Nuove regole obbligatorie scatteranno dal 1° gennaio 2025 per un settore industriale cruciale anche in Italia: qual è la nuova legge imposta dall’UE?
Nuovi obblighi in arrivo dal 1° gennaio 2025 per un settore industriale specifico dell’UE: gli Stati membri sono tenuti a istituire la raccolta differenziata dei tessili dall’inizio del nuovo anno.
Le normative che entreranno in vigore fanno parte di un piano più ampio dell’Unione Europea volto a migliorare la sostenibilità nell’industria tessile. Uno degli obiettivi principali è quello di aumentare i tassi di riciclaggio e ridurre l’impatto negativo dell’industria dell’abbigliamento sull’ambiente, che è responsabile di più emissioni di gas serra di tutti i voli internazionali e del trasporto marittimo messi insieme.
Le nuove norme istituiscono regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR), attraverso i quali gli operatori economici che operano sul mercato dell’UE devono coprire i costi per la raccolta differenziata, selezione e riciclaggio dei loro prodotti tessili.
L’obiettivo comunitario è quello di favorire lo sviluppo di un circuito virtuoso, in cui i materiali tessili vengono riutilizzati e lavorati, riducendo così l’impatto negativo della moda sull’ambiente. A che punto è l’Italia e come si è preparata all’entrata in vigore degli obblighi dal 1° gennaio 2025? Uno sguardo su cosa sta per cambiare nel nostro Paese e in tutta l’UE.
Smaltimento tessile: cambia tutto in Europa dal 1° gennaio 2025
Ridurre e gestire i rifiuti tessili all’insegna della sostenibilità e della responsabilità sono obiettivi strategici dell’UE. Nell’ambito degli ambiziosi target green che l’Unione Europea si è prefissati attraverso un’agenda politica sul rispetto dell’ambiente davvero ricca di cambiamenti, spicca anche il nuovo obbligo per tutti i membri a partire dal 1° gennaio 2025 sulla gestione dei rifiuti tessili.
Perché si è reso necessario questo intervento? I numeri parlano chiaro e sono frutto di approfondite indagini degli esperti dell’UE: i 27 Stati UE generano 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno. Solo abbigliamento e calzature rappresentano 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti, equivalenti a 12 kg di rifiuti pro capite ogni anno. Attualmente, solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo viene raccolto separatamente per il riutilizzo o il riciclaggio, mentre il resto viene spesso incenerito o messo in discarica.
In termini di inquinamento, nel 2020 il consumo tessile in Europa ha avuto in media il quarto impatto più elevato sull’ambiente e sui cambiamenti climatici da una prospettiva di ciclo di vita globale. È stata l’area di consumo con il terzo impatto più elevato sull’uso di acqua e suolo e il quinto più elevato in termini di uso di materie prime ed emissioni di gas serra.
Con la consapevolezza di questi effetti dirompenti, ma spesso invisibili agli occhi e alla coscienza di produttori e consumatori, l’UE ha stabilito nuove regole.
Il passaggio dell’Europa verso l’EPR (responsabilità del produttore) tessile è guidato da due importanti revisioni del quadro legislativo: la Direttiva quadro sui rifiuti (WFD) e il Piano d’azione per l’economia circolare (CEAP).
La WFD impone a tutti gli Stati membri dell’UE di implementare la raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il 1° gennaio 2025. Ai comuni è richiesto di dotarsi di infrastrutture per la raccolta differenziata e la selezione dei rifiuti tessili, deviandoli dai rifiuti generici.
L’implementazione della Responsabilità estesa del produttore (EPR) è invece sospesa, con una bozza di legge che consente l’adeguamento in almeno 18 mesi dopo l’entrata in vigore della legge. Tuttavia, la data di inizio esatta dell’EPR deve ancora essere decisa.
