Secondo un documento della CIA trafugato dal Pentagono, Pechino sta costruendo cyber-armi per «prendere il controllo» dei satelliti nemici e metterli fuori uso durante un eventuale conflitto.
La Cina sta sperimentando nuove armi e tecniche in grado di compromettere i satelliti di altre nazioni. L’informazione è riportata in un documento classificato della Cia, elaborato quest’anno, che come molti altri materiali sensibili è stato oggetto del leak di un giovane aviere americano.
I file trafugati dal Pentagono e diffusi su Discord dal 21enne membro della Guardia nazionale del Massachusset hanno posto in luce decine di questioni top secret indebolendo notevolmente la sicurezza nazionale ma, come in questo caso, anche quella di Stati esteri oggetto di spionaggio statunitense.
Nel testo si parla infatti di cyber-ordigni cinesi in grado di paralizzare i sistemi orbitanti internazionali da cui dipendono comunicazioni e apparati di puntamento di missili e droni. Si parla insomma di una contromisura che Pechino si prepara ad adottare in caso di conflitto per vincere un possibile scontro forte della propria supremazia spaziale.
Quella che oggi trova ufficialità nella carte è in vero una minaccia di cui si discute da anni, ma che si amplifica proprio in virtù di questa imprevista vulnerabilità strategica.
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Il valore strategico delle reti satellitari
Lo scenario bellico contemporaneo, soprattutto quello russo-ucraino, ci insegna come il controllo dei sistemi informativi sia tanto importante quanto la disponibilità e la mobilitazione di armamenti.
I satelliti infatti rilanciano informazioni e comandi ai sistemi operativi fornendo anche immagini cruciali per lo spostamento delle milizie. Questa rete interconnessa di fatto costituisce un passaggio cruciale della comunicazione in contesti bellici.
In molti ricorderanno, alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio 2021, come il massiccio attacco cyber russo ai danni della rete militare ucraina sia stato fondamentale per garantire i primi successi delle forze di Mosca schierate sul campo. D’altro canto, un ruolo fondamentale per riequilibrare il quadro è stato il ripristino delle attività informatiche attuato dai satelliti SpaceX messi a disposizione di Kiev da Elon Musk.
Non un semplice cyber-attacco
Il resoconto della Cia sui piani di Pechino descrive come il Paese stia cercando di “prendere il controllo” delle reti spaziali internazionali “bloccandole, sfruttandole o dirottandole”. L’obiettivo sarebbe colpire questo tipo di infrastrutture orbitali mettendone fuori uso i sistemi e rendendo inoffensivi le strumentazioni dei Paesi che la Cina considera potenziali nemici.
Si tratta di una mossa preventiva che, in caso di un eventuale conflitto armato, costituirebbe un vantaggio competitivo sensibile. Dalle carte apprendiamo inoltre che queste tecnologie non renderebbero Pechino capace solo di capire quando e dove colpire ma anche in grado di neutralizzare un’eventuale controffensiva.
Le operazioni punterebbero a intervenire in maniera ancor più massiccia e sofisticata con l’invio di ordini contraddittori e informazioni false. O ancora qualcosa di più avanzato: hackerare i computer che gestiscono i satelliti per spegnerli, dirottarli o farli rientrare nella propria orbita e manovrarli direttamente.
L’analisi del Financial Times del documento del Pentagono evidenzia quindi una chiara proiezione strategica del Dragone sul controllo delle informazioni. Le aspirazioni cinesi del resto da tempo puntano in questa direzione.
«Lo spazio è un punto d’orgoglio politico per lo sviluppo cinese perché è il settore in cui dagli anni ’90 è avvenuto un vero decoupling - commenta Alessandro Aresu, studioso della competizione hi-tech tra Usa e Cina - la filiera statunitense per ragioni di sicurezza nazionale ha reciso da tempo i rapporti con quella cinese. È un settore che, al di là dei singoli programmi di esplorazione, soprattutto lunare, conta perché ha grande influenza politica».
Difficile correre ai ripari
L’attacco della talpa americana è considerato una delle più significative rivelazioni dell’intelligence americana in più di un decennio anche perché, come sottolinea il FT, gli Usa potrebbero attualmente non disporre di una tecnologia tanto avanzata, neppure per proteggere i propri sistemi.
In questo senso sappiamo che anche Taiwan è impegnata nella costruzione di un’infrastruttura capace di sopravvivere a un attacco da parte cinese in caso di invasione dell’isola. Si parla infatti di ricerche sulle comunicazioni quantistiche, immuni da infiltrazioni cyber, anche se ancora in stadi poco sicuri e soddisfacenti:
«Ci sono stati grandi investimenti scientifici, guidati dal fisico Pan Jianwei - continua Aresu - ma la loro applicazione è tutt’altro che certa e non ha avuto conferme definitive».
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