Mentre il premier si concede 4 giorni di passerella e «rassicurazioni» in USA, Bloomberg e Bundesbank lanciano l’allarme recessione (da lui negata). E i prezzi energetici italiani diventano un caso
Mario Draghi è negli Usa per un viaggio di fine mandato di quattro giorni. Ufficialmente per intervenire all’Onu e ricevere il premio di statista dell’anno dell’Appeal of Conscience Foundation. Ufficiosamente - ma in modalità segreto di Pulcinella - per rassicurare l’alleato atlantico rispetto alla tenuta in politica estera del prossimo governo. Sanzioni alla Russia in testa. Chi rassicuri non è dato a sapersi, visto che Joe Biden per questi giorni ha in agenda un unico incontro bilaterale alla Casa Bianca. Con la neo-premier britannica Liz Truss.
Poco male. Cosa il presidente del Consiglio dimissionario vede a fare Oltreoceano poco importa. Non fosse altro perché lo farà ugualmente. E forte di un riconoscimento che gli intesta la pressoché totale immunità da errore. Insomma, il numero uno dei Migliori non sbaglia mai, a prescindere. Al limite è la realtà che equivoca. Ciò che conta è quello che Mario Draghi si lascia alle spalle, frapponendo fra sé e la narrativa del suo mito addirittura un oceano. E facendo in modo di rientrare a campagna elettorale ormai conclusa. E giochi pressoché fatti. Perché come lascia intendere quella vecchia volpe della politica di Pier Ferdinando Casini, non si sa mai.
E cosa si lascia alle spalle? In primis, il bonus 200 euro per gli autonomi. Slittato a novembre, poiché mancherebbe un decreto attuativo. Resta il fatto che prima si parlava del 15 settembre, poi di una data da destinarsi a partire dal 20 dello stesso mese (ciò a partire da oggi) e adesso invece si scollina in piena nuova legislatura. Tradotto, il nuovo Decreto Aiuto ha lasciato le casse talmente esangui che - pur di evitare lo stigma dello scostamento di bilancio - è stato necessario ricorrere a pratiche di bassa economia domestica. Ma allo statista dell’anno nessuno oserà rinfacciare una simile inezia. A parte qualche milione di percettori potenziali di quei pochi, maledetti e subito che avrebbero fatto comodo (forse, addirittura la differenza) per pagare le bollette.
Ed eccoci al punto caldo, l’hot spot della vicenda. Questo grafico
ci mostra l’andamento dei prezzi energetici day ahead dei vari Paesi europei. Oggi. E’ consultabile quotidianamente e gratuitamente sul sito euenergy.live ed è basato sui prezzi forniti dai vari gestori nazionali. Ora, al netto della speculazione alla Borsa di Amsterdam, dei ricatti di Gazprom e forse anche del Karma, i colori dell’immagine parlano chiaro: l’Italia stacca al rialzo - e non di poco - tutti gli altri membri Ue a livello di costi. Quindi, qualcosa non funziona a livello interno. Di mercato interno. Forse di gestori interni. Comunque sia, per una volta ci troviamo a fare i conti con una dinamica che non può essere archiviata con il mantra del blame on Putin. Mancano i rigassificatori e non abbiamo il nucleare come la Francia? Verissimo.
Ma chi doveva mettere una pezza alla situazione, magari non arrivando all’autunno a colpi di annunci rispetto a fonti alternative che, da qualche giorno, cominciano a venire messe in discussione nella loro solidità e veridicità? Certo, forse servirebbe un’intera legislatura. Ma, altresì, il governo dei Migliori non è stato in carica solo un trimestre. Il tempo per imporre scelte impopolari ma necessarie c’era. Certo, se si fosse fatto come in Germania, dove la crisi energetica è stata ammessa e affrontata fin dalla tarda primavera. E non ridimensionata. O negata.
E proprio a proposito di Germania, ecco che questa notizia e il grafico conseguente
Hints of a recession in Europe’s largest economy are becoming more evident after a significant deterioration in supply conditions, the central bank says https://t.co/V1dWL1lJIq
— Bloomberg Markets (@markets) September 19, 2022
paiono mettere in discussione un’altra incrollabile certezza regalata da Mario Draghi al Paese, prima di salire sulla scaletta dell’aereo: c’è rallentamento economico ma non recessione all’orizzonte. La quale, invece, è certificata e con natura severa e prolungata dalla Bundesbank, istituzione decisamente poco accomunabile a pulsioni filo-russe. E la conferma è arrivata poco fa, quando l’inflazione tedesca ha inviato due siluri alla Bce in vista dei prossimi board. Se infatti i prezzi al consumo (CPI) ad agosto hanno segnato un +7.9% su base mensile contro aspettative del +2,4%, ecco che quelli alla produzione (PPI) sono saliti addirittura del 45.8% su base annua contro le attese di un +36,8%, il dato più alto dal 1949.
E se questo non bastasse o se l’Italia si sentisse ormai talmente superiore alla Germania in termini macro da non ritenerla più un proxy anticipatorio affidabile dei trend, siano essi positivi che negatici, ecco che questa ultima immagine
ci mostra come nel mese di luglio - ultima lettura completa disponibile - il tracciatore su base mensile della crescita globale di Bloomberg abbia toccato quota zero. Ovvero, già due mesi fa, l’economia mondiale era ferma, piatta. Quali dinamiche negative siano intercorse da allora è noto a tutti, ponendo nel novero delle prezzature anche una corsa generalizzata al rialzo dei tassi che rischia di accelerare ed esacerbare proprio le spinte recessive, dopo la salita anche della Bce sul carro delle Banche centrali in modalità panico. Insomma, apparentemente la narrativa del Draghi ultimo periodo discosta non poco dalla realtà. Ma appunto, è certamente quest’ultima che equivoca.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti