Diversi fatti recenti fanno pensare al sottile confine tra la critica politica e la diffamazione. Ecco come distinguerli.
Il reato di diffamazione è uno dei più complessi del nostro ordinamento, perché si incrocia inevitabilmente con alcune libertà fondamentali. Il diritto di critica e in particolare di critica politica rientra senza dubbio in questi casi. Ciò però non significa che il reato sia di impedimento all’esercizio delle libertà, né che la giustificazione della critica consente di ledere impunemente la reputazione altrui.
Le norme trovano un giusto compromesso, con una precisa distinzione tra i comportamenti leciti e quelli illeciti. Può però non essere semplice capire quale sia la corretta interpretazione del caso concreto, compito che spetta ai giudici chiamati a esprimere il proprio parere. In questi giorni la questione sta facendo particolarmente discutere e non sarebbe potuto essere altrimenti.
C’è stata l’assoluzione di Giuseppe Palopoli accusato di diffamazione aggravata contro l’ex assessora Laura Useri. Si ha poi avuto notizia della querela del ministro Valditara contro lo scrittore Nicola Lagioia. Non si può poi non menzionare la sentenza relativa al caso Open Arms, preceduta e susseguita da diverse opinioni accese sul ministro Salvini. Qual è il confine da non superare?
Critica politica o diffamazione?
Il reato di diffamazione non dipende dalla veridicità delle affermazioni o delle condotte attribuite alla persona offesa, bensì è caratterizzato dai seguenti elementi:
- offesa all’onore o alla reputazione, con consapevolezza dell’autore;
- comunicazione ad almeno due persone;
- assenza della persona offesa.
Il reato è inoltre aggravato in alcune ipotesi, per esempio se l’offesa avviene a mezzo stampa. La critica politica comprende invece un insieme di dichiarazioni riguardanti l’operato politico di un esponente politico o comunque un soggetto con poteri pubblici, nell’ambito appunto delle azioni professionali. La finalità non è quindi la lesione della reputazione, quanto piuttosto l’informazione e la formazione di una comune opinione.
Nello specifico, la Corte di Cassazione basa la differenza tra critica politica e diffamazione sulla veridicità dei fatti attribuiti e sul pubblico interesse. La sentenza n. 17326/2024 stabilisce che:
In tema di delitti contro l’onore, costituisce legittimo esercizio del diritto di critica politica la diffusione di giudizi negativi circa condotte biasimevoli poste in essere da amministratori pubblici, purché la critica prenda spunto da una notizia vera, si connoti al pubblico interesse e non trascenda in un attacco personale.
Lo stesso vale quando si presentano opinioni su fatti reali, purché presentate come tali e con lo scopo di ragionare e informare sulla vicenda o sull’abilità politica, non di screditare pubblicamente il soggetto interessato.
L’assoluzione di Giuseppe Palopoli
L’ex consigliere comunale Giuseppe Palopoli è stato assolto dall’accusa di diffamazione ai danni dell’ex assessora Laura Useri. Quest’ultima lo aveva querelato per un video pubblicato sui social, nel quale l’allora consigliere criticava Useri per la chiusura del sito della fontana del Rosello. Secondo il tribunale il video è rimasto contenuto nella critica politica, compresa la critica all’assessora in qualità di figura professionale, senza alcun attacco personale o immotivato.
Valditara querela Lagioia
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha querelato lo scrittore Nicola Lagioia, accusato di diffamazione per la pubblicazione di una lettera sui giornali in cui tratta dello ius soli, affermando in sintesi che molti ragazzi di origine straniera parlano la lingua italiana meglio del ministro.
Lagioia ha peraltro replicato rinnegando l’offesa, riferendosi alla querela come un mezzo per controllare la libertà di parola. Al di là del botta e risposta tra le parti, dovrà essere valutato se le dichiarazioni di Lagioia sono offese gratuite o sono motivate dalla critica politica.
Open Arms e Matteo Salvini
Dulcis in fundo, il processo Open Arms. In attesa della sentenza la maggior parte dei cittadini si è prodigata per far conoscere al pubblico la propria opinione sulle accuse contestate al ministro Salvini. Per un personaggio politico e un caso di tale rilievo non c’è nulla di strano. In assenza di offese personali a Matteo Salvini ognuno ha potuto dire la propria sulla vicenda giudiziaria senza commettere illeciti, a patto di non aver volontariamente dato informazioni false per veicolare l’opinione pubblica.
I problemi sembrano più seri dopo la sentenza di assoluzione, visto che tanti, più o meno apertamente, la contestano dicendo che il ministro è colpevole. Il tema è qui più delicato. Si resta nel diritto di critica visto che il fatto è di interesse pubblico, quando ci si limita a esprimere la propria opinione motivandola con fatti reali e non inventati o fantasiosi. Al contrario, insinuare dubbi soltanto per screditare l’immagine del ministro, soprattutto se con toni coloriti, può integrare il reato.
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