Perché l’Italia è stata colpita per prima in Europa? Uno studio dell’Università di Trieste spiega i motivi per cui il virus è riuscito a diffondersi nel nostro Paese.
Perché l’Italia è stato il primo paese ad essere colpito dal coronavirus in Europa? Dall’inizio della pandemia sono state avanzate diverse teorie sia sulla nascita che sulla diffusione del virus che ha messo in ginocchio il mondo intero, e se a gennaio si sapeva ben poco del nuovo patogeno, adesso dopo diversi mesi abbiamo imparato a conoscerlo meglio.
A fare chiarezza sulla diffusione in Italia del virus ci pensa uno studio condotto dall’Università di Trieste, intitolato “Why Italy first?” (Perché l’Italia per prima?), pubblicato sulla rivista scientifica “Sustainability” riportato da AdnKronos.
Perché l’Italia è stata colpita per prima in Europa
Dopo la sua diffusione a Wuhan, l’epicentro in Cina, il coronavirus ha lentamente iniziato a diffondersi in tutto il mondo, senza salvare nessuna zona sul globo. Il suo secondo avamposto nel mondo, dopo quello cinese, è stato il nostro Paese, ed in modo particolare quella che è stata definita come “una trappola geografica e climatica”.
Il primo epicentro nel nostro Paese è stato, come ormai è noto a tutti, la valle del Po e soprattutto le zone di Codogno e Vo’ Euganeo, poiché secondo lo studio dell’Università di Trieste, queste zone erano caratterizzate da particolari fattori.
I ricercatori, dopo aver analizzato nel dettaglio la diffusione del virus a Wuhan, sono passati all’analisi delle zone maggiormente colpite dalla pandemia nel nostro paese, prendendo in considerazioni diversi aspetti, come la percentuale di cittadini pendolari, i tassi di inquinamento atmosferico, la densità abitativa della Lombardia e del Veneto, oltre che la rete capillare di autostrade che interessa l’area della pianura padana. In conclusione sembra che il coronavirus abbia preferito il nostro Paese per le “particolari condizioni ambientali, dovute all’inquinamento collegato all’azoto e alla capacità di assorbimento del terreno, tipico della pianura padana”
L’impatto dello studio su una possibile seconda ondata
I risultati ottenuti dallo studio potrebbero avere delle importantissime conseguenze su un’eventuale seconda ondata, ed in modo particolare sul modo in cui scongiurarla. I ricercatori hanno utilizzato un approccio ecologico, in cui sono state confrontate la distribuzione spaziale e il modello di mortalità del coronavirus in Italia in relazione a variabili geografiche ambientali e socio-economiche.
Maggiori dettagli dello studio saranno presentati il prossimo 25 settembre nel corso di Trieste Next, una manifestazione di divulgazione scientifica e tecnologica che quest’anno giunge alla sua nona edizione.
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