In ipotesi di curriculum vitae alterato per avere un contratto di lavoro, l’autore può trovarsi di fronte a conseguenze di ambito penale, ma non solo. Scatta il licenziamento?
Come è noto, per quasi tutti i posti di lavoro il proprio curriculum vitae - CV in breve - occupa un’importanza non secondaria. Si tratta infatti del documento che sintetizza e presenta informazioni quali il percorso di formazione finora svolto, le esperienze di lavoro, le abilità, competenze e capacità personali, come pure gli obiettivi e risultati conseguiti nel tempo.
Proprio attraverso il CV il potenziale datore di lavoro o l’ufficio risorse umane possono dare una prima valutazione del singolo candidato interessato ad un’offerta di lavoro. Chiaramente un testo di questo tipo deve essere scritto in modo completo e senza errori di grammatica, in modo da non diminuire le proprie possibilità di completare con successo la fase di selezione.
Ma attenzione al caso della laurea falsa o del CV gonfiato al fine di aumentare le proprie chance di firmare un contratto di lavoro: che cosa si rischia in questi casi? Se il datore di lavoro scopre la verità, si può incappare nel licenziamento? Ed inoltre, si può essere accusati di qualche reato? A queste domande daremo risposta di seguito, anticipandoti che è comunque sempre buona regola essere molto obiettivi ed aderenti alla realtà, quando si compila un CV. Altrimenti le proprie lacune e carenze emergeranno poi con facilità durante l’esperienza di lavoro. I dettagli.
leggi anche
È legale ad un colloquio di lavoro chiedere se si hanno figli o se si ha volontà di averne?
Curriculum Vitae falso o truccato per essere assunti, quando si rischia il licenziamento?
CV gonfiato o falso: differenza
Tra poco parleremo delle conseguenze penali per chi falsifica il proprio CV, ma prima una importante precisazione. Per aversi responsabilità penale il dipendente:
- non deve semplicemente «pompare» le sue skill, ovvero le abilità e competenze. Ovvero non è sufficiente ingigantire le proprie qualità e attitudini, perché si tratta comunque di valutazioni di ambito soggettivo e, per questo, non inquadrabili con precisione a livello penale;
- piuttosto deve effettivamente «falsificare le carte», vale a dire raggirare ed indurre in errore l’azienda o datore di lavoro con una concreta alterazione della realtà. Sono i casi di chi afferma nel CV di aver conseguito una certa laurea, magari procurandosi un falso attestato o certificato di laurea - in verità mai ottenuto da alcuna università.
Questa è una distinzione fondamentale, che serve ricordare in partenza per capire quali sono i rischi di chi altera la verità nel suo curriculum vitae.
CV falso per essere assunti: di quale reato risponde l’autore?
L’iter di assunzione passa anzitutto dalla lettura del curriculum vitae o CV. Si tratta del primo passo compiuto dai selezionatori per farsi un’idea di base di ogni singolo candidato. A seguito di questo, c’è poi un colloquio conoscitivo o anche una serie di colloqui e poi un periodo di prova eventuale, mirato a verificare sul campo quali siano le effettive abilità del lavoratore.
Ebbene, può certamente succedere che l’azienda scopra soltanto dopo diversi mesi che il dipendente assunto è incompetente e/o senza le conoscenze necessarie al lavoro per cui è stato assunto. Il punto è però capire che cosa succede se la scoperta viene di fatto posticipata dagli inganni, raggiri e artifici posti in essere dal dipendente nel suo CV falsificato. Sono appunto quelle circostanze in cui il dipendente intenzionalmente altera il suo curriculum, indicando - ad esempio - una laurea, un master o una specializzazione mai ottenute.
Per capire che succede in questi casi basta dare un’occhiata alla giurisprudenza, in primis della Cassazione ma anche di diversi tribunali italiani, che si sono occupati più volte di queste situazioni. Chi trucca il suo CV per essere assunto, rischia di essere denunciato per truffa ai danni del datore di lavoro.
