Secondo uno studio pubblicato su Cell, una mutazione del coronavirus avrebbe aumentato la sua infettività e sarebbe quella più diffusa, tuttavia non fa contrarre forme più gravi dell’infezione.
Il coronavirus è diventato più contagioso ma meno aggressivo a causa di una mutazione che si è sviluppata in Europa e diffusa anche negli Stati Uniti divendendo il ceppo più esteso a livello globale. La conferma arriva da uno studio pubblicato sulla nota riviste scientifica Cell, condotto dai ricercatori della Duke university e del laboratorio nazionale di Los Alamos negli USA.
La mutazione riguarderebbe la proteina S, chiamata anche proteina Spike, responsabile della forma a corona del patogeno, che il virus utilizza per entrare nelle cellule e infettarle, questa mutazione tuttavia, identificata con il codice D614G, è diventata dominante, hanno osservato i ricercatori.
Il coronavirus è più infettivo: l’allarme dei ricercatori
I ricercatori dopo questa nuova scoperta hanno lanciato l’allarme, sostenendo che “la mutazione Spike D614G è di urgente preoccupazione”, aggiungendo che “i virus con questa mutazione sono risultati molto più infettivi di quelli che non la presentavano negli esperimenti condotti in provetta su cellule umane”, ha dichiarato alla CNN il virologo Hyeryun Choe.
I ricercatori hanno inoltre specificato che l’elevato numero di contagi negli Stati Uniti e nell’America del Sud sarebbe dovuto proprio a questa mutazione che ha iniziato a “diffondersi in Europa all’inizio di febbraio, e quando introdotto in nuove regioni diventa rapidamente la forma dominante. Inoltre, presentiamo prove di ricombinazione tra ceppi circolanti localmente, indicativi d’infezioni da ceppi multipli”. Il team di ricerca ha inoltre collaborato con un gruppo di ricerca dell’Università di Sheffield.
Thushan de Silva, docente in Malattie infettive presso l’Università di Sheffield, fa sapere che, durante la ricerca “abbiamo sequenziato i ceppi di Sars-CoV-2 a Sheffield sin dall’inizio della pandemia, e questo ci ha permesso di collaborare per dimostrare che questa mutazione era diventata dominante nei ceppi circolanti. Lo studio completo peer-reviewed pubblicato oggi conferma questo risultato. E anche che la nuova variante D614G è più infettiva in condizioni di laboratorio”.
La conferma degli studi precedenti
Questa pubblicazione va a confermare degli studi precedenti, come quello condotto dallo Scripps Research Institute in Florida, caricato sul sito Biorxiv, ma ancora in attesa di peer-review.
Questa mutazione era già stata scoperta ma i ricercatori americani hanno condotto ulteriori esperimenti, utilizzando i dati raccolti da 999 pazienti britannici ricoverati a causa della COVID-19. È stato quindi possibile osservare una maggiore quantità di particelle virali in chi era stato infettato da questa specifica mutazione. Inoltre, gli esperimenti condotti in laboratorio hanno mostrato che questa variante rende il virus dalle 3 alle 6 volte più capace d’infettare le cellule umane.
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