I contributi a fondo perequativo sono in stand-by da mesi: manca il decreto MEF e il provvedimento delle Entrate. Per imprese e partite IVA significa dire addio ai pagamenti entro il 2021.
Il decreto Sostegni bis aveva previsto un importante pacchetto di aiuti per grandi e piccole partite IVA, con dei contributi a fondo perduto erogati su tre vie. Manca all’appello il fondo perduto perequativo, o a conguaglio, il quale rispetto agli altri due finanziamenti si basa non sul fatturato ma sui dati dell’utile, che si trovano nel bilancio d’esercizio.
Proprio per questo motivo, chi voleva fare domanda per il suddetto contributo ha dovuto inviare la dichiarazione dei redditi entro il 30 settembre, due mesi prima della scadenza “naturale” del 30 novembre.
Mancano all’appello ancora il decreto attuativo del Ministero dell’Economia e il conseguente provvedimento dell’Agenzia delle Entrate con i moduli per fare domanda. Resta quindi il paradosso di una scadenza anticipata a cui non sono seguiti i provvedimenti istituzionali con la necessaria puntualità: questo significa che i pagamenti del fondo perduto non arriveranno entro il 2021, come era stato più volte dichiarato.
Che fine ha fatto il fondo perduto perequativo?
Tra i contributi a fondo perduto del decreto Sostegni bis ce n’è uno rimasto in stand-by da mesi: il finanziamento perequativo, o a conguaglio. Se da un lato la struttura del contributo rimane la stessa (nel senso che si può richiedere sia sotto forma di bonifico che come credito d’imposta), dall’altro lato l’obiettivo era quello di ampliare la platea di beneficiari.
Per raggiungere questo scopo si doveva superare il criterio del calo di fatturato, e puntare sui dati dell’utile, presenti quindi nel bilancio d’esercizio.
Riepiloghiamo i requisiti per avere accesso al fondo perduto a conguaglio (che non può superare i 150.000 euro):
- fatturato non superiore a 10 milioni di euro nel 2019;
- avere un peggioramento del risultato economico d’esercizio relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, rispetto al 2019, in misura pari o superiore alla percentuale che sarà definita con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Sono due gli elementi fondamentali che mancano all’appello:
- il decreto attuativo MEF, con cui vanno individuata l’entità della perdita che dà diritto al contributo;
- il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate con la modulistica per presentare domanda entro la scadenza individuata.
Senza il decreto del Ministero dell’Economia, però, l’Agenzia delle Entrate non può emanare il provvedimento con le istruzioni per presentare domanda.
Fondo perequativo in stand-by da mesi: addio ai pagamenti entro il 2021
Visto che il fondo perduto perequativo si basa sulle perdite del bilancio dell’esercizio, le partite IVA in possesso dei requisiti hanno dovuto rispettare anche un’altra scadenza, quella del 30 settembre (precedentemente fissata al 10) per inviare la propria dichiarazione dei redditi.
Per quanto prorogata a fine settembre, si tratta comunque di una scadenza anticipata di due mesi rispetto a quella naturale del 30 novembre per i modelli Redditi. Una tale fretta è stata giustificata con la velocità di erogazione dei pagamenti, cioè: prima vengono inviate le dichiarazioni e prima si potrà fare domanda (e prima verranno erogati i bonifici o i crediti d’imposta).
Anzi, la motivazione alla base della mini-proroga di 20 giorni stava proprio nel voler inviare i pagamenti entro il 2021, e quindi era necessario rispettare una rigorosa e puntuale tabella di marcia.
L’attesa, invece, si fa lunga, perché siamo a inizio novembre e ancora non è stato emanato il decreto MEF, bloccando di fatto l’iter normativo.
La conseguenza, quindi, è che le imprese dovranno aspettare almeno i primi mesi del 2022 per poter ricevere i pagamenti spettanti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA