L’accordo tra Tim, Open Fiber e Cdp riporta all’attenzione pubblica la questione della rete unica nazionale. Cos’è e perché è così importante in un mondo 2.0?
Cos’è la rete unica? Il recente accordo tra Tim, Open Fiber e Cdp riporta in ballo la questione delle reti unificate. Le aziende, infatti, si sono date cinque mesi di tempo - fino al 31 ottobre 2022 - per giungere a un accordo vincolante sulla rete unica, con il Memorandum of Understanding.
Il tema della cosiddetta rete unica tiene banco ormai da anni in Italia, con ipotesi di intese tra Tim e Open Fiber già emerse a inizio 2018 e ora finalmente concretizzatesi.
A incrementare il dibattito, l’aumento della domanda di rete internet casalinga e, soprattutto, delle sue prestazioni dovuto alla pandemia di coronavirus e il lockdown. L’introduzione in Italia dello smart working ha evidenziato, infatti, le inefficienze della rete internet nostrana rispetto a quella di altri Paesi europei.
In più, al di là del discorso tecnico e funzionale, gli interessi economico-politici in gioco sono enormi e il timore di un pericoloso monopolio di settore ha caratterizzato la questione sin dai suoi esordi. Questa possibilità, tuttavia, sembra essere scoraggiata da Tim stessa. L’azienda, infatti, pare più che disponibile a scorporare e monetizzare l’azienda, piuttosto che ad assicurarsi un monopolio di gestione.
Cos’è la rete unica?
La questione della rete unica, quindi, si riapre in virtù dell’accordo tra Tim e Open Fiber. Le due reti sono le uniche che garantiscono l’accesso a internet su suolo italiano. Questo non garantisce un servizio prestante, né funzionale, su tutta la penisola.
Una rete unica nazionale, ovvero l’unificazione dei servizi di rete, risulterebbe vantaggiosa per raggiungere con la fibra qualsiasi zona del Belpaese, agevolare una connessione che offra le stesse prestazioni in ogni regione e comune, e diminuire così i gap territoriali.
La rete unica permetterebbe, quindi di eguagliare l’efficacia di connessione degli altri Paesi europei. Un traguardo vantaggioso sia in ambito di prestigio internazionale che di efficienza in ottica quotidiana: tra lavoro, commercio, scuola e comunicazione una linea internet adeguata è uno strumento cruciale per lo sviluppo economico del Paese. Soprattutto in un mondo altamente digitalizzato, dove le interazioni a distanza sono diventate sempre più importanti.
L’espressione «rete unica», quindi, dovrebbe suggerire agli utenti una connessione migliore, diffusa e capillare su tutto il territorio italiano.
Rete unica: le società in ballo
Se la rete unica nazionale è un progetto quanto mai auspicabile, soprattutto per permettere all’Italia di giocare alla pari con gli altri Paesi europei nell’ambito tecnologico, più complicata è la situazione riguardante gli interessi in gioco.
Da anni, ormai, le due compagnie principali, Tim e Open Fiber, si scontrano anche su vie legali per acquisire il monopolio della rete. L’ingresso in campo di Cassa depositi e prestiti, che detiene sia percentuali azionarie di Tim, sia di Open Fiber, non aveva semplificato la questione.
Tuttavia, la seduta straordinaria tra i consigli d’amministrazione delle aziende il 29 maggio 2022 ha dato il via libera all’accordo preliminare tra Tim, Cdp e Open Fiber, promettendo una vera e propria rivoluzione nell’ambito della creazione di una rete unica tra le compagnie.
L’ipotesi era già stata ventilata nel 2018 con le prospettive d’intesa tra Tim e Open Fiber, e aveva iniziato a concretizzarsi nel 2020 con l’accordo tra Tim e Cassa depositi e prestiti. Memorandum che, però, era poi rimasto lettera morta per i timori manifestati di un monopolio assoluto della rete da parte di Tim.
Questo futuro negativo - che potrebbe portare l’Agcom a non approvare le richieste propugnate dall’azienda - sembra però annullato dalla disponibilità di Tim a rinunciare al controllo della futura rete unica, in virtù di una scomposizione e monetizzazione. Difatti, l’ipotesi più ventilata dall’ex monopolista prevede la cessione della rete - comprensiva della parte internazionale con Sparkle - a Open Fiber, in cambio del trasferimento di una parte del debito o di un pagamento in contanti, per concentrarsi sull’attività di servizi e sul business mobile, incentrato sul Cloud e sulle frequenze 5G.
L’integrazione tra Tim e Open Fiber ha come scopo quello di creare un unico operatore «non verticalmente integrato, controllato da Cdpe e partecipato da Macquarie e Kkr». Una rete unica, quindi, ma condivisa e non monopolizzata, quella prospettata da Tim per ridurre il proprio debito e riconquistare l’investment grade. Resta da sperare che l’Agcom approvi la possibilità di frammentazione della Tim e che Kkr e Fastweb, i due partner di Tim in Fibercop, non si facciano scoraggiare dai timori di un monopolio assoluto.
Per le risposte non resta che attendere il 31 ottobre 2022, quando il Memorandum of Understanding dovrebbe trovare una concretizzazione finale.
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