Debito pubblico: sui neonati un peso da €60.000

C. G.

11/04/2019

Il debito pubblico pesa soprattutto sui giovani: su ogni italiano under 40 un fardello da 55 mila euro

Debito pubblico: sui neonati un peso da €60.000

Il debito pubblico italiano pesa soprattutto sui giovani.

È questa la parte di popolazione più colpita da un fardello che con il passare del tempo si fa sempre più ingombrante.

Qualche giorno fa Bankitalia ha lanciato un vero e proprio allarme sul debito pubblico nostrano che nel 2018 è schizzato oltre il 132% del PIL, il tutto dal 131,4% dell’anno precedente. Cifre ingombranti che stanno oggi pesando soprattutto sui giovani italiani, costretti a pagare una maggiore spesa per interessi.

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Debito pubblico: quanto pesa sui giovani

A gennaio scorso il debito italiano ha registrato un nuovo, impietoso record storico ed è balzato per la prima volta su quota 2.358 miliardi di euro. Un dato che ha confermato ancora una volta la presenza dell’Italia tra i Paesi con il debito pubblico più alto al mondo, con una spesa per interessi di oltre 65 miliardi di euro (nel 2017) e con un debito di 38 mila euro per ogni cittadino.

Sull’argomento anche una recente indagine dell’Ufficio Studi de Il Sole 24 Ore, che elaborando i dati dell’Istat e della citata Banca d’Italia ha tentato di mettere in luce come il peso del debito sia distribuito tra la popolazione.

Per ogni euro di interessi su quel debito generato da chi ha 80 anni oggi, ecco quanto devono pagare gli altri cittadini:

  • il 56enne: €10
  • il 15enne: €100
  • chi è nato nel 2017: €1.000
  • il neonato di oggi: €60.000

Il tema è tornato sulle prime pagine dei giornali nella giornata di ieri, quando l’esecutivo gialloverde ha approvato il tanto atteso DEF 2019 nel quale sono state radicalmente riviste le stime per il prossimo triennio. Nello specifico, il debito pubblico dell’Italia schizzerà al 132,6% nell’anno corrente, mentre nei prossimi due anni si riporterà rispettivamente su quota 131,3% e 130,2%.

Perché il debito pubblico è così alto

Ma perché l’Italia, nonostante il surplus sulla bilancia commerciale e il suo terzo posto in classifica delle economie più grandi dell’Eurozona dopo Germania e Francia, ha un debito pubblico così alto?

Analizzando il rapporto debito/PIL, possiamo individuare determinate fasi di ampliamento del debito pubblico nostrano, l’ultima delle quali è ormai in corso da trent’anni.

In occasione della crisi economica di fine secolo, il debito sale al 117% del PIL. Sotto Giolitti, il rapporto torna a circa il 70% nonostante le grandi spese generate dal conflitto in Libia. Nuovi boom si verificano, comprensibilmente, durante i due conflitti mondiali.

Tralasciando gli anni precedenti, notiamo che la vera esplosione del debito avviene tra il 1983 e il 1990.

Chi è al Governo in quegli anni se ne frega dei bilanci e costantemente dei saldi negativi verso il 15%. Il tutto peggiorato dall’alta inflazione - che scenderà sotto il 10% solamente nel 1985. Per attirare l’interesse degli investitori sui titoli di debito italiani, lo Stato è costretto a mantenere un tasso di interesse medio a due cifre. Così, se nel 1980 il rapporto debito/PIL si mantiene al di sotto del 60%, nel giro di 10 anni si supera il 100%.

Il carico da 100 arriva nel 1992 ad opera dello speculatore finanziario George Soros, che decise di puntare sul ribasso della lira italiana e spingendo ad una svalutazione della moneta del 7% da parte della Banca D’Italia. Solo due anni dopo il debito pubblico era arrivato ad essere il 124% del PIL.

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