Il numero di nuovi positivi si riduce con andamento lento e incostante, i morti sembrano assestati sugli stessi numeri ormai da settimane: perché in Italia i contagi non calano?
Coronavirus: perché i contagi non calano? È più che mai lecito porsi - e porre - una domanda del genere in questo momento, caratterizzato sì da una riduzione dei nuovi positivi, ma debole e purtroppo incostante, mentre un numero di morti che viaggia su ritmi elevati e molto simili di giorno in giorno è quello che sembra preoccupare di più.
I dati diffusi ieri dalla Protezione Civile, ed etichettati ancora come stabili, riportano nuovi positivi che segnano quota 2.339 unità, in calo leggerissimo rispetto ai 2.477 del 2 aprile, e contro i 2.937 del 2 aprile e i 2.107 del primo aprile.
Per quanto riguarda invece i decessi, non è purtroppo possibile parlare neanche di un vero calo, visto che i 766 morti di ieri sono superiori ai 760 del 2 aprile e seguono un andamento che non accenna a un’inversione di trend.
Se da una parte rincuora il notevole abbassamento dei ricoveri in terapia intensiva e un sistema sanitario che può almeno parzialmente tirare il fiato, dall’altra in molti fanno grossa fatica a intravedere anche solo uno spiraglio di luce alla fine di questo lungo tunnel.
Forse si tratta di un andamento prevedibile, ma le dichiarazioni contrastanti in arrivo anche dai vertici - vedi la cosiddetta fase due datata al 16 maggio da Borrelli e la sua successiva smentita - non fanno che amplificare la confusione e la sfiducia del momento.
Coronavirus: perché i contagi non calano?
Le comunicazioni governative degli ultimi giorni invitano i cittadini a non modificare nessuna delle abitudini introdotte dalle restrizioni, vista una stabilizzazione che non garantisce ancora certezze o possibilità di “abbassare la guardia”.
La stessa Protezione Civile ha ammesso nelle ultime ore che non si può ancora parlare di un calo sensibile, e alterare lo scenario di lockdown sarebbe prematuro e altamente deleterio.
Lockdown che adesso segna una scadenza molto, troppo vicina, indicata al 13 aprile, e che ha portato in molti a manifestare dubbi e perplessità. Il prolungamento imposto dal nuovo DPCM è parso ai più un temporeggiamento, volto a cercare di inquadrare una situazione non chiara.
A testimonianza di ciò, comunicazioni dai vertici che troppo spesso risultano in pieno contrasto; a partire dalla ormai famosa circolare sulle passeggiate genitori-figli, che lo stesso premier Giuseppe Conte ha praticamente smentito in diretta nazionale.
Per concludere nelle ultime ore con il commissario Borrelli, che prima ipotizza una data della cosiddetta ’Fase 2’ al 16 maggio, poi torna sui suoi passi per precisare che oltre al 13 aprile ufficialmente segnalato non esiste nessun’altra certezza.
Quello che appare evidente, al momento, è che la situazione è ben lontana da una svolta anche parziale, come indirettamente confermato dalle ultime dichiarazioni del commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, che ha parlato di un semplice contenimento che non permette ancora di cantare vittoria:
“La nostra battaglia contro il coronavirus prosegue senza sosta, ma dobbiamo evitare di pensare che stiamo vincendo: gli indicatori ci dicono solo che stiamo cominciando a contenerne la portata. La sua dimensione, seppure non uniforme, è ancora rilevante. Bisogna astenersi dal pensare che sia già arrivato il momento di tornare a normalizzare comportamenti”.
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