Cosa è successo davvero a Credit Suisse, a che punto è la crisi che la riguarda e cosa possiamo aspettarci in futuro?
Il salvataggio di Credit Suisse farà sicuramente scuola, sia nel bene che nel male.
Credit Suisse non è, o meglio, non era una banca di poca importanza. Tutt’altro. Era una delle 30 banche sistemiche a livello globale secondo la lista redatta annualmente dal Financial Stability Board, una delle banche “too big to fail”, troppo grandi per fallire. Perché il fallimento di una sola di queste potrebbe causare il crollo del sistema finanziario, come successe nel 2008 per intenderci. Credit Suisse gestiva infatti fino a poco tempo fa un attivo di oltre 1.300 miliardi di franchi svizzeri, una cifra impressionante.
Per questo le autorità svizzere hanno fatto tutto in loro potere e forse anche oltre per evitare che fallisse e per far acquistare la banca dall’unica banca svizzera ancora più grande, UBS.
A che punto è la crisi di Credit Suisse?
Da tempo Credit Suisse navigava in cattive acque, ci sono state anche inchieste e libri sui suoi intrecci col mondo del malfare, aspetti che sicuramente non hanno fatto bene al nome della banca. Ma soprattutto sono andati malissimo certi suoi investimenti o partecipazioni, basti pensare ai 5 miliardi di franchi persi a causa della sua esposizione verso il fondo Usa Archegos, fallito lo scorso anno.
Possiamo dire che le gocce che ha fatto traboccare il vaso sono state due:
l’instabilità del settore bancario di queste settimane, determinata dal fallimento di Silicon Valley Bank negli Stati Uniti, e prima ancora, il fatto che Credit Suisse abbia pubblicato con parecchio ritardo i suoi risultati finanziari – pessimi – a causa del fatto che la SEC, l’ente regolatore della borsa negli Stati Uniti, aveva fatto alcune contestazioni sui bilanci consolidati dei due anni precedenti.
Ma agli ultimi giorni, Credit Suisse viene acquistata da UBS. Tutto bene quindi? Non proprio perché l’accordo sottostante riserva parecchie peculiarità.
Cosa c’è dietro l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS
La prima è che il governo svizzero ha imposto agli azionisti di Credit Suisse la vendita ad UBS senza passare dal loro voto, di fatto stravolgendo totalmente la normativa sulla proprietà che ovviamente prevede che a determinare la direzione strategica di una banca siano i suoi proprietari, cioè gli azionisti.
UBS ha pagato ogni azione di Credit Suisse 0,76 centesimi di franchi, quando appena il weekend precedente ne valevano 1,85.
Ma c’è di più, perché la stessa UBS in un report agli investitori suggeriva un prezzo target per Credit Suisse a 12 mesi di 3,10 franchi. Non c’è dubbio quindi che più di qualcuno degli azionisti potrebbe non essere affatto felice dell’esito della vicenda.
La seconda è che il governo svizzero si è impegnato a garantire fino a 10 miliardi per le potenziali perdite che UBS potrebbe dover sopportare per l’acquisizione di Credit Suisse e la banca centrale svizzera ha garantito circa 100 miliardi di finanziamento a UBS a tassi vantaggiosi che si vanno ad aggiungere ai 100 già garantiti per Credit Suisse. Quindi il solito acquisto privato, garantito dallo Stato.
E ancora, nell’accordo UBS ha fatto mettere una clausola tale per cui se i credit deflault swap sulla banca, cioè una sorta di strumento finanziario simile ad un’assicurazione, fossero aumentati di 100 punti, segnalando a tutto il mercato che UBS poteva avere delle difficoltà. In questo caso l’accordo sarebbe saltato.
Infine, l’altro aspetto abbastanza assurdo è che sono state azzerate quasi 17 miliardi di franchi di obbligazioni subordinate AT1. Cioè gli azionisti di Credit Suisse ci hanno sicuramente perso molto, ma non tutto. Invece gli investitori in queste obbligazioni subordinate sono rimasti senza nulla, zero. Il che è stato molto criticato da tantissimi esperti della materia perché in questo modo è come se un’obbligazione diventasse di fatto più rischiosa di una azione.
In un certo senso il governo svizzero sarà pure riuscito a evitare una crisi catastrofica, facendo magari un bel regalo a UBS viste le numerose agevolazioni. Ma ora si troverà inondato di cause legali sia dagli azionisti, a cui è stato impedito di votare per il destino della loro banca, sia per dagli obbligazionisti subordinati, che sono stati trattati peggio degli azionisti.
Una crisi bancaria gestita in questo modo farà discutere per parecchio tempo.
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