Il Decreto Aiuti bis elegge i docenti esperti destinando loro un bonus stipendiale da 5mila euro. I posti disponibili sono però limitati e poco accessibili.
Il tanto discusso Decreto Aiuti bis è arrivato con l’approvazione generale dei partiti e il sì del cdm riunitosi giovedì 4 agosto. Nel testo, tra le varie misure di sostegno economico alla cittadinanza, si fa riferimento anche all’istituzione di una figura, quella del professore esperto.
Con questo appellativo si farà riferimento infatti a una particolare categoria di docenti che, dall’istituzione di questa prassi, avranno diritto a un bonus annuale una tantum superiore a 5mila euro.
L’obiettivo è quello di incrementare, almeno in parte, il gettito stipendiale nel settore scolastico. Ci sono però delle indicazioni specifiche sul profilo dei possibili «prof esperti» e i tempi di attesa per l’attuazione della misura appaiono piuttosto dilatati - si parla di almeno un decennio.
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Chi è il «prof esperto»: cosa dice il dl Aiuti
Oltre alla definizione di varie manovre di sostegno economico sul fronte pensionamenti, accise carburante e bollette, il cdm ha passato al vaglio anche una misura indirizzata al mondo della scuola e in particolare a rafforzare lo stipendio di alcuni insegnanti. Si è così deciso di istituire la figura del «prof esperto» che si vedrà corrisposto uno stipendio in busta paga di 400 euro al mese in più rispetto agli altri professori, 5.650 euro in più all’anno per la precisione.
Questa somma verrà erogata in forma di «assegno annuale ad personam» ed è stato fissato un tetto massimo per frenare sul numero dei beneficiari della nuova qualifica. I prof “esperti” infatti non potranno essere più di 8mila all’anno e il calcolo verrà eseguito a partire dall’anno scolastico 2032-33.
Con una spanna temporale così ampia è comprensibile pensare che questi numeri potranno subire revisioni e incrementi, ma serviranno delle lunghe contrattazioni.
Come diventare «prof esperti»
L’istituzione di questa nuova figura a livello formale è fissata per l’anno scolastico 2023/2024 ma abbiamo già alcune informazioni a riguardo.
I docenti «eleggibili» per questa qualifica non vedranno mutare le proprie mansioni né le proprie funzioni come si legge esplicitamente nel decreto che completa la legge 79, approvata a giugno, che regola e introduce la formazione incentivata per tutti i docenti. La norma in buona sostanza mirava a introdurre corsi triennali di aggiornamento per rafforzare la formazione degli insegnanti già in cattedra e a rivedere le regole per l’accesso alla professione per i nuovi laureati.
Non a caso perciò arrivano coerenti limitazioni: potranno essere soggetti all’erogazione del bonus esclusivamente gli insegnanti che hanno completato tre corsi triennali di formazione consecutivi e non sovrapponibili con esito positivo.
Viene imposto inoltre un vincolo «temporale»: rimanere nella stessa scuola per almeno tre anni.
Piovono critiche
Il parametro della permanenza nella stessa struttura è stato imposto per circoscrivere ulteriormente la già esigua platea che annualmente avrà accesso al benefit e da alcuni questa è stata vista come la ciliegina sulla torta di stringenti limitazioni appena servita in tavolo.
Si leva quindi la voce nazionale dei sindacati che, nel caso di Anief e del presidente Marcello Pacifico, ad esempio parla di un «colpo di mano del Governo Draghi».
Sulla stessa lunghezza d’onda si trovano poi Francesco Sinopoli, Ivana Barbacci, Giuseppe D’Aprile, Rino Di Meglio e Elvira Serafini che dichiarano:
«È un fatto acclarato che le retribuzioni medie dei docenti italiani sono troppo basse, sia rispetto a quelli dei colleghi europei, sia rispetto a quelli degli altri lavoratori del pubblico impiego a parità di titolo di studio. È intollerabile dunque che su questo tema la politica continui a far finta di niente. La responsabilità, se non c’è il rinnovo, è di tutte le forze politiche, nessuna esclusa».
La ristrettezza delle maglie che consentono l’accesso al bonus è infine stata criticata dalla Commissione europea che a suo tempo aveva chiesto un intervento diverso, mirato a rivedere il sistema degli scatti di anzianità.
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