Il contributo dovuto dall’azienda per i lavoratori posti in mobilità è soggetto al termine prescrizionale di 5 anni. Ma da quando decorrono gli effetti? Tutti i dettagli nella Circolare INPS n. 124 del 20 settembre 2019.
Trascorso il termine prescrizionale di 5 anni, l’INPS non può più pretendere il contributo dovuto dall’azienda per i lavoratori posti in mobilità e che ricevono la relativa indennità.
Tale contributo, infatti, come tra l’altro stabilito da alcuni recenti orientamenti giurisprudenziali, ha natura contributiva e pertanto soggetta al termine quinquennale.
È questo il chiarimento principalmente fornito dall’INPS con la Circolare n. 124 del 20 settembre 2019. Il documento di prassi fa anche luce sul dies a quo, ossia il termine dal quale decorrono gli effetti della prescrizione.
Contributo ex indennità di mobilità: aspetti normativi
L’ex indennità di mobilità, disciplinata dall’art. 5, co. 4 della L. n. 223/1991 e successivamente abrogata dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012) a decorrere dal 1° gennaio 2017, stabiliva che l’azienda era tenuta, per ciascun lavoratore posto in mobilità, a corrispondere nelle casse dell’INPS un importo corrispondente a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore.
Tale somma, che poteva essere versata in 30 rate mensili ovvero in unica soluzione, si riduceva della metà qualora la dichiarazione di eccedenza del personale abbia formato oggetto di accordo sindacale. Il termine di scadenza del versamento coincideva con l’ultimo giorno utile per la denuncia contributiva di competenza del mese in cui l’impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori posti in mobilità.
Contributo ex indennità di mobilità: l’orientamento giurisprudenziale
In merito alla corretta applicazione dell’obbligo contributivo, il documento di prassi ricorda che bisogna dar conto di quanto espresso alla Corte di Cassazione (sent. n. 30699 del 21 dicembre 2017, sent. n. 672 del 12 gennaio 2018 e sent. n. 28605 dell’8 novembre 2018) in tre recenti sentenze in materia di prescrizione del suddetto contributo.
Con le su menzionate pronunce, i giudici di legittimità hanno di fatto ritenuto che l’onere contributivo ha natura contributiva, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 3 della L. n. 335/1995.
Contributo ex indennità di mobilità: da quando decorre la prescrizione
Asserito che il contributo dell’ex indennità di mobilità si estingue dopo il termine prescrizionale di 5 anni, l’Istituto Previdenziale ritiene utile stabilire il termine a partire dal quale decorrono gli effetti. In via generale, il termine di prescrizione decorre dalla data di scadenza del versamento del contributo. Tuttavia, bisogna fare una distinzione tra il versamento effettuato:
- in unica soluzione;
- in 30 rate mensili.
Il versamento in un’unica soluzione deve essere eseguito entro la scadenza della denuncia contributiva di competenza del mese in cui l’impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori posti in mobilità.
Diversamente, nel caso in cui il datore di lavoro abbia comunicato all’INPS la volontà di avvalersi del pagamento rateale, ai fini della corretta determinazione della decorrenza del termine di prescrizione occorre ricordare che l’adempimento costituisce un’obbligazione unica, essendo la divisione in rate solo una modalità per agevolarne l’adempimento.
Le singole rate, quindi, non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, ma adempimento frazionato di un’unica obbligazione. Di conseguenza, essendo il beneficio del pagamento rateale solo una modalità prevista per agevolare l’adempimento del datore di lavoro, la prescrizione decorre dalla scadenza dell’ultima rata. Prima di tale scadenza, infatti, l’INPS non può legittimamente pretendere il pagamento né attivare il recupero coattivo del credito tramite l’agente della riscossione.
Infine, laddove il debitore abbia occultato l’esistenza del debito, la decorrenza del termine di prescrizione è sospesa finché il dolo non sia stato scoperto. Ciò potrebbe capitare nel caso in cui la dichiarazione rilasciata dal datore di lavoro all’INPS non sia veritiera riguardo all’esatto ammontare del contributo dovuto o circa l’avvenuto pagamento dell’acconto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA