Ecco cosa c’è dietro il flop della più grande rete di coworking: l’unicorno valutato 47 miliardi di dollari ora vale meno di 50 milioni di dollari e chiede la protezione del Chapter 11.
La crisi WeWork rappresenta un esempio straordinario di come un’azienda possa passare da una valutazione esorbitante a un crollo finanziario senza precedenti. La rete di coworking, ampiamente acclamata come una rivoluzione nel modo di concepire gli spazi lavorativi, si è trasformata in un simbolo di errore strategico e gestionale.
L’unicorno, un tempo valutato 47 miliardi di dollari, ora si trova sull’orlo del baratro finanziario con un valore ridotto a meno di 50 milioni.
In questo articolo sveliamo i retroscena che hanno portato alla rapida ascesa di WeWork e alla sua successiva drammatica caduta, analizzando le scelte e le decisioni che hanno portato al collasso.
WeWork, storia di un fallimento
La storia di WeWork è un esempio eclatante di come un’idea brillante e ambiziosa possa rapidamente trasformarsi in un clamoroso fallimento. L’ideatore di questa impresa, Adam Neumann, con la sua carismatica figura, sembrava destinato a portare l’azienda al successo.
Nel 2010, in un’epoca in cui l’economia globale lottava per riprendersi dalla crisi finanziaria, Neumann ha avuto l’idea di sfruttare gli spazi commerciali vuoti a New York, trasformandoli in luoghi di lavoro condivisi. Il concetto sembrava rivoluzionario, un’utopia in cui professionisti e imprenditori avrebbero collaborato, trovato ispirazione reciproca e lavorato in un ambiente di comunità.
Tutto sembrava perfetto e gli investimenti affluivano. SoftBank ha versato 4,4 miliardi di dollari nel 2017 e la società veniva valutata a 47 miliardi di dollari, superando persino aziende come Airbnb e SpaceX.
Tuttavia, quando WeWork ha annunciato l’intenzione di quotarsi in borsa nell’agosto 2019, è emerso il lato oscuro dell’azienda: i bilanci hanno rivelato gravi disfunzioni, errori operativi e finanziari, nonché investimenti discutibili e persino l’uso personale del marchio “We” con una tassa che ha portato 5,9 milioni di dollari nelle tasche di Neumann.
L’IPO ha rivelato la fragilità di WeWork, che non era altro che un intermediario tra affittuari e subaffittuari, priva di una solida base finanziaria. L’IPO è stata rinviata, i fondatori sono stati costretti a dimettersi con ingenti compensazioni e la valutazione dell’azienda è crollata. SoftBank ha continuato a iniettare fondi, cercando di impedire il collasso dell’azienda. Nonostante le misure drastiche prese dai nuovi amministratori (Sébastien Gunningham e Artie Minson), WeWork è rimasta al limite del fallimento.
L’IPO è stata l’unica via d’uscita, ma al suo arrivo nell’ottobre 2021, l’azienda è stata valutata solo 8 miliardi di dollari. Nonostante il colossale sostegno di SoftBank e i fondi raccolti (1,3 miliardi di dollari), WeWork non è mai riuscita a diventare redditizia, bruciando liquidità e continuando a perdere denaro. La concorrenza di operatori come IWG nel Regno Unito ha reso la situazione ancora più difficile.
Un modello di business fallimentare
WeWork ha introdotto un modello di business innovativo, trasformando la percezione degli spazi di lavoro e offrendo ambienti accoglienti e flessibili per professionisti e imprese emergenti. La creazione di una comunità, attraverso eventi di networking e collaborazioni tra membri, ha alimentato l’attrattiva di WeWork. I suoi uffici ben progettati e dal design moderno hanno attirato numerosi professionisti e startup. L’offerta di contratti flessibili è stata un altro punto di forza, permettendo alle aziende di adattarsi alle mutevoli esigenze.
Tuttavia, l’azienda ha dimostrato di avere molti punti deboli. La sua gestione finanziaria ha destato preoccupazioni, accumulando debiti ingenti per finanziare una rapida espansione globale. La valutazione eccessiva ha sollevato dubbi sull’effettiva sostenibilità dei ricavi e dei profitti dell’azienda. La struttura di governance, in particolare il predominio di Adam Neumann, è stata oggetto di critiche da parte degli azionisti. Inoltre, il modello di business basato sull’affitto a lungo termine di spazi d’ufficio, con successiva sublocazione, si è dimostrato estremamente vulnerabile a un calo della domanda, come dimostrato dalla pandemia di COVID-19.
Fallimento WeWork, effetti in Canada e Stati Uniti
Il fallimento di WeWork ha generato ripercussioni significative sia negli Stati Uniti che in Canada. La società ha dichiarato che l’impatto sarà più marcato nelle operazioni nordamericane, mentre prevede una continuità a livello globale.
In una nota a margine della richiesta di protezione del Chapter 11, il CEO, David Tolley, ha dichiarato che “questo è il momento per noi di portare avanti il futuro affrontando in modo aggressivo i nostri contratti di locazione preesistenti e migliorando notevolmente il nostro bilancio. Abbiamo definito una nuova categoria di lavoro e questi passi ci consentiranno di rimanere leader globali nel lavoro flessibile”.
A inizio agosto, WeWork aveva già lanciato un segnale d’allarme alla Sec, evidenziando dubbi significativi sulla sua stessa capacità di sopravvivenza.
Nell’ultima settimana il valore delle azioni di WeWork è sceso sotto 1$ a livelli simili alle «penny stock», dopo lo split ad agosto in 40 unità per evitare l’esclusione dal Nasdaq, operazione che tuttavia non ha garantito stabilità reale.
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