Cosa cambia? I produttori finanzieranno gli investimenti nelle capacità di raccolta differenziata, cernita, riutilizzo e riciclaggio. Le norme proposte sulla gestione dei rifiuti mirano a:
- garantire che i tessili usati siano selezionati per il riutilizzo;
- riciclare in via prioritaria ciò che non è riutilizzabile;
- offrire più opportunità commerciali alle imprese sociali attive nella raccolta e nel trattamento dei tessili anche di seconda mano;
- affrontare la questione delle esportazioni illegali di rifiuti tessili verso paesi impreparati a gestirli;
- chiarire cosa costituisce un rifiuto e cosa è considerato un tessile riutilizzabile;
- fermare la pratica delle esportazioni di rifiuti mascherate da rifiuti destinati al riutilizzo
L’UE propone lo schema dei regimi di responsabilità estesa del produttore, che ha avuto successo nel migliorare la gestione dei rifiuti provenienti da diversi prodotti, come imballaggi, batterie e apparecchiature elettriche ed elettroniche.
I produttori copriranno i costi di gestione dei rifiuti tessili, il che darà loro anche incentivi per ridurre gli sprechi e aumentare la circolarità dei prodotti tessili, progettando prodotti migliori fin dall’inizio. L’importo che i produttori pagheranno al sistema EPR sarà adeguato in base alle prestazioni ambientali dei tessili, un principio noto come “ecomodulazione”.
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L’Italia e lo smaltimento tessile obbligatorio: a che punto siamo?
L’Italia è considerata un Paese pioniere in questo ambito, poiché l’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili è già in vigore per i comuni dal 1° gennaio 2022, come stabilito dal DL 116/2020.
Sul territorio nazionale sono già operativi quattro consorzi che si occupano della questione: RETEXT.GREEN (fondato da Sistema Moda Italia e Fondazione del Tessile Italiano), ECOTESSILI (fondato da Federdistribuzione), COBAT TESSILE (parte di COBAT, piattaforma multi-consortile controllata da Innovatec) e RE.CREA (coordinato da Camera nazionale della moda Italiana e fondato da diversi noti brand di moda italiani).
Tuttavia, i risultati non sono ancora soddisfacenti e per attuare gli obblighi europei anche l’Italia è chiamata a una sfida grande, importante, per certi versi complessa. Secondo diversi operatori ed esperti del settore tessile, infatti, manca un filiera del riuso e riciclo completa, che possa mettere in moto un’economia circolare.
Per esempio, secondo i dati Ispra, tra il 2021 e il 2022 (anno di entrata in vigore in Italia dell’obbligo di smaltimento tessile per i comuni), solo 2,7 kg di tessile pro capite all’anno è stato differenziato (rispetto ai 2,6 Kg pro capite dell’anno precedente). Il settore ha avuto un peso di appena lo 0,8% su tutti i rifiuti raccolti in maniera differenziata. Troppo poco e, soprattutto, insufficiente a garantire gli obblighi richiesti dall’UE. Finora ci si è limitati a garantire la presenza di cassonetti gialli nelle città per raccogliere vestiti usati, ma manca una vera filiera di riuso consapevole e sostenibile.
Uno degli ostacoli riguarda l’implementazione della responsabilità del produttore per riciclo e smaltimento. In Italia, associazioni delle imprese, i Comuni e i consorzi stanno lavorando proprio per favorire il nuovo regime Epr.
“Se oggi si raccolgono 160 mila tonnellate di rifiuti tessili, toccherà agli stessi produttori fare in modo che il tasso di raccolta aumenti, recuperando tutto ciò che oggi finisce ancora nell’indifferenziata. Ma tutto questo ha un costo molto elevato”, ha allertato mesi fa sul Corriere Luca Campadello, Strategic Development & Innovation Manager di Erion.
Creare una filiera del riuso delle fibre tessili sarà cruciale. Occorrono, ovviamente, fondi, incentivi, progetti. In Italia, come in Europa.
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