Ci sono 3 rischi di una profonda instabilità dei mercati a settembre, con tutta l’economia globale pronta a nuove scosse tra riunioni di banche centrali, tensioni geopolitiche e possibili recessioni.
Il mese di settembre potrebbe essere più instabile che mai per l’economia e i mercati mondiali: ci sono almeno 3 motivi di allarme da tenere in considerazione tra eventi internazionali, riunioni di banche centrali e dinamiche geopolitiche.
L’incertezza domina il sentiment, con gli investitori a sperare che questo mese confermi l’allentamento di un apparentemente incessante aumento dei tassi di interesse della Fed (e della Bce?), che significherebbe una tregua sia per le azioni che per le obbligazioni.
Tuttavia, non mancano ostacoli. Settembre si presenta pieno di insidie, tra cui riunioni delle banche centrali, il vertice del G20 con la sorpresa della non presenza di Xi Jinping e le attese per quello che storicamente è considerato il mese peggiore dell’anno per l’S&P 500.
Un mix di almeno 3 allarmi rischia di trascinare mercati ed economia mondiali nell’instabilità.
1. G20 nella tempesta?
Il vertice del G20, che vedrà il suo culmine nei giorni 9-10 settembre, sta già suscitando dubbi e preoccupazioni prima ancora di iniziare.
La decisione di Xi di inviare al vertice il premier Li Qiang deve ancora essere confermata da Pechino, ma solo l’indiscrezione sta destabilizzando il clima.
L’assenza del presidente cinese Xi Jinping, infatti, sarebbe un duro colpo per la presidenza di turno indiana e per lo status del vertice di Nuova Delhi. Inoltre, scuoterebbe la statura dello stesso G20 come principale forum di leadership globale, nel pieno di profonde spaccature tra i suoi membri.
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La notizia fa seguito a mesi di sforzi falliti nei molteplici forum ministeriali del G20 per trovare conclusioni comuni su temi che vanno dall’assistenza sanitaria al cambiamento climatico, a causa dei disaccordi sulla guerra in Ucraina e sulla condivisione degli oneri tra i paesi ricchi e quelli in via di sviluppo.
Alcuni osservatori indiani sono convinti che la Cina voglia rovinare questo evento clou dell’India in un momento di attriti tra le due nazioni sul confine conteso. Il punto è che sarà la prima volta che Xi o qualsiasi presidente cinese salterà un vertice del G20, a testimonianza di una tensione mondiale altissima e di mutamenti nei rapporti geopolitici sempre più evidenti e pericolosi.
Sul Financial Times Josh Lipsky, direttore senior del GeoEconomics Center del Consiglio Atlantico con sede a Washington, ha affermato che l’assenza del presidente “mette in discussione la sostenibilità e il successo a lungo termine del G20...Quando il G20 parla, parla senza l’approvazione della Cina, ad esempio dei negoziati sulla ristrutturazione del debito. Questa è una minaccia esistenziale per il futuro del G20”.
Nei suoi primi due vertici del 2008 e del 2009, tenutisi per dare una risposta coordinata alla crisi finanziaria globale, il G20 era stato acclamato come il principale organismo decisionale internazionale emergente, riflettendo la crescente importanza e il peso economico dei paesi in via di sviluppo guidati da Cina. Oggi, con un atteggiamento del dragone che tende a sminuire il vertice, il messaggio è che il mondo è cambiato e con esso la dimensione stessa della cooperazione mondiale.
Le conseguenze potrebbero farsi sentire per esempio, sulla questione dei debiti. Alcuni progressi compiuti quest’estate sugli accordi sul debito per una serie di economie emergenti in difficoltà o a rischio di default hanno spinto al rialzo i rendimenti da inizio anno dei titoli sovrani di Pakistan, Sri Lanka, Ghana e Zambia.
Questo aspetto potrebbe, durante il vertice del G20 di Delhi, sostenere gli sforzi in corso per affrontare la persistente e dannosa crisi del debito tra i paesi in via di sviluppo.
Le istituzioni multilaterali e i paesi creditori hanno utilizzato la maggior parte degli incontri internazionali per perfezionare l’accordo quadro comune che avrebbe dovuto rendere più rapido e semplice la ripresa dall’emergenza debitoria.
Ma l’assenza del presidente cinese Xi Jinping a Delhi potrebbe gettare un’ombra. Negli ultimi anni la Cina è diventata il maggiore prestatore bilaterale per alcuni paesi in via di sviluppo e la sua riluttanza a fare concessioni maggiori durante gli sforzi di ristrutturazione ha rappresentato un punto critico fondamentale.
2. Europa al test Bce e non solo
La crescita economica dell’Europa è sotto i riflettori e sta diventando un problema. Per questo, la riunione della Bce del 14 settembre è considerata cruciale, per capire se la linea dura del rialzo dei tassi continuerà o vedrà una pausa.
L’Europa sta affrontando l’impatto di una “doppia crisi”, ma la regione può evitare una recessione, ha detto sabato 2 settembre alla CNBC Paolo Gentiloni, Commissario europeo per gli affari economici.
L’impatto geopolitico dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia e il successivo colpo economico al continente europeo soprattutto sul piano energetico hanno segnato i Paesi Ue, che stanno ancora scontando le difficoltà dei mesi scorsi. La Commissione Europea, il braccio esecutivo dell’Ue, pubblicherà l′11 settembre nuove previsioni economiche per l’intera regione. Esse forniranno un’indicazione del quadro di crescita nell’area.
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Tuttavia, i recenti dati economici hanno sollevato preoccupazioni su un rallentamento. Ad esempio, l’attività economica europea si è contratta nel mese di agosto, al livello più basso da novembre 2020.
In questo contesto la Germania sta diventando il malato d’Europa, allertando ancora di più la regione. La nazione sembra essere l’unica grande economia a subire una contrazione quest’anno. Ad agosto l’attività commerciale si è contratta al ritmo più rapido degli ultimi tre anni, la fiducia delle imprese è peggiorata e l’economia ha ristagnato nel secondo trimestre.
La coalizione tedesca ha appena concordato un pacchetto di sgravi fiscali per le imprese da 7 miliardi di euro per dare all’economia quello che il cancelliere Olaf Scholz ha definito un “grande impulso”.
Tuttavia, gli economisti sono scettici e sottolineano che, con un impatto pari ad appena lo 0,2% del Pil, il pacchetto non cambia le regole del gioco e ci sarà bisogno di altri interventi.
3. Terremoto a Wall Street?
Secondo alcuni dati ormai considerati storici, l’S&P 500 tende a registrare la sua peggiore performance mensile nel mese di settembre, con un calo medio dello 0,7%.
Ci sono molti motivi che lasciano presagire una allarmante volatilità. I dati sull’inflazione statunitense del 13 settembre dovrebbero probabilmente supportare la narrazione di un raffreddamento dei prezzi al consumo e di una crescita resiliente che ha sostenuto le azioni per gran parte dell’anno.
Gli investitori esamineranno inoltre attentamente il messaggio del presidente della Fed Jerome Powell dopo la riunione della banca centrale del 20 settembre per capire quanti rialzi ancora ci saranno nell’anno.
Nel frattempo, c’è il rischio di un quarto shutdown del governo federale in un decennio se i legislatori non riescono a raggiungere un accordo entro il 30 settembre, quando i finanziamenti si esauriranno con la fine dell’anno fiscale in corso.
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