A Milano ci sono ancora contagiati in aumento. L’allerta resta alta in città e in tutta la regione Lombardia. Ma la colpa è davvero dei cittadini, ancora troppo in giro secondo Gallera?
Pasqua amara per Milano e per tutta la regione Lombardia. Qui, infatti, i dati su contagi e decessi da coronavirus restano preoccupanti. La curva dei positivi mostra oscillazioni non rassicuranti, a dimostrazione di come l’Italia sia ancora in piena emergenza.
Nei giorni delle festività pasquali, la situazione milanese è tornata ad aggravarsi per il diffondersi dei casi positivi accertati. L’assessore regionale al Welfare Gallera ha avanzato critiche verso i cittadini del capoluogo, secondo lui ancora troppo indisciplinati.
Il clima è visibilmente teso nella regione lombarda, tanto che le ultime dichiarazioni hanno scatenato la risposta polemica anche del sindaco di Milano Sala. Davvero la responsabilità della situazione è soltanto dei cittadini?
A Milano e in Lombardia ancora allerta coronavirus: cosa succede?
Già il bollettino di sabato 11 aprile non era stato buono per Milano: 520 positivi in più rispetto al giorno prima nella città metropolitana e un aumento di 262 casi di contagiati solo nella cittadina milanese in confronto a venerdì.
La città ha registrato + 296 positivi il 13 aprile, mentre a livello provinciale i contagiati sono saliti di 481 unità.
Nella città capoluogo, il tasso di mortalità in confronto con lo stesso periodo del 2019 è aumentato dell’87%.
I numeri confermati ieri, 13 aprile, hanno ribadito lo stesso trend negativo in tutta la Lombardia: 280 morti in 24 ore nella regione, più del doppio rispetto al giorno prima.
In più, occorre sempre tenere presente le parole di esperti e medici, come l’infettivologo Galli, il quale ha ricordato come “I casi veri nella città di Milano sono forse 5-6 volte quelli accertati, in Lombardia i casi veri sono dieci volte quelli accertati.”
L’appello dell’assessore alla Sanità lombarda era stato chiaro già prima di Pasqua: “Non c’è un calo netto e deciso nei contagi, quindi non rilassiamoci, restiamo a casa. Per quanto possibile limitiamo al minimo anche le uscite per andare a fare la spesa.”
Nella conferenza stampa di lunedì, Gallera, ammettendo la non soddisfazione per i dati regionali, è tornato sull’argomento, non risparmiando critiche ai milanesi:
“Ho sentito sui social che c’è rabbia, si dice che a Milano c’e troppa gente che si muove, avete perfettamente ragione ma i controlli, come ben sappiamo tutti, li fanno la polizia locale e le forze dell’ordine.”
La maggiore “colpa” dei dati lombardi e milanesi, quindi, ricade davvero sul comportamento dei cittadini? E le responsabilità della Lombardia al riguardo?
Lombardia in emergenza: quali responsabilità? Polemica con Sala
L’emergenza coronavirus ancora così marcata in Lombardia sta creando parecchio nervosismo. Le ultime esternazioni di Gallera su Milano, infatti, hanno scatenato la reazione indignata e critica del sindaco del capoluogo Giuseppe Sala. Queste le sue parole:
“Mi dissocio da questa retorica del milanese indisciplinato che si fa i fatti suoi. Se qualcuno pensa che ci sia troppa gente in giro, faccia una nuova ordinanza e tenga più persone a casa. Pensiamo ad altro, ovvero a prenderci cura dei cittadini. Che ci diano le mascherine, che ci diano i tamponi, molti più tamponi, che ci diano i test sierologici.”
Proprio su questo ultimo punto, il sindaco ha parlato duramente, ricordando che la Regione Lombardia ha promesso di mettere a disposizione 2.000 test al giorno dal 21 aprile. Ma non per la provincia di Milano.
Lo sfogo di Sala riaccende una polemica in realtà mai sopita nella regione lombarda. Nel mirino delle critiche ci sono diverse questione controverse, nelle quali la responsabilità della regione del Nord Italia entra pienamente, seppure rimpallata spesso con quella del Governo.
Tra queste: la gestione delle RSA e delle visite consentite ai familiari (una critica che il sindaco di Bergamo Gori ha appena lanciato contro la regione); la vicenda della zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro, per la quale Gallera stesso ha ammesso che l’intervento poteva essere regionale e poi la crisi sanitaria territoriale a livello generale.
I massimi vertici continuano a difendersi, come è emerso da alcune dichiarazioni di Attilio Fontana:
“Noi abbiamo seguito tutti i protocolli e abbiamo fatto le scelte in accordo con l’Iss, abbiamo dovuto ricorrere all’ospedalizzazione, perché da noi se la gente non veniva ospedalizzata non riusciva a sopravvivere. vVorrei capire quali sono le contestazioni sugli errori commessi”
Quel che è certo è che la situazione emergenziale lombarda e milanese non può ricadere tutta sul comportamento dei cittadini.
Lockdown rigido in Lombardia e a Milano
Il rischio di una nuova ondata è sentito in Lombardia con grande preoccupazione. Se in alcune città e parti di’Italia l’andamento è in costante discesa, infatti, qui le incertezze sui contagi sono ancora troppe.
Per questo, un’ordinanza regionale ha mantenuto il più severo blocco nell’intero territorio lombardo. Qui, dunque, gli allentamenti decisi dall’ultimo DPCM di Conte non saranno adottati. Librerie e cartolerie resteranno chiuse.
In più, le persone positive dovranno restare in quarantena per un periodo raddoppiato rispetto a quello attuale.
Il coronavirus fa ancora molta paura in Lombardia e a Milano.
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