Le casse previdenziali dei professionisti dicono no al concordato preventivo biennale. Ecco come dovranno essere versati i contributi previdenziali.
Le casse previdenziali dei professionisti sono concordi: l’accordo con il Fisco perfezionato con l’adesione al concordato preventivo biennale (articolo 19 del decreto legislativo 13 del 2024) non ha alcuna valenza per le casse previdenziali dei professionisti. I contributi devono essere pagati sui redditi realmente prodotti.
Chi ha aderito al concordato preventivo biennale rischia di dover sopportare doppi adempimenti, infatti, l’Associazione degli enti previdenziali privati (Adepp) ha ribadito, sebbene avesse lanciato i primi avvertimenti anche nei mesi precedenti, che il reddito concordato dai professionisti con il Fisco non ha alcuna rilevanza ai fini del calcolo degli importi dovuti agli enti previdenziali, o semplicemente casse professionali.
Vediamo nel dettaglio cosa vuol dire e come calcolare i contributi dovuti alle casse previdenziali.
Concordato preventivo biennale e base imponibile per i contributi
Ricordiamo per sommi capi come funziona il concordato preventivo biennale. Si tratta di un accordo tra Fisco e contribuente: il Fisco propone al contribuente un reddito imponibile calcolato utilizzando diversi parametri, tra cui l’imponibile degli esercizi precedenti, il punteggio Isa, il Pil, e l’andamento di mercato del settore (una sorta di ritorno agli studi di settore). Il contribuente può accettare la proposta oppure può scegliere la tassazione con il metodo ordinario. Per il solo 2024 l’accettazione dell’accordo doveva essere comunicata entro il 31 ottobre.
In base a quanto emerge, il reddito imponibile proposto dal Fisco è alla base anche del calcolo dei contributi previdenziali. Vi è certezza sull’applicazione di tale criterio per coloro che versano i contributi all’Inps, tra cui la Gestione Separata Inps, ma l’Adepp ha fatto delle precisazioni per quanto riguarda le casse previdenziali private.
Casse private: il concordato preventivo non si applica ai contributi previdenziali
A questo punto una premessa è d’obbligo: il concordato preventivo biennale nelle stime del Governo doveva riguardare oltre 4 milioni di partite Iva, inclusi coloro che hanno scelto il regime fiscale forfettario. I dati definitivi parlano, invece, di circa 400.000 adesioni, ancora qualche giorno e si avranno stime ufficiali. Si tratta di imprese, ma anche professionisti e lavoratori autonomi.
Non tutti i soggetti interessati versano i contributi all’Inps, in alcuni casi vi sono casse private, nasce quindi l’esigenza di capire se queste sono obbligate a calcolare le somme da versare in base all’accordo tra Fisco e contribuente.
L’Adepp ha precisato che la base imponibile determinata per il concordato preventivo biennale non si applica necessariamente o obbligatoriamente ai contributi previdenziali versati alle casse private. Ogni cassa potrà scegliere se aderire o meno.
Nel frattempo ulteriori precisazioni sono arrivate dagli organi dirigenti delle casse previdenza dei commercialisti, dei notai e degli avvocati le quali hanno puntualizzato che il concordato preventivo biennale non sarà esteso automaticamente alle casse private dei professionisti. Questo implica che coloro che sono iscritti a tali casse dovranno continuare a calcolare gli importi dovuti per i contributi previdenziali sul reddito effettivamente prodotto e non su quello presunto e oggetto di concordato preventivo biennale.
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Contributi previdenziali, perché non si applica il calcolo con il concordato preventivo biennale?
Precisa l’Adepp che obbligare le casse previdenziali private, ad esempio la Cassa Forense, la Cassa dei Commercialisti, Inarcassa, ad applicare l’accordo tra Fisco e contribuente violerebbe l’autonomia gestionale e contabile delle casse, tutelata, invece, dall’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 509/94. Questo è l’intoppo dal punto di vista formale.
Dal punto di vista sostanziale si afferma che se le casse dovessero calcolare i contributi previdenziali sulla base imponibile del concordato preventivo biennale e non sui redditi effettivi, vi potrebbe essere una compromissione dell’equilibrio economico-finanziario delle casse stesse con effetti nel lungo periodo. Insomma, vi potrebbero essere problemi a pagare le pensioni ed altri emolumenti.
In realtà, per come sembra stia andando, è difficile pensare a tali difficoltà perché di fatto, per la maggior parte delle partite Iva, la base imponibile determinata con il concordato è più elevata rispetto a quella derivante dalla somma di ricavi e compensi. Proprio per questo le adesioni sono basse e determinate più dal vantaggio derivante dall’assenza di controlli fiscali che da una reale convenienza al momento del versamento delle imposte.
Dal punto divista pratico ne consegue che i titolari di partita Iva che hanno aderito al concordato preventivo biennale, tranne quelli iscritti alla Gestione Separata Inps, o Inps, devono continuare a calcolare i contributi da versare alle casse di riferimento avendo come punto di riferimento le regole ordinarie dettate dalle casse stesse.
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