L’allarme lanciato da un dossier elaborato da Confesercenti che mette in luce non solo gli aspetti positivi ma anche negativi dello smart working.
Lo smart working, il lavoro agile da casa ha salvato tantissime aziende durante i periodi più cupi della pandemia da covid-19. Un sistema in realtà che veniva già usato tantissimo anche prima in diverse nazioni al mondo ma che in Italia godeva ancora di qualche perplessità.
L’idea di non poter avere il controllo dell’operato dei propri dipendenti faceva storcere il naso alle aziende. Poi con la pandemia per necessità tantissime realtà hanno dovuto fare i conti con il distanziamento e con il lavoro dei propri dipendenti da casa accorgendosi di come la produttività non calasse, ma anzi tagliando quei momenti morti della giornata come quelli per recarsi al lavoro, le persone erano anche più produttive.
Ma accanto agli aspetti positivi per le aziende che hanno potuto anche risparmiare tantissimi costi sulla gestione, lo smart working ha purtroppo anche avuto dei risvolti negativi e diversi posti di lavoro sono ora messi a rischio. Questo è quanto appurato da un report di Confesercenti. Vediamo cosa dice.
Smart working, 93mila occupati in meno
Il report condotto da Confesercenti denominato “Cambia il lavoro, cambiano le città” e incentrato sugli effetti dello smart working in diversi ambiti, ha portato alla luce un dato preoccupante sull’occupazione.
Se non ci sono dubbi che il lavoro agile ha portato benefici per le aziende e i lavoratori in termini di risparmio dei costi, purtroppo avrà un impatto negativo sull’occupazione. Il report stima che a causa dello smart working strutturale 21mila attività sono a rischio chiusura con la perdita di circa 93mila occupati. Questi si faranno registrare in particolare nei pubblici esercizi e nella ricettività.
Ma accanto allo spettro di una perdita di occupati c’è anche chi gioisce per l’introduzione dello smart working. Stiamo parlando delle imprese che con la riduzione del personale in presenza stanno risparmiando tantissimi soldi in termini di affitto dei locali, di consumi di energia e gas, di trasporto, spostamento. Una stima parla di un risparmio per l’intero comparto di circa 12,5 miliardi di euro all’anno.
La maggior parte del risparmio si otterrebbe nelle grandi città dove c’è la più alta percentuale di persone che lavorano da remoto, circa il 45%, mentre nelle piccole città si attesta al 20%.
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Benefici anche per i lavoratori
Il lavorare da casa comporta un cambiamento delle abitudini anche per i lavoratori. Si stima che in media in Italia 4,9 milioni di lavoratori non si spostano più da casa per recarsi sul luogo di lavoro. E di questi 1 milioni utilizzano un mezzo di trasporto pubblico comportando così anche uno snellimento nella funzione del servizio.
Lavorando da remoto il risparmio per le famiglie italiane si fa sentire. Si consumano meno pasti fuori, meno soldi per i mezzi di trasporto e le attività ricettive ma al tempo stesso aumentano i consumi di prodotti alimentari e per le utenze.
A cambiare sono anche le abitudini di spesa: più costi in tecnologia per lavorare da casa e meno in igiene, cura della persona e abbigliamento. Abitudini che portano una flessione anche in termini di spesa: -9,8 miliardi di euro l’anno e sicuramente più soldi nelle tasche degli italiani.
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