone non hanno più bisogno d’informarsi: il bisogno di informarsi è sempre costante. Allo stesso tempo è vero che stanno cambiando i mezzi con cui ci informiamo: non si comprano più i giornali, la crisi dell’editoria tradizionale la conosciamo tutti ma questo non ci deve far pensare che il mondo del giornalismo è finito. Probabilmente sta finendo il mondo della carta ma non il mondo del giornalismo: la mission che mi prefiggo è quella di continuare a fare informazione di qualità pensando ai nuovi target, alle nuove generazioni che probabilmente non saranno mai intercettati dal mondo delle edicole ma che hanno comunque bisogno d’informarsi. Stiamo cercando di dare loro un nuovo strumento per continuare a farlo”.
“La breaking news” – conclude la Head di Chora Live – “entra nella vita delle persone e dei giovani attraverso i social però c’è bisogno di un approfondimento: non possiamo pensare di comprendere quello che succede nel mondo leggendo solo i titoli. In questo senso il podcast può compensare quello che sui social non si riesce a fare ovvero l’approfondimento. Nessuna competizione ma due mondi che lavorano insieme: uno ti permette di venire a contatto con la notizia e l’altro ti permette di approfondirla”.
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