Cosa significa tasso di interesse neutrale e perché è così importante? Qualcuno lo ha definito il Santo Graal delle banche centrali.
Sono mesi, almeno da quando la BCE e la Fed hanno iniziato ad allentare le restrizioni monetarie lanciate negli anni precedenti per rimettere in riga l’inflazione, che i mercati si interrogano su quale sia il tasso di interesse neutrale messo nel mirino da entrambe le banche centrali.
Puntualmente, in occasione di ogni conferenza stampa che si rispetti, i presidenti delle due istituzioni Christine Lagarde e Jerome Powell vengono interrogati sul tema.
Ma cosa significa tasso di interesse neutrale e perché è così importante, non solo per le banche centrali, ma anche per i mercati?
Tasso di interesse neutrale: cos’è e cosa può dire ai mercati
La risposta, adattata al contesto attuale - in cui il valore del tasso di interesse neutrale, sia negli Stati Uniti che nell’area euro rimane un rebus - è la seguente: per i mercati conoscere il tasso di interesse neutrale sarebbe cruciale, in quanto quel livello permetterebbe agli investitori di capire innazittutto, fino a che punto la BCE e la Fed potrebbero decidere di tagliare i tassi, e quando i tassi smetterebbero di versare nel territorio restrittivo in cui si trovano oggi. Dunque, quando la crescita stessa dell’economia e dell’inflazione smetterebbero di essere imbrigliate dall’Eurotower e dalla Banca centrale USA.
Per tasso di interesse neutrale si intende infatti genericamente quello che né stimola né mette un freno all’economia.
Noto anche come tasso di interesse di equilibrio di lungo termine, o come tasso naturale di interesse, o R*, questo tasso è quello che corrisponde a una politica monetaria che non è né restrittiva né espansiva.
Si tratta dunque di un livello che corrisponde ai desiderata delle banche centrali, in quanto indicativo di una condizione tale in cui l’ascia di guerra della restrizione monetaria può essere sotterrata, con una inflazione che non è più una minaccia.
Allo stato attuale delle cose, questo tasso neutrale non è stato centrato né dalla BCE né dalla Federal Reserve.
BCE e Fed stanno tagliando, ma i tassi sono ancora in territorio restrittivo
Vale la pena di sottolineare che, pur con i tagli annunciati - quattro in tutto nell’area euro e due negli Stati Uniti dopo la carrellata di strette monetarie varate nel 2022 e nel 2023 - la BCE e la Federal Reserve hanno mantenuto i rispettivi tassi in un territorio restrittivo.
Si parla infatti di allentamento della restrizione monetaria in corso, ovvero di una politica monetaria che sta smorzando, e dunque non ha ancora azzerato, l’effetto restrittivo dei precedenti rialzi dei tassi.
Questo significa che sia in USA che in Eurozona i tassi viaggiano a livelli tali da continuare a deprimere sia l’economia che, di conseguenza, la crescita dell’inflazione, come stanno dimostrando, d’altronde i dati macro relativi alle due aree economiche.
Nel caso della BCE, è lo stesso comunicato relativo alla decisione che è stata annunciata ieri, giovedì 12 dicembre 2024 - quella di tagliare i tassi per la quarta volta, quest’anno - a precisare che, “pur allentandosi a seguito delle recenti riduzioni dei tassi di interesse decise dal Consiglio direttivo, che rendono i nuovi prestiti a imprese e famiglie gradualmente meno onerosi, le condizioni di finanziamento restano stringenti, in quanto la politica monetaria permane restrittiva e i passati rialzi dei tassi di interesse si stanno ancora trasmettendo alle consistenze dei crediti in essere” .
L’Eurotower ha praticamente confermato che la sua politica non sta ancora intervenendo a favore della crescita del PIL, tutt’altro, in quanto, come ha poi spiegato la presidente Christine Lagarde nella conferenza stampa seguita all’annuncio di ieri, l’inflazione dei servizi e l’inflazione interna rimangono elevate.
Mentre qualche analista inizia a riflettere su quelle che potrebbero essere le prossime mosse della BCE fino al 2027, la verità è che non è arrivato ancora il momento di abbassare la guardia e di eliminare la restrizione monetaria in essere, concepita per affossare le pressioni inflazionistiche.
BCE: la risposta di Lagarde all’interrogativo sul tasso neutrale
Non è un caso che Lagarde, sicuramente indispettendo le colombe, abbia ribadito ieri che è ancora presto per dichiarare “Mission Accomplished”, dunque per cantare vittoria.
Il tasso neutrale tanto atteso dai mercati è tuttavia più vicino, dopo l’ennesimo taglio di ieri, e a dirlo è stata la stessa BCE, visto che dal comunicato ufficiale di ieri è scomparsa una frase chiave: quella che recitava che “le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario” .
Su questo punto, rispondendo alle domande dei giornalisti, Lagarde ha bloccato però sul nascere gli entusiasmi iniziali, ribadendo che i tassi di interesse dell’area euro viaggiano ancora in territorio restrittivo, così precisando:
“Riguardo al tasso di interesse neutrale, vi invito caldamente a riguardare la pubblicazione diffusa un anno fa circa, in cui si fa riferimento agli strumenti e ai metodi che tutti quanti noi cerchiamo di applicare per determinare qualcosa che non può essere determinato con grande precisione, soprattutto in anticipo. Quei metodi sono basati sull’inflazione, sui finanziamenti, sui risparmi, sulle economie, su tutto ciò che sapientemente viene considerato dal nostro staff. Ma se negli ultimi giorni abbiamo parlato del tasso di interesse neutrale? No”.
