Gli effetti a lungo termine del Covid: gli strani sintomi dopo la guarigione

Martino Grassi

24/12/2020

Cosa sappiamo davvero degli effetti a lungo termine del coronavirus? Ecco i sintomi più comuni e strani che possono comparire dopo la guarigione dalla Covid-19.

Gli effetti a lungo termine del Covid: gli strani sintomi dopo la guarigione

Dall’inizio della pandemia scoppiata in Cina abbiamo avuto modo di conoscere sempre di più il nuovo coronavirus che ha messo in ginocchio il mondo intero e adesso si cominciano a comprendere anche quali siano i reali effetti e le conseguenze a lungo termine della nuova infezione polmonare.

Se in un primo momento, quando il virus iniziava a diffondersi, si pensava che la maggior parte dei pazienti si sarebbe ripreso completamente nel giro di poche settimane, adesso appare chiaro che non è così, ma che l’infezione causata dal coronavirus porta con se diversi effetti a lungo termine, molti dei quali anche insoliti e strani.

Gli effetti a lungo termine del coronavirus più comuni: i sintomi

Un report pubblicato dal National Institute for Health Research (NIHR) evidenzia che l’infezione da coronavirus può causare una serie di altre sindromi che possono manifestarsi anche contemporaneamente. La dottoressa Elaine Maxwell, l’autrice principale del rapporto, ha infatti precisato che il coronavirus è in grado di causare fino a 4 diverse sindromi. Ecco quali sono:

  • Gli effetti post terapia intensiva. Secondo quanto riportato dal report, una volta guariti e dimessi dall’ospedale, i pazienti non recuperano completamente le loro funzionalità fisiche, ma è stato notato che molti pazienti, per cui si è resa necessaria la terapia intensiva, hanno difficoltà a sedersi da soli o ad alzare le braccia, altri ancora hanno problemi a parlare o a deglutire. Sono stati riscontrati anche diversi casi di depressione o di disturbo post traumatico da stress.
  • L’affaticamento post virale. Molti pazienti guariti dal coronavirus riportano di sperimentare dolori muscolari, al momento sono in corso degli ulteriori studi per comprendere quanto queste patologie possano cronicizzarsi.
  • I danni agli organi. È stato dimostrato che l’infezione causata dal Sars-CoV-2 può causare dei danni permanenti anche agli organi, come il cuore e i polmoni. Secondo un recente studio, la metà dei pazienti dimessi, dopo sei settimane continuava ad avere affanno. I danni all’apparato cardiaco invece sono stati registrati in circa un terzo dei pazienti. In alcune persone guarite dalla COVID-19 sono stati inoltre riscontrati dei problemi al fegato e alla pelle.
  • I sintomi fluttuanti. Questo è forse il gruppo più controverso. Secondo il rapporto dell’NIHR, diversi pazienti hanno dapprima sperimentato dei sintomi che hanno coinvolto un sistema fisiologico, che si sono poi affievoliti per colpirne un altro. Dall’analisi a lungo termine dei pazienti COVID è stato riscontato che il 70% di loro ha sperimentato delle fluttuazioni nel tipo di sintomi, mente l’89% nella loro intensità

Gli strani effetti a lungo termine del coronavirus

Oltre ai sintomi più comuni alcuni pazienti hanno iniziato a manifestare anche degli effetti a lungo termine insoliti e strani, non facilmente associabili ad un’infezione polmonare. Ecco quali sono:

Cambiamenti mestruali e disfunzione erettile

Uno degli effetti più insoliti legati al coronavirus riguarda l’apparato riproduttore maschile e femminile. Il Patient-Led Research Group ha condotto un’indagine su 640 pazienti affetti da Covid lungo, notando che in più di 200 erano apparsi sintomi come dolore testicolare, problemi urinari e cambiamenti mestruali.

Secondo Louise Newson, medico di medicina generale e specialista in menopausa, il Covid lungo è con molta probabilità “correlato a bassi livelli ormonali (estrogeni e testosterone), che finora sono stati trascurati con la ricerca”. L’estrogeno infatti è un ormone essenziale nella salute delle donne, e avere livelli particolarmente bassi può portare a sterilità, osteoporosi, mancanza di desiderio sessuale e depressione.

Per quanto riguarda gli uomini, diversi studi hanno dimostrato che il testosterone, prodotto nei testicoli, svolge un ruolo importante nei pazienti affetti da coronavirus: la maggior parte dei pazienti uomini affetti dalla Covid-19 aveva bassi livelli di testosterone e alti marcatori infiammatori. Il dottor Hackett ha inoltre aggiunto che l’infezione causata dal Covid sembra avere “un effetto negativo sulle erezioni.

