Si era presentata come proprietaria di un marchio di gioielli, ma cercava di sottrarre informazioni all’Alleanza. Così una spia russa si è infiltrata nel quartier generale della Nato a Napoli
Dalla Russia al golfo di Napoli per potersi infiltrare nel quartier generale della Nato e della VI Flotta statunitense. Era questa la missione della giovane spia dei servizi segreti russi, che si faceva chiamare Maria Adela Kuhfeldt Rivera.
Donna avvenente, cosmopolita, capace di parlare 6 lingue e abile nell’intessere rapporti umani. È lei la protagonista della più clamorosa operazione di intelligence realizzata da Mosca nella nostra penisola, portata alla luce grazie a un’inchiesta condotta per dieci mesi da Repubblica con il sito investigativo Bellingcat, il settimanale Der Spiegel e The Insider.
Un’indagine certosina per ricostruire la missione segreta della giovane spia appartenente al Gru (Glavnoe razvedyvatel’noe upravlenie), l’intelligence di Mosca, artefice del tentato avvelenamento nel 2018 di Novichok Sergey Skripal e del produttore di armi bulgaro Emilian Gebrev.
Un’operazione durata oltre 10 anni, in cui Maria Adela ha scalato le alte vette della società italiana, presentandosi come fondatrice di un marchio francese per oi svanire nel nulla nel 2018. Ecco tutto ciò che si sa sulla spia: la sua copertura, la missione e la sua vera identità.
La spia russa: come si è infiltrata e qual era la sua copertura
La missione di Maria Adela, nome fittizio con il quale si faceva chiamare la spia russa, è cominciata oltre 10 anni fa, lentamente, per poter ambientarsi e costruire una copertura perfetta. Si presentava come una giovane cosmopolita nata in Perù da padre tedesco. I primi indizi della missione risalgono al 2005, quando le autorità peruviane respingono la richiesta di cittadinanza di Maria Adela Kuhfeldt Rivera, che presenta il certificato di nascita e l’attestato di battesimo della parrocchia di Cristo Liberador, chiesa che all’epoca non esisteva.
Le autorità peruviane hanno subito aperto un’indagine. Solo nel 2006 appare il suo passaporto, con indirizzo moscovita. Tra il 2009 e il 2011 si sposta tra Roma e Malta, presentandosi come studentessa di gemmologia a Parigi, dove abita fino al 2012, registrando anche il marchio di una società di gioielleria: la Serein.“La fase di ambientazione è chiusa” - scrive Repubblica. Nel 2013 si trasferisce in Italia dove abita prima tra Ostia e Valmontone, dopo aver registrato però la sua società la Serein Srl per confezionare gioielli - poi rivelatisi semplice bigiotteria - si trasferisce a Napoli, dove apre anche un atelier di gioielli.
Per giustificare la cittadinanza russa, Maria Adela aveva fornito una storia “romanzesca”. Nata in Sud America, figlia di un tedesco e una peruviana, sarebbe stata portata a Mosca dalla madre single per partecipare alle Olimpiadi del 1980. Rientrata per un’urgenza in patria, l’avrebbe affidata a una famiglia di conoscenti sovietici, che l’avrebbe cresciuta nell’Urss, subendo addirittura violenza sessuale da parte del patrigno. Copertura che poteva risultare confusionaria ma che ha saputo ingannare molte persone.
Spia russa a Napoli: qual era la sua missione
Non è un caso che Maria Adela abbia scelto Napoli. Oltre alla centralità delle istituzioni Nato, la città partenopea presenta sul territorio alcune delle aziende aerospaziali, i cui segreti “sono sempre rimasti al centro degli appetiti dello spionaggio industriale e militare”, come spiega il Mattino. Qui nel 2016 inaugura una “concept gallery” all’interno del prestigioso Palazzo Calabritto. Il suo obiettivo però è un altro: riesce ad entrare nel Lions Club “Napoli Monte Nuovo”, un club fondato dagli ufficiali della base Nato di Lago Patria. I soci sono tutti militari dell’Alleanza o della VI flotta statunitense.
Nel 2015 ottiene addirittura la nomina di segretaria del club, luogo perfetto dove intrecciare rapporti anche sentimentali con gli ufficiali, per riuscire a captare informazioni sulle operazioni e missioni Nato.
Maria Adele sparisce però il 15 settembre 2018, immediatamente dopo le rivelazioni sugli agenti della Gru che hanno tentato di avvelenare Skripal. Non risponde ad alcun amico o fidanzato. L’ultimo atto lo suggella ricomparendo sui social, dove dichiara di aver subito un ciclo di chemio, sfoggiando un taglio corto e ringraziando tutti per l’affetto. Cala il sipario.
Spia russa a Napoli: qual è la vera identità di Maria Adela
La spia russa si è rivelata abilissima nel celare le sue tracce. L’unica traccia che la collega ai servizi segreti è il passaporto russo, appartenente alla stessa serie speciale utilizzata dall’intelligence russa del Gru. Solo dopo una lunga analisi è stato possibile risalire alla sua vera identità. Maria Adela altri non è che Olga Kolobova, classe 1982, figlia di un colonnello russo ricoperto di medaglie al valore per aver prestato servizio in Angola, Iraq e Siria. Colonnello e anche preside di una facoltà militare nell’università di Ekaterinburg.
Come sottolineato anche dall’inchiesta apparsa su Repubblica, frequentemente gli agenti del Gru sono reclutati proprio tra i figli degli ufficiali più fedeli a Mosca. Di Olga non si hanno tracce per oltre 13 anni in Russia, salvo poi riapparire alla fine del 2018 a Mosca. La conferma sull’identità della giovane spia è arrivata però con l’immagine profilo WhatsApp: la stessa pubblicata da Maria Adela nell’ultimo messaggio su Facebook, dichiarando di aver concluso il ciclo di chemio.
Se sull’identità non ci sono più dubbi, rimane invece un alone di mistero su quali informazioni Olga Kolobova sia riuscita a ottenere che nemmeno l’inchiesta può dissipare. Non resta che domandarsi in quanti possano essere caduti nella cosiddetta “trappola del miele”, tecnica di spionaggio che prevede l’instaurazione di relazioni sentimentali o rapporti sessuali con persone sposate, perché - come ricorda anche Il Mattino - “il ricatto è sempre la migliore arma”.
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