Donald Trump vuole “riaprire il Mare del Nord” e scambiare le turbine eoliche con le torri di trivellazione

Alessandro Nuzzo

4 Gennaio 2025 - 11:30

La mossa del presidente statunitense comunicata sul suo social Truth: via l’eolico e ritorno alle trivellazioni.

Donald Trump vuole “riaprire il Mare del Nord” e scambiare le turbine eoliche con le torri di trivellazione

Donald Trump tra pochi giorni si insedierà ufficialmente come prossimo presidente degli Stati Uniti. La cerimonia è prevista per il 20 gennaio quando ci sarà il passaggio di consegne con Biden. Una volta alla Casa Bianca saranno tante le iniziative che il tycoon vorrebbe perseguire. Una già annunciata è l’uscita dall’accordo di Parigi sul clima, mossa già compiuta nel corso della sua precedente presidenza.

Trump vorrebbe anche che nel Mare del Nord venissero rimosse le turbine eoliche per ritornare alle trivellazioni per l’estrazione di petrolio e gas. Lo ha annunciato lui stesso con un messaggio pubblicato sul suo social media Truth Social: «Aprire il Mare del Nord. Via i mulini a vento!», ha scritto.

Ritornare all’estrazione di petrolio nel Mare del Nord

Il Mare del Nord un tempo era una fonte importante di combustibili fossili e agli inizi degli anni 2000 produceva qualcosa come 4 milioni di barili di petrolio al giorno. Negli ultimi anni, complice l’addio della dipendenza dal fossile e lo sviluppo di fonti di energia sostenibile, quella zona ha accolto decine di impianti eolici con centinaia di pale posizionate nel bel mezzo del mare in modo da sfruttare le forti correnti del Nord. I Paesi Bassi sono la nazione che sta sfruttando maggiormente il Mare del Nord con l’eolico, visto che detengono una parte molto ampia di quest’area. Anche Gran Bretagna, Danimarca e Belgio, tra gli altri, stanno investendo massicciamente nell’energia verde nel Mare del Nord. Si stima che in pochi anni più della metà dell’energia prodotta proverrà dal mare.

Questo non piace molto a Donald Trump che ha osservato con sgomento l’abbandono del fossile per lasciare spazio a centrali eoliche. Oggi dei 4 milioni di barili di petrolio che si producevano, ne restano 1,3 milioni. Le prospettive parlano di ulteriori cali nei prossimi anni. Secondo il produttore americano di petrolio e gas Apache, nei prossimi anni i rendimenti diminuiranno ogni volta di un quinto. La società ha annunciato l’uscita dall’area, così come l’anno scorso hanno fatto ExxonMobil e l’olandese NAM, che ha recentemente venduto gran parte delle sue attività nel Mare del Nord alla società canadese Tenaz.

L’addio al fossile è ulteriormente favorito dalla mossa del governo britannico di imporre una tassa aggiuntiva sui proventi del petrolio e del gas e utilizza quel denaro per incoraggiare la generazione verde. Londra entro il 2030 vorrebbe che la maggior parte della fornitura di energia elettrica sia a basse emissioni. Per farlo sono richiesti enormi investimenti in energia solare e eolica. I produttori di petrolio e gas nel Mare del Nord avvertono che l’aliquota fiscale più elevata porterà ad un calo ancora più marcato degli investimenti e ad un ulteriore ritiro dall’area.

L’investimento in impianti eolici mostra però ancora una certa titubanza. L’anno scorso, il fornitore di energia Eneco ha annunciato che non avrebbe investito in un nuovo parco eolico nei Paesi Bassi. In Danimarca, il mese scorso, un’importante gara per parchi eolici è fallita: nessuna compagnia energetica voleva investirci. Aziende come Vestas e Siemens Gamesa leader nella produzione di turbine eoliche, hanno avuto alcuni anni in perdita.

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