Problemi polmonari

Uno dei sintomi del Covid più comuni, sono senza dubbio i problemi polmonari. Il virus infatti colpisce direttamente i polmoni, riempiendo le sacche di aria d’acqua, e rendendo le pareti polmonari meno elastiche.

Da una nuova ricerca è emerso che la metà delle infezioni asintomatiche da Covid-19 può anche causare danni ai polmoni. A questo studio si aggiunge una precedente indagine condotta su 41 pazienti deceduti, in cui sono stati notati dei cambiamenti strutturali nei polmoni, tra cui la cicatrizzazione del tessuto respiratorio e la fusione di molte cellule più piccole in cellule più grandi. Secondo gli autori, questo modifiche strutturali possono essere spiegate “dalla persistenza di cellule infette e disfunzionali nei polmoni”.

Ancora non si sa per quanto persistono questi sintomi dopo la guarigione, ma uno studio condotto in Cina su pazienti affetti da forme lievi di coronavirus ha mostrato nel 70% dei malati delle ecografie polmonari anomale tre mesi dopo la loro malattia iniziale.

Coagulazione del sangue e problemi cardiovascolari

All’inizio della pandemia sono stati rilevati dei problemi anche nella coagulazione del sangue dei pazienti affetti da coronavirus, grazie a delle segnalazioni di ostruzioni delle macchine per la dialisi e coaguli nelle braccia e nelle gambe dei degenti, rilevati anche a distanza di mesi.

I coaguli, se di grandi dimensioni, possono causare dei danni ai tessuti che possono richiedere anche l’amputazione degli arti, mentre quelli più piccoli possono limitare il flusso di sangue ai polmoni, andando a compromettere il normale scambio di ossigeno. Se invece raggiungono il cuore o il cervello possono essere la causa di ictus o infarti.

In uno studio pubblicato a novembre sulla nota rivista scientifica Science è stata fornite una possibile spiegazione di questo sintomo. I ricercatori hanno infatti rilevato nei pazienti degli autoanticorpi, ossia proteine che difendono l’organismo, e secondo gli scienziati sarebbero proprio loro i responsabili dei coaguli.

Oltre ai problemi di coagulazione, all’interno di uno studio che ha coinvolto 1.216 pazienti è stato notato che la metà di loro presentava anche anomalie cardiache, e uno su sette aveva gravi problemi cardiaci.

Sintomi e problemi al sistema nervoso

Un recente studio ha evidenziato anche che il 40 per cento dei pazienti con Covid-19 ha mostrato una qualche manifestazione neurologica, e più del 30 per cento ha avuto una riduzione delle capacità cognitive. Tra i principali sintomi neurologici a lungo termine troviamo la nebbia cerebrale, stanchezza estrema, difficoltà di memoria a breve termine, mal di testa intenso e formicolio o intorpidimento.

Alcuni pazienti hanno sviluppato una forma di disautonomia, ossia un disturbo del sistema nervoso autonomo che può essere scatenato da infezioni virali. Un recente studio infatti ha sottolineato come la SARS-CoV-2 possa effettivamente attraversare la barriera emato-encefalica, uno strato di cellule specializzate che proteggono il cervello e danneggiare direttamente il sistema nervoso.Le neuro-infiammazioni inoltre possono causare cambiamenti emotivi e comportamentali come stanchezza, ansia estrema e sfoghi emotivi. È infatti ormai risaputo che il coronavirus possa causare anche disturbi depressivi e irrequietezza.

I pazienti maggiormente colpiti dagli effetti a lungo termine

Si stima che almeno il 10% dei pazienti guariti dal coronavirus abbia sperimento altri sintomi per circa 3 settimane, mentre un paziente su 50 per circa 3 mesi. Tendenzialmente tutte le persone appartenenti a qualsiasi età sono a rischio, ma quelle più colpite sembrano essere le donne e le persone anziane. Il Prof Tim Spector, professore di epidemiologia genetica al King’s College di Londra, ha infatti precisato che: “Sopra i 18 anni, il rischio di sintomi che durano più di un mese sembra generalmente aumentare con l’età”.

Nei pazienti anziani gli effetti a lungo termine del coronavirus, sembra abbiano trovato un terreno fertile, come ha detto la professoressa Karen Spilsbury, cattedra di ricerca infermieristica presso l’Università di Leeds: “Quello che abbiamo sentito dal personale di prima linea è che c’è un gruppo di pazienti che forse sembravano in convalescenza e poi hanno avuto una ricaduta. In particolare sembra che l’infezione polmonare abbia accelerato il declino cognitivo nei pazienti già affetti da demenza.

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