Didattica a distanza, l’esperto: “Così non funziona, serve chiarezza dal MIUR”

Antonio Cosenza

16/04/2020

Scuola, didattica a distanza: ne abbiamo parlato con Salvo Amato, esperto sul tema. Ecco qual è il suo parere a proposito delle strategie da utilizzare affinché questo strumento possa essere davvero funzionale.

Didattica a distanza, l’esperto: “Così non funziona, serve chiarezza dal MIUR”

Scuola: ad un mese dall’utilizzo della didattica a distanza è arrivato il momento di trarre un primo bilancio su questo strumento.

Lo abbiamo fatto con Salvo Amato, docente di informatica nella scuola secondaria di secondo grado nonché titolare di un blog dove, in qualità di esperto sul tema, consiglia gli insegnanti riguardo a piattaforme e tecniche utili per rendere la didattica a distanza il più funzionale possibile.

Un’analisi approfondita su presente e futuro di questa forma alternativa di didattica a cui molti insegnanti, come lo stesso MIUR, erano impreparati.

Buongiorno Professor Amato. Torniamo a quel 4 marzo, quando tutte le scuole d’Italia sono state chiuse a tempo indeterminato e la didattica a distanza è diventato un elemento imprescindibile per andare avanti in questo momento.

Lei, in qualità di esperto sul tema, cosa ha pensato in quel momento?

Salve, non mi ritengo massimo esperto, la rete è piena di tanti docenti capaci che si stanno mettendo a disposizione. Io in quel momento ho pensato che la chiusura di certo non sarebbe stata una cosa di breve durata. Nei giorni a seguire sono sorte proposte di ogni genere a regia ministeriale che hanno avuto un notevole riscontro nella comunità scolastica.

Se eravamo preparati? Avremmo dovuto esserlo in forza di un PNSD che non è mai andato come doveva. Sulla carta le scuole avevano animatori digitali, strategie e ogni cosa servisse; nella realtà i docenti sono stati colti impreparati perché quel PNSD non ha mai mostrato la sua forza in quanto non poteva averne per come era stato concepito.

Ad un mese esatto dall’utilizzo di questo strumento, che di fatto con il decreto Scuola è diventato obbligatorio, qual è il suo bilancio in merito?

Il decreto scuola non può usare il termine “obbligatorio” che di fatto configge con leggi attualmente in vigore e con il contratto collettivo nazionale del lavoro. Pur tuttavia è abbastanza chiaro che i docenti non si tirano indietro, quindi stanno facendo di tutto per darsi da fare con un dispendio di energie professionali enorme. I risultati vanno visti alla luce dell’emergenza, della carente preparazione iniziale dei docenti, delle tragedie che docenti e studenti vivono in alcune regioni dove ognuno ha almeno un parente vittima del COVID-19.

Credo si sia trattato di un mese di sperimentazione che ha visto una ampia partecipazione dei docenti. C’è ancora tanta, troppa confusione. Gran parte del tempo dedicato riguarda la necessità di imparare in fretta a fare didattica a distanza. Di certo non possiamo dire che essa sia in grado di sostituire quella in presenza. Siamo in emergenza, quindi usiamo strumenti di emergenza.

Il MIUR avrebbe dovuto fare qualcosa di più per potenziare la didattica a distanza, oppure non si poteva chiedere altrimenti vista la situazione di emergenza?

Come ho detto anche in altre occasioni, il MIUR non era preparato ad una tale emergenza. Chi poteva essere preparato? Avevamo un PNSD che se fosse stato messo in campo bene avrebbe funzionato. Tuttavia sappiamo bene come sono stati gestiti gli animatori digitali spesso improvvisati, le scarse risorse (1.000 euro l’anno a scuola) che per un piano che aveva tutta l’intenzione di digitalizzare la scuola non hanno funzionato come era prevedibile.

Una cosa che vale la pena dire riguarda il fatto che la Carta del docente negli anni ha permesso di rinnovare gli strumenti a disposizione dei docenti. Un’altra misura che potrebbe risultare interessante sarebbe quella di includere nella Carta del docente anche i servizi di connettività. Se è vero che si richiede una sorta di “obbligatorietà” da parte del docente, si dovrebbe fornire tutto quel che serve affinché egli lavori da casa. Alcuni sono bloccati in luoghi non di loro residenza e si attrezzano con connessioni dati mobili a proprie spese.

Peccato che la carta del docente non sia nelle disponibilità dei precari che tuttavia sono tenuti ad effettuare DAD.

Ad un mese dall’attivazione, spero che il ministero tiri le somme per capire quantomeno che occorre una formazione su larga scala erogata per tutti i docenti che stavolta potranno metterla a frutto in tempo reale. Sarebbe anche interessante fornire indicazioni su come avviare classi virtuali a distanza in autonomia. Oltre ai sistemi che vanno per la maggiore, esistono strumenti come Moodle che possono essere installati e gestiti presso i siti delle scuole. Ecco, se il ministero rendesse disponibili indicazioni e facilitazioni, in pochi giorni ogni scuola avrebbe il proprio sistema on line come avviene da anni per le università di tutto il mondo.

