Ecco quanti soldi ha perso nel 2023 chi ha tenuto 50.000 euro liquidi sul conto corrente o libretto

Stefano Vozza

19 Dicembre 2024 - 11:40

Tenere soldi liquidi sul conto corrente o sul libretto comporta tutta una serie di costi nn sempre interamente valutati. Vediamo quali sarebbero

Ecco quanti soldi ha perso nel 2023 chi ha tenuto 50.000 euro liquidi sul conto corrente o libretto

La preferenza per la liquidità non passa mai di moda e anzi, fin dalla notte dei tempi, gode di elevata preferenza tra gli operatori economici, risparmiatori inclusi. Spesso quest’ultimi sono restii a investire i capitali anche a basso rischio “per paura di”. È un timore più che legittimo, a patto però di comprenderne i costi, occulti e palesi, nascosti dietro simili scelte. Per comprenderlo vediamo quanti soldi ha perso nel 2023 chi ha tenuto 50.000 euro liquidi sul conto corrente o libretto.

L’indagine di Banca d’Italia sul costo dei conti correnti

Consideriamo un capitale di una certa importanza detenuto in forma liquida sui più comuni strumenti di gestione del risparmio, ossia c/c o libretto, bancari o postali che siano. Quanto costa detenere soldi liquidi su tali strumenti?
In merito ai conti correnti la risposta arriva direttamente da Banca d’Italia che il 10 dicembre ha pubblicato i risultati dell’indagine sui loro costi medi di gestione. L’analisi è stata svolta nel 2024 sugli estratti conto del 2023, e ha considerato 11.985 c/c bancari, 1.174 conti online e 1.000 c/c postali, tutti variamente selezionati. Cosa raccontano di bello i dati raccolti?
Nel 2023 la spesa media di gestione dei rapporti bancari tradizionali si è attestata sui 100,7 €, in diminuzione del 3,3% sul 2022. Il grosso del “calo” è dovuto soprattutto alla limatura dei canoni, e in parte residuale a un leggero, minor numero di prelievi allo sportello.
Trend inverso invece per i c/c postali, la cui spesa media è passata dai 59,6 € del 2022 ai 67,3 € del 2023. Qui la crescita dei costi è direttamente imputabile a una maggiore operatività della clientela e quindi delle spese variabili.
Anche per il 2023, infine, i c/c in assoluto più economici si sono rivelati quelli online, la cui spesa media si è attestata sui 28,9 €, in discesa –4,8% sul 2022.
Quanto ai libretti di risparmio bancario o postale, invece, di norma gli intermediari non prevedono costi di tenuta dello strumento, eccettuo le spese fiscali.

Spese fiscali e perdita da potere d’acquisto

Infatti il novero delle spese non si esaurisce solo a quelle di tenuta conto. Ad esse si aggiungono altre 3 famiglie di costi, di cui una palese e due “occulte”.
La 2° voce di costi che si vede e si paga in soldi sonanti è quella che rimanda all’imposta di bollo (se e quando dovuta per Legge). Nel caso da noi considerato, ossia un ipotetico capitale liquido di 50mil €, si tratta di 34,20 € annui. Poca cosa? La risposta è soggettiva. Di certo c’è che si tratta di altri soldi che evaporano dal conto senza avere nessun servizio in contropartita.
L’inflazione, invece, è il primo dei due costi “nascosti” che solitamente sfugge agli occhi del risparmiatore meno attento. Non lo sostengo in nessun atto di pagamento vero e proprio, si è soliti pensare, per cui lo posso anche tralasciare.
Peccato siano diffuse simili convinzioni. Nei periodi di inflazione alle stelle si tratta della perdita in assoluto più devastante e capace di fare più danni più dei primi due costi messi assieme. Ad esempio, l’inflazione media annuale del 2023 è stata del 5,7% (dati: Rivaluta), altro che noccioline. Per cui su un ipotetico capitale di 50mila € si tratta di una perdita in termini di potere d’acquisto nell’ordine dei 2.850 €. I soldi, sulla carta, son sempre gli stessi, ma rispetto a ieri valgono meno. Potremmo mai definirla poca cosa?
Tirando le somme, nel 2023 l’aver detenuto 50mila € liquidi può aver comportato fino a 3mila € di perdite tra spese vive e perdite da carovita.

Ecco quanti soldi ha perso nel 2023 chi ha tenuto 50.000 euro liquidi sul conto corrente o libretto

Infine c’è il costo opportunità, la voce di costo meno considerata di tutte in assoluto. Qui si tratta del costo derivante dall’essersi persa un’opportunità di guadagno a rischio non molto distante dalla liquidità pura.
Come esempi potremmo partire citando l’offerta Supersmart a 1 anno per i titolari di libretto postale. Zero spese di gestione, svincolo assicurato anche prima del termine e rendimento già noto a priori. In alternativa potremmo pensare al BOT a 12 mesi di emissione governativa o al conto deposito (libero o comunque svincolabile all’esigenza) di matrice bancaria.
Si tratta di prodotti che lo scorso anno a grandi linee hanno garantito tra il 3 e il 4 % lordo annuo a seconda dei casi. Non sono performance stellari, ma intanto avrebbero consentito di attenuare il complesso delle uscite fisse. Vale a dire di compensare le spese di tenuta conto (incluse quelle da eventuale dossier titoli, se attivo) e da imposta di bollo. Nonché di rosicchiare qualcosina anche alle perdite da inflazione, in misura variabile da caso a caso.
Non è tanto, si dirà, ma è pur sempre un guadagno, un segno più. Nonché, nei casi più fortunati, un fondamentale punto di svolta e di partenza.

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