La presidente della Commissione costretta ad attaccare Mosca per occultare la totale assenza di strategia energetica. E il mercato reagisce. Mentre Berlino prende atto del flop del primo salvataggio
Alzi la mano chi, alla fine del discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato questa mattina da Ursula Von der Leyen, ha capito quale sia la strategia europea per contrastare il caro-energia? Non a caso, ad Amsterdam i futures sul Dutch hanno ricominciato a puntare verso l’alto, chiudendo la giornata di contrattazioni a 222 euro MWh. Insomma, un fallimento totale.
In effetti, annunciato. Perché il clima in cui la plenaria di Strasburgo si è riunita era quello del disarmo unilaterale per sfinimento da promesse mancate. Quando la presidenza di turno dell’Ue ammette candidamente che il price cap sul gas naturale sia da considerarsi un capitolo archiviato, a tal punto da vedere proprio il governo ceco imporre un tetto al prezzo a livello nazionale, già trovarsi di fronte al microfono appare sforzo improbo. Comunicare qualcosa di concreto, impossibile.
Non a caso, Ursula Von der Leyen pare aver puntato tutto sull’effetto scenico del look, sfoggiando un’abbinata giallo-blu in onore dell’Ucraina da far invidia a un ultras dell’Hellas Verona in trasferta. Peccato che, parafrasando un cult degli anni Ottanta, sotto il vestito niente. Se non la versione energetica del piano Trichet, ovvero un wishful thinking declinato in veicolo basato sulla leva che dovrebbe garantire fino a 140 miliardi dal tetto agli extra-profitti imposto alle aziende energetiche. Insomma, da un tetto all’altro, sperando in miglior fortuna. Ma stante il recente esempio italiano, il mercato pare aver tratto immediatamente le sue conclusioni.
In compenso, la presidente della Commissione Ue ha dato vita a un’intemerata anti-russa di primissimo livello, confermando il mantenimento del regime sanzionatorio, ammettendo per la prima volta l’ineluttabilità di un inverno complicato da affrontare ma anche lanciandosi una versione istituzionale di Joan Baez, sottolineando come alla fine l’Europa prevarrà nella lotta contro la dipendenza energetica da Mosca, di fatto già crollata.
Il problema è che a non crollare è stato il prezzo del gas ad Amsterdam, dopo giorni di narrativa in base alla quale la controffensiva dell’esercito ucraino aveva sconfitto non solo i russi ma anche la speculazione. E’ bastato il comizio di Strasburgo per far cambiare direzione al vento e ai futures, poiché se politici, media e parte dell’opinione pubblica possono essere abbindolati, chi investe e mette denaro sul tavolo guarda alla concretezza. La grande assente.
Ma se è un crollo ciò che si stava cercando, ecco che in dantesca contemporanea da contrappasso, proprio da quella Germania patria natia di Ursula Von der Leyen arrivava questa notizia:
Germany weighs nationalising Uniper as energy crisis worsens - Bloomberg News https://t.co/vZNnNUO5Dq pic.twitter.com/qKJjAZIgOQ
— Reuters (@Reuters) September 14, 2022
dopo un primo salvataggio da oltre 10 miliardi di euro fra linee di credito e garanzie statali, il governo tedesco ha ufficialmente reso nota la pressoché certa possibilità di salire oltre il 50% dell’azionariato di Uniper (dall’attuale 30%), la principale utility energetica del Paese salvata sul filo di lana da un’insolvenza da margin call in stile Lehman solo un mese e mezzo fa.
Ma non basta. Perché se a rendere urgente e inderogabile l’aumento del pacchetto statale è stata la nuova richiesta di altri 4 miliardi avanzata solo la scorsa settimana dal consiglio di sorveglianza dell’azienda, proprio l’assenza di una strategia a livello europeo che garantisca un backstop alla corsa dei prezzi energetici ha costretto Berlino ad ammettere la possibilità di andare oltre, arrivando a una nazionalizzazione tout court di Uniper.
Nazionalizzare l’azienda è l’unica soluzione rimasta. Le risorse di capitale di Uniper sono ormai agli sgoccioli, quindi matematicamente parlando non c’è proprio altro da fare, ha dichiarato alla Reuters una fonte a conoscenza dei dettagli sotto anonimato. E se questo grafico
mostra come il titolo di Uniper abbia segnato un -12% alla diffusione della notizia, la giornata di contrattazioni è terminata anche peggio con un -18,3% che ha portato la capitalizzazione a soli 1,44 miliardi. Dopo oltre 10 di salvataggio e altri 4 di linee di garanzia de facto già prezzate dagli investitori come concesse dalle Finanze.
La ragione? Semplice: proprio il crollo della dipendenza dal gas russo rivendicato da Ursula Von der Leyen come una vittoria da festeggiare. Per ora però, apparentemente solo di Pirro. Poiché Uniper ha bruciato quasi tutto il nuovo capitale in poco più di un mese per approvvigionarsi da altre fonti sullo spot market che fa riferimento ad Amsterdam.
E se lo Stato non dovesse intervenire, l’insolvenza sarebbe garantita e l’erogazione di energia per aziende e imprese a rischio pressoché immediato, poiché si comincerebbero a utilizzare gli stoccaggi. E i futures volerebbero di nuovo a 300 euro in un battito d’ali, stante il carattere energivoro dell’industria teutonica. Insomma, provaci ancora Ursula. O anche no, magari.
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