Ecco come gli strateghi americani hanno pensato di risolvere il problema della transizione al mondo multipolare con il progetto NBIC.
Una delle parzialità che coglie gli studiosi dei processi storici, è data dal concetto e dal campo categoriale che applicano a premessa della loro ricerca. Il concetto di “capitalismo”, un concetto di un sociologo tedesco dei primi del Novecento, W. Sombart e non di Marx come invece molti credono, analizza la realtà con una categoria socioeconomica. Ma i fatti socioeconomici accadono negli Stati e nelle relative nazioni. Come nella neurologia visiva ci sono sistemi neurali che colgono solo le forme orizzontali o solo le verticali o solo le fisse o solo il movimento etc. ma poi tutti assieme danno la visione umana, così la nostra conoscenza del mondo dovrebbe forse scalare queste gabbie categoriali e produrre sintesi di più alto livello.
Quanto al “capitalismo”, ad esempio, non è un caso che quello veneziano o genovese fossero diversi tra loro e da quello olandese che poi risulterà diverso da quello anglo-britannico, che poi risulterà diverso da quello americano e questo poi nella sua versione primo o secondo Novecento. Forme, demografia, localizzazione e morfologia, dotazioni di materie prime o energia o ricchezza finanziaria, livelli di conoscenza, mentalità, tradizioni, obiettivi geostrategici dei vari attori stato-nazionali, modificano la semplice categoria socioeconomica che non declinata e contestualizzata rischia di diventare molto astratta. Così l’analisi critica continua a leggere la realtà passando dal generico capitalismo all’altrettanto generico neoliberismo come se la struttura del mondo nascesse dalle teorie economiche.
Quanto il termine medio dello stato e relativa nazione pesi nell’argomento, lo si nota oggi in diretta. Economisti e sociologi derivati da conoscenze molto settoriali, stanno scoprendo che la logica del principale operatore capitalistico coordinato ed intenzionato ovvero gli Stati Uniti d’America, oggi si preoccupa di difendere il proprio status geopolitico più che solo quello economico, ciò dato che è a loro noto che è da questo che deriva lo status economico e finanziario e non certo il contrario. Per ogni attore della prima citata sequenza storica del “capitalismo” quale indagata da Braudel ed Arrighi più e meglio di altri, si può rinvenire come gli interessi geopolitici della potenza hanno incanalato il processo di sviluppo della propria versione di capitalismo.
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