Ed attenzione perché la legge non prevede sanzioni lievi in questi casi, essendo in gioco una pena dai 6 mesi ai 3 anni di prigione e una multa compresa tra i 51 e 1032 euro. Ecco perché prima di scegliere di falsificare un CV è meglio conoscere in anticipo a che cosa si va incontro.
Che succede in caso di CV falso in un concorso pubblico?
Ovviamente il candidato può mentire non soltanto nell’ambito di una selezione aziendale, ma anche nel quadro di un concorso pubblico. Tra i requisiti del concorso ci sono sempre quelli formativi, e tra essi quello del CV avente specifiche caratteristiche: ebbene, se il curriculum vitae presentato al concorso è alterato dall’indicazioni di lauree, corsi o titoli mai conseguiti c’è la possibilità di una diversa incriminazione, quella per falso ideologico in atto pubblico, che implica una pena della reclusione fino a due anni.
Il reato di falso ideologico consiste in sostanza nell’affermare informazioni non veritiere in un atto o un documento pubblico, nel quale sarebbe necessario dichiarare il vero. Un’altra ipotesi di falso in atto pubblico può essere il non dichiarare di avere precedenti penali, al fine di poter partecipare al concorso.
In estrema sintesi, la responsabilità penale scatta perché il curriculum vitae, rivolto ad una PA, ha sempre la funzione di attestazione nei confronti di un ente pubblico.
La conseguenza del licenziamento
Non c’è soltanto la responsabilità penale in gioco, ma anche quella diretta nei confronti del datore di lavoro che, proprio per le informazioni false nel CV, ha tutto il diritto di licenziare in tronco -ovvero per giusta causa - il dipendente che ha raccontato menzogne. In questo caso non spetta il preavviso ed infatti il rapporto di lavoro non può più proseguire per la lesione irreparabile al vincolo fiduciario con il datore.
C’è un’ampia giurisprudenza a riguardo: chi partecipa ad una selezione ottenendo un posto che non gli spetta a causa del CV falso, va incontro alla perdita del posto di lavoro perché autore di un comportamento in malafede.
Comunque, come per il caso della truffa o del falso in atto pubblico, il licenziamento va fondato non su una semplice esagerazione delle qualità del candidato, ma su una vera e propria alterazione della realtà. Per fare un esempio rapido, è il caso di chi non rischia nulla se nel CV scrive ’buone competenze informatiche’ invece che ’discrete’, ma che invece può andare incontro al licenziamento se nel documento indica un attestato o una laurea in informatica mai conseguita.
Anzi per la giurisprudenza chi partecipa a una selezione nella consapevolezza di non averne i requisiti, implicitamente accetta il rischio di non essere preso oppure di perdere il posto di lavoro in seguito - a causa di una condotta scorretta e in malafede scoperta dal datore.
Il datore di lavoro può chiedere il risarcimento danni?
Ma non è finita qui. Per il lavoratore che afferma il falso nel proprio CV c’è anche il rischio di dover pagare un risarcimento danni a favore dell’azienda che lo aveva assunto, perché ingannata. L’onere della prova del danno ricade comunque sul datore di lavoro che, ad esempio, deve dimostrare le conseguenze economiche e a livello produttivo, legate al fatto di dover indire di nuovo un concorso o fare nuove selezioni, con ulteriore dispendio di tempo e risorse.
La Corte di Cassazione si è espressa più volte sui temi in oggetto, confermando la gravità della condotta e legittimando licenziamenti e sanzioni disciplinari verso questi cosiddetti ’furbetti del CV’. Anzi, sempre in base a quanto precisato dai giudici, chi fin dall’inizio sapeva di non avere i titoli necessari per partecipare alla selezione, non potrà avanzare alcuna pretesa di risarcimento, poiché il danno è nato da una sua condotta contraria al dovere di correttezza e buona fede, durante le trattative per l’assunzione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA