Il controverso disegno di legge Pillon, dopo il parere contrario del vicepremier Di Maio, affronta un nuovo avversario: le manifestazioni di piazza.
Un paio di giorni fa il vicepremier Luigi Di Maio ha espresso perplessità nei confronti del disegno di legge Pillon in materia di affido condiviso. Domani, 10 novembre, 60 piazze italiane si mobiliteranno per manifestare il loro dissenso nei confronti della proposta leghista.
Il ddl è arrivato in Commissione Giustizia del Senato lo scorso 10 settembre, e il suo percorso parlamentare si prefigura piuttosto lungo. Già Di Maio, intervistato da Corrado Formigli per il periodico Elle, ha dichiarato che il disegno, «così com’è non va». E un mese fa Vincenzo Spadafora, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari Opportunità aveva detto
«Non possiamo accettare la proposta del senatore Pillon così come è stata formulata»
.
Ma i dubbi interni alla maggioranza giallo-verde verranno amplificati dalle numerose manifestazioni di piazza previste per domani, sabato 10 novembre. Fra sit-in, presidi e cortei verrà chiesto il ritiro del ddl, già ribadito con una petizione su Change.org che oggi conta 100 mila iscritti. L’appuntamento a Roma è alle 11 in Piazza Madonna di Loreto.
Le manifestazioni di domani vedranno affiancati centri antiviolenza, organizzazioni sindacali (Cgil, Uil, Cisl, Usb), associazioni e movimenti di donne, Arci, associazioni per l’infanzia e comitati cittadini. Secondo i promotori, il testo del senatore leghista trasformerebbe separazione e affido «in un campo di battaglia permanente».
Cosa prevede il disegno di legge Pillon
Il ddl firmato da Simone Pillon, promotore del Family Day, noto per le sue opinioni su aborto e unioni civili, introduce la «bigenitorialità perfetta». In caso di separazione, per quanto concerne il mantenimento dei figli, Pillon punta a rendere equamente divisi fra padre e madre i costi di affido e il tempo passato con entrambi.
Il giudice, si legge sul testo del disegno, deve stabilire «tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori».
Il bersaglio è l’alienazione genitoriale: nel caso di crisi familiare, dice l’articolo 12, «il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) [...] con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore».
Non ci sarebbe più, inoltre, un assegno forfettario, piuttosto verrebbero pagate le spese vive o una cifra a fronte di fattura.
La critica maggiore al ddl concerne i casi di violenza domestica, spesso di difficile accertamento. Lo sviluppo armonico dei bambini, secondo i detrattori, sarebbe inoltre minato dall’obbligo di passare con i genitori tempi paritetici.
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