Ma guardiamo al futuro, ovvero a settembre 2020 quando - si spera - ci sarà il rientro in classe. Un ritorno parziale alla normalità visto che bisognerà gestire il flusso degli studenti, che probabilmente sarà distribuito su più turni. È notizia di oggi che il MIUR sta pensando ad un sistema che sia un mix tra lezioni (ridotte) in presenza e didattica a distanza. Secondo lei, cosa dovrebbe fare il MIUR affinché questa organizzazione di scuola possa realmente funzionare?

Si tratta di un modello che condivido ma va formulato adeguatamente risolvendo i problemi in campo. Ci sono tante scuole con pessima connettività, scuole con pochi strumenti. C’è un grande problema di digital divide soprattutto in contesti in cui le famiglie non sono ad un determinato livello economico e culturale da avere a disposizione PC, tablet e connettività adatte allo scopo. C’è da considerare che famiglie con due o tre figli dovrebbero poter avere una certa autonomia, quindi dovrebbero avere strumenti ad uso personale altrimenti tutto risulta molto difficile.
Già adesso è così. Una famiglia con due genitori che lavorano a distanza e due figli in età scolare fatica a far contemporaneamente tutto dentro casa.

Molti insegnanti, però, non sembrano disposti ad accettare altri mesi di didattica a distanza, anche perché in questo periodo lamentano di aver lavorato per un numero maggiore di ore rispetto a quando si era in classe e con molte difficoltà da superare. Cosa si sente di rispondere a questi suoi colleghi?

Io credo che i paradigmi da utilizzare nella didattica a distanza siano nettamente diversi da quelli relativi alla didattica in presenza. Se io intendo fare 18 ore di lezioni frontali in videoconferenza spiegando e interrogando, è chiaro che non ce la farò mai. Soprattutto perché il materiale che prima preparavo in forma cartacea adesso devo rivederlo e riproporlo in altra forma. I docenti impiegano molto tempo anche perché fanno un duplice, anzi triplice lavoro.

Preparano lezioni, fanno lezioni in diretta, imparano i nuovi strumenti. Il tutto in un clima come quello di questi giorni. Se aggiungiamo anche il fatto che non tutte le scuole sono state in grado di ben organizzarsi e i docenti hanno dovuto spesso operare su piattaforme diverse usando strumenti diversi, allora la fatica aumenta. Di certo dopo aver imparato, saremo tutti più facilmente in grado di operare.

Sono quindi convinto che una didattica a distanza non possa essere resa disponibile con le stesse programmazioni e gli stessi parametri di quella in presenza. Io faccio lezioni in videoconferenza non tanto per esporre argomenti quanto per far laboratorio e mettere gli alunni in collaborazione tra di loro. Evito di impiegare ore a tenere incollati gli studenti passivamente davanti ad uno schermo, cosa che rischia di diventare alienante.

Allora voglio dire che se vogliamo fare didattica a distanza, non possiamo aspettarci di usare le stesse strategie della didattica in presenza.

Spero che da parte del ministero arrivino risposte ai nostri colleghi in forma di indicazioni precise, esempi e buone pratiche, formazione e non solo fondi per acquisto di strumenti hardware che se non usati adeguatamente rischiano di complicare le cose.

Concludo chiedendole se secondo lei la didattica a distanza funziona per tutti gli ordini e gradi. Ad esempio, ci sono insegnanti che ci hanno posto la difficoltà di utilizzare questo strumento per gli alunni delle prime classi delle elementari. Non crede che in questi casi il tutto non possa ridursi solamente con l’assegnazione di compiti a casa, e che questo modello richieda il supporto costante di un genitore?

Io insegno alla scuola secondaria di secondo grado. Gli studenti sono autonomi, non devono essere seguiti dai genitori e sono anche in età meno a rischio potendo usare internet con una certa consapevolezza. La mia personale opinione è che gli studenti della secondaria di primo grado potrebbero in un certo modo seguire senza particolari difficoltà e con qualche controllo da parte dei genitori.

Ovviamente è tutta da vedere la soluzione che si potrebbe trovare per quelle discipline che fanno uso massivo di laboratori. Riesce pressoché impossibile lavorare ad un impianto, ad un circuito elettronico, ad un esperimento di chimica o fisica a casa. In questo credo che il prossimo anno le scuole dovranno sapientemente dosare momenti in presenza e momenti on line a metà tra una proposta didattica valida e una discreta rispondenza alle norme contrattuali che di fatto non potranno essere perfettamente rispettate come dicevamo in precedenza.

Il problema riguarderebbe semmai gli alunni della primaria. Essi non credo possano essere lasciati soli davanti ad un PC. C’è sempre la possibilità che vengano seguiti dai genitori in queste attività? Di certo i genitori avranno anche bisogno di dedicarsi al loro lavoro.

Per le prime classi della primaria è un vero problema. Fatico a immaginare l’inserimento di bambini in prima o seconda primaria dove la presenza fisica attiva dell’insegnante è una componente indispensabile e imprescindibile.

Escluderei la didattica a distanza nel pieno senso del termine per i bambini della scuola dell’infanzia. Ciò non tanto per un fatto didattico quanto perché essa predilige una interazione che sicuramente a scuola dell’infanzia è più di natura corporea e di contatto con gli insegnanti anche attraverso lavori manuali che difficilmente potranno essere svolti in un contesto a distanza. Quest’ultima è una mia personale opinione, non essendo esperto di infanzia.

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