Secondo i dati della Corte dei Conti il redditometro, nonostante sia un utile strumento contro l’evasione fiscale, viene usato molto meno nei controlli dell’Agenzia delle Entrate, eppure l’evasione non è per niente diminuita.
Controlli Agenzia delle Entrate, i contribuenti possono dire addio al redditometro? Lo strumento nelle mani dell’Agenzia delle Entrate, secondo la deliberazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato 2019, è stato utilizzato un numero davvero irrisorio di volte.
Non solo: secondo le percentuali riportate nel documento della Corte dei Conti, spesso è stato attivato per somme quasi trascurabili, di poco superiori ai 1.500 euro.
Ricordiamo che la ratio del redditometro è quella di intervenire nel momento in cui viene accertato uno scostamento superiore al 20% tra il reddito effettivamente dichiarato dal contribuente e quello presunto stabilito dall’Agenzia delle Entrate.
Controlli Agenzia delle Entrate: addio al redditometro?
La situazione fotografata dalla deliberazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato 2019 parla chiaro: il redditometro è stato mandato praticamente in pensione, nonostante la sua giovane età (sono stati ridisegnati i parametri normativi dal decreto Dignità del 2018).
Il redditometro, lo ricordiamo, è un meccanismo di accertamento sintetico con il quale l’Agenzia delle Entrate, sulla base delle informazioni a propria disposizione, analizza redditi dichiarati dal contribuente e spese sostenute.
I controlli da redditometro si basano sulla determinazione induttiva del reddito complessivo dei contribuenti persone fisiche, valutato in base alla composizione del nucleo familiare e della zona geografica di provenienza.
L’accertamento fiscale scatta nel momento in cui si registra uno scostamento superiore al 20% tra il reddito presunto stabilito dall’Agenzia delle Entrate e quello dichiarato dal contribuente, anche solo per un periodo d’imposta.
Secondo i dati della Corte dei Conti, però, il redditometro è stato utilizzato nel 2019 solo per 1.850 accertamenti sintentici: è il dato più basso dal 1991, anno in cui fu varato il redditometro:
“Sempre più marginale nel 2019 il ricorso all’accertamento sintetico (1.850 accertamenti, con un decremento del 33,5 per cento rispetto al già modesto risultato del 2018). Il numero delle indagini finanziarie, pur in contenuta crescita, resta comunque lontano da quello degli anni dal 2010 al 2014 e conferma la costante sottoutilizzazione di uno strumento di indagine particolarmente efficace quale è l’Anagrafe dei rapporti finanziari nella quale, come è noto, confluiscono tutte le informazioni sulle movimentazioni finanziarie realizzate.”
Forse l’Agenzia delle Entrate non ha bisogno di utilizzare il redditometro perché l’evasione fiscale è diminuita? Assolutamente no, anzi: il minor supporto del redditometro ha lasciato un buco nei conti pubblici, visto che le previsioni di gettito su basano sui dati degli anni scorsi, quando il redditometro veniva utilizzato con maggiore frequenza.
Controlli Agenzia delle Entrate, che fine ha fatto il redditometro?
I dati della Corte dei Conti restituisce un altro dato: il redditometro è stato utilizzato meno, e per il 21% dei casi anche in contrasto con la ratio stessa dello strumento.
La relazione annuale infatti conferma che nel 2019 sono stati ben 395 gli accertamenti effettuati che hanno implicato un’imposta maggiore compresa tra 0 e 1.549 euro: cifre molto basse, non coerenti con il principio dello scostamento di redditi superiore al 20%.
La Corte dei Conti quindi prova a richiamare l’attenzione sulle norme contenute nella Legge di Bilancio 2020:
“È auspicabile che alla luce delle nuove disposizioni contenute nell’art. 1, commi da 681 a 686, della legge n. 160 del 2019, si pervenga a una più ampia utilizzazione delle banche dati per il contrasto dell’evasione fiscale e, in particolare, dell’archivio dei rapporti finanziari al fine di far emergere posizioni da sottoporre a controllo e incentivare l’adempimento spontaneo.”
Il riferimento è al risparmiometro, un algoritmo che verifica se i risparmi accumulati in un anno sono coerenti con i redditi dichiarati allo Stato, e alla Superanagrafe, un database costituito dai dati sia dell’Agenzia delle Entrate che dalla Guardia di Finanza.
A che gioco sta giocando l’Agenzia delle Entrate, e come si inserisce la decisione di mettere in stand-by il redditometro nel piano anti-evasione a cui lavora il Governo Conte?
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