Come funzionano i vitalizi parlamentari in Italia oggi, di cosa stiamo parlando, qual è la differenza con le pensioni, come si calcolano e quando spettano agli eredi.
Cosa sono i vitalizi? Anche chi non mastica particolarmente di politica si sarà posto questa domanda visto che l’argomento, specie da quando sullo scenario nazionale ha fatto il suo ingresso il Movimento 5 Stelle, è diventato di grande attualità.
Il vitalizio è una forma di rendita - spesso mensile - che viene corrisposta per tutta la durata della vita di una persona. In Italia questo termine però è associato in maniera indelebile alla politica.
Il vitalizio in politica infatti è un trattamento economico percepito da ex parlamentari o consiglieri regionali al termine del loro mandato, che non deve essere confuso però con la pensione.
Il Movimento 5 Stelle quando è stato al governo ha portato avanti una battaglia per abolirli, ma come spesso accade usciti dalla porta ora potrebbero rientrare dalla finestra.
Visto che si tratta di uno dei temi centrali della politica italiana, cerchiamo di spiegare cosa sono esattamente i vitalizi parlamentari, come si calcolano, la differenza con la pensione e a quali eredi si trasmettono.
Cosa sono i vitalizi
I vitalizi dei parlamentari in Italia sono disciplinati dall’art. 69 della Costituzione dove si legge che “i membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla Legge”.
Prima della riforma, i vitalizi venivano erogati a partire da una determinata età o al termine del mandato e continuavano per tutta la vita del beneficiario.
Come noto queste erogazioni sono state oggetto di molte polemiche in Italia per il loro elevato costo a carico dello Stato e per la loro percezione di privilegio rispetto al resto dei cittadini, essendo considerate eccessivamente generose rispetto ai contributi realmente versati.
Come funzionano i vitalizi parlamentari in Italia oggi
I vitalizi sono stati introdotti nel 1954 come una somma mensile da erogare al termine del mandato per ricompensare chi aveva prestato il proprio servizio allo Stato e supportare economicamente chi era stato costretto ad abbandonare il lavoro perché incompatibile con l’attività in Parlamento.
Inizialmente il vitalizio era previsto dopo i 60 anni e per riceverlo bastava anche un solo giorno alla Camera o in Senato, il metodo di calcolo era quello retributivo (quindi in base allo stipendio percepito).
I primi tagli sono arrivati intorno al 1997 con una grande riduzione dell’importo (circa l’85%) e l’età minima è salita a 65 anni.
Poi nel 2007 l’importo del vitalizio è diventato variabile in base all’anzianità di servizio e agli anni di mandato.
Dal 2012 il sistema dei vitalizi è stato abolito per i nuovi parlamentari, venendo sostituito con un sistema contributivo simile a quello delle pensioni ordinarie.
Nel 2018 a seguito di una delibera dei 5 Stelle sono stati introdotti tagli retroattivi ai vitalizi già esistenti, riducendoli in molti casi e generando una battaglia legale e parlamentare.
La differenza tra pensione e vitalizio
Il vitalizio parlamentare e la pensione sono entrambi strumenti di sostegno economico, ma hanno caratteristiche, requisiti e scopi diversi.
Mentre il vitalizio parlamentare nasce come beneficio legato a una carica istituzionale e oggi è stato sostituito da regole più vicine al sistema contributivo, la pensione è il risultato diretto di anni di lavoro e contributi versati. La riforma già citata del 2012 ha allineato i trattamenti degli ex parlamentari al sistema pensionistico generale, riducendo le differenze tra i due.
Come si calcolano i vitalizi dei parlamentari?
Il ricalcolo utilizzando il metodo contributivo ha significato una “sforbiciata” imponente pari a circa del 60% degli importi percepiti fino a quel momento. Una mossa politica che ha riguardato oltre 2.600 tra deputati e senatori.
Dal 1° gennaio 2012, quindi, è stato introdotto il nuovo trattamento previdenziale dei parlamentari, che si basa sul sistema di calcolo contributivo e il diritto al trattamento pensionistico si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo: l’ex parlamentare ha infatti diritto a ricevere la pensione a condizione di avere svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni e di aver compiuto 65 anni di età. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni.
Coerentemente con quanto previsto per la generalità dei lavoratori, anche ai Senatori in carica alla data del 1° gennaio 2012 è applicato un sistema pro rata: la loro pensione risulta dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato, al 31 dicembre 2011, e della quota di pensione riferita agli anni di mandato parlamentare esercitato dal 2012 in poi. La pensione pro rata non può superare in nessun caso l’importo massimo previsto dal previgente Regolamento per gli assegni vitalizi.
Nel 2018 il Movimento 5 Stelle ha spinto per il ricalcolo con sistema contributivo per tutti i vitalizi maturati fino al 31 dicembre 2011, eliminando il sistema retributivo.
Questa mossa ha portato a un taglio consistente dei vitalizi erogati. Vennero poi stabiliti dei “tetti”:
- 980 euro per chi ha un solo mandato;
- 1.470 euro per i vitalizi con taglio di oltre il 50% con le nuove regole.
Il taglio non è piaciuto a molti parlamentari, basti pensare che i ricorsi giudiziari contro la delibera sono più di 2mila.
Vitalizi parlamentari agli eredi: ecco chi li prende e fino a quando
Il vitalizio parlamentare vale “vita natural durante” e ciò significa che non si esaurisce con la morte del parlamentare ma viene erogato anche ai suoi eredi. Ma chi sono gli eredi che ne beneficiano?
Prima di tutto i coniugi, ma oltre ad essi anche i figli e le figlie dei parlamentari continuano a percepire il vitalizio dei genitori e, se non bastasse, il pagamento viene erogato anche a fratelli e sorelle.
Insomma, il vitalizio parlamentare può avere una durata talmente lunga da passare almeno un paio di generazioni, con un dispendio non da poco per lo Stato.
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