E la delusione dei mercati è stata evidente.
leggi anche
Riunione BCE, quarto taglio tassi. Lagarde cancella la frase clou. BTP a rischio, si infiamma lo spread
Per l’Eurozona un range compreso tra l’1,75% e il 2,5%? Powell a caccia del tasso
La presidente della BCE non ha sbattuto però la porta in faccia a chi spera che la banca centrale europea abbandoni la strada della restrizione monetaria, smettendo di frenare la crescita dell’economia dell’area euro.
Lagarde ha ammesso infatti che “la questione del tasso neutrale sarà probabilmente discussa ulteriormente, mentre ci avvicineremo al livello che alla fine sarà tale”.
Tuttavia, nessuna indicazione specifica è stata resa nota riguardo al tasso che la BCE potrebbe considerare neutrale: dettaglio che i mercati non hanno accolto con favore, soprattutto se si mette in evidenza che Lagarde ha anche detto che, “probabilmente, quel tasso (neutrale) è un po’ più alto di quanto fosse in precedenza, per diverse ragioni, di cui discuteremo a tempo debito”.
Qualche numero, la numero uno dell’Eurotower lo ha però segnalato, ricordando che lo staff degli economisti, nella pubblicazione che ha menzionato, ha fatto riferimento a un range compreso tra l’1,75% e il 2,5%.
Sta di fatto che i mercati sono stati lasciati di nuovo soli a immaginare quale potrebbe essere il livello di questo tasso, che rimane un mistero, molto probabilmente per la stessa Lagarde, così come per Jerome Powell, il presidente della Fed.
Proprio Powell ha ammesso infatti la scorsa settimana, parlando in occasione di un evento organizzato dal New York Times, che il FOMC, il braccio di politica monetaria della Banca centrale americana, sta cercando ancora il tasso neutrale:
“L’economia USA versa in condizioni di salute molto buone, e non ci sono motivi per credere che non continuerà a essere così...i rischi al ribasso sembrano essere diminuiti nel mercato del lavoro, e la crescita è sicuramente più forte di quanto pensassimo, a fronte di una inflazione che si è confermata più elevata. Dunque, la buona notizia è che possiamo permetterci di essere un po’ più cauti, mentre intanto cerchiamo il livello neutrale (dei tassi)”.
Negli Stati Uniti la situazione è infatti simile, in termini di restrizione monetaria in atto: anche lì i tassi di interesse, pur essendo stati sforbiciati due volte, rimangono in territorio restrittivo sebbene, così come ha spiegato nelle ultime settimane il presidente della Fed di Richmond Thomas Barkin, i livelli siano ora “in qualche modo meno restrittivi”, il che significa che i tassi sui fed funds USA, pur continuando a mettere sotto pressione la crescita dell’economia e dell’inflazione, lo stanno facendo in modo meno aggressivo.
Negli States - dove la Fed, contrariamente alla BCE, non ha il solo obiettivo di assicurare la stabilità dei prezzi - per tasso neutrale si intende quel tasso che sarebbe presente in una economia caratterizzata da una piena occupazione e da una inflazione stabile. Così come nel caso della BCE e di altre banche centrali, il tasso considerato neutrale sarebbe anche in questo caso quello che né contrarrebbe né sosterrebbe l’economia.
Tasso neutrale di interesse: il Santo Graal per le banche centrali. Ma determinarlo è possibile?
Conoscere il tasso neutrale di interesse servirebbe sicuramente ai mercati non solo per capire quando le banche centrali smetterebbero di deprimere l’economia con la politica monetaria restrittiva, ma anche quando e se la politica monetaria potrebbe trasformarsi da neutrale espansiva, stimolando la crescita, come qualcuno in seno al Consiglio direttivo della BCE ha già auspicato.
Quest’ultima prospettiva potrebbe alimentare infatti ulteriormente la propensione al rischio da parte degli investitori, che inizierebbero a prezzare uno scenario di rafforzamento dei fondamentali economici (ferma restando la decorrelazione tra condizioni di salute dell’economia e le scommesse dei mercati che, da qualche tempo a questa parte, sembra essere una delle poche certezze).
Qualcuno ha fatto già notare intanto, sebbene l’idea del tasso neutrale di interesse sia estremamente accattivante, è difficile arrivare alla sua determinazione.
“È qui che vogliamo portare l’economia”, si legge nel paper firmato da Ladislao Vidal dal titolo “In Search of the Elusive Neutral Interest Rate”.
Vidal ha definito il tasso di interesse neutrale qualcosa che può essere considerato il Santo Graal delle banche centrali. E qualcosa che, tuttavia, così come il Santo Graal stesso, è molto difficile da trovare.
“Si tratta di qualcosa di elusivo, proprio in quanto è un parametro non osservabile”, ha fatto notare l’esperto: “Un tasso ipotetico che equivale a tutti i risparmi e agli investimenti di un’ecoinomia al netto del PIL al suo pieno potenziale senza considerare l’inflazione”.
Qualcosa, dunque, a dir poco di astratto. E su cui, nonostante questo, i mercati basano le loro scommesse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA