La crisi di governo che si è aperta con le dimissioni di Draghi potrebbe concludersi con un voto anticipato o con una ricucitura. Ma quando si tornerebbe al voto? Gli scenari e le date possibili.
Come finirà la crisi di governo è ancora presto per capirlo. La partita è aperta e molto dipenderà dalla volontà del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che dovrà scegliere se confermare o meno le sue dimissioni. La certezza sull’esito della crisi di governo si avrà solamente mercoledì 20 luglio, quando Draghi riferirà alle Camere.
Al momento l’ipotesi più probabile sembra che la crisi non rientri. A quel punto si aprirebbero diversi scenari, ma quello indubbiamente più probabile è il ritorno al voto con elezioni anticipate. Non l’unica strada percorribile comunque. Ma quando si voterebbe in caso di crisi di governo confermata? E quali sono tutte le possibili date del voto - anticipato e non - considerando ogni possibile scenario? Entriamo nel dettaglio.
Crisi di governo, quando si voterebbe: le date delle elezioni anticipate
Se Draghi dovesse confermare le sue dimissioni e non dovesse nascere alcun nuovo governo, allora si potrebbe andare al voto potenzialmente già il 25 settembre. Infatti tra la data di scioglimento delle Camere (in caso di procedure veloci potrebbe avvenire già il 20 luglio) e le elezioni deve passare un minimo di 60 e un massimo di 70 giorni.
Proprio la data del 25 settembre è quella citata dal segretario del Pd, Enrico Letta, che si dice sicuro che in caso di conferma delle dimissioni di Draghi si andrebbe al voto in quel giorno. Un’altra data che circola è quella del 2 ottobre, esattamente una settimana dopo. Data ancora più probabile soprattutto nel caso in cui la crisi di governo non si risolva già il 20 luglio, ma ci si prenda altro tempo con consultazioni o altre riflessioni prima dello scioglimento delle Camere.
Quando si andrebbe al voto senza crisi
Se, invece, si dovesse andare avanti con il governo Draghi con il ritiro delle dimissioni, allora l’esecutivo si dovrebbe impegnare in un percorso di nove mesi per completare le riforme, come detto da Letta. Vorrebbe dire arrivare alla fine naturale della legislatura, a marzo 2023. Se la crisi dovesse rientrare, quindi, si tornerebbe al voto per le elezioni politiche probabilmente tra marzo e maggio. Per decidere la data precisa ci saranno alcune variabili da considerare, come l’ipotesi di una nuova legge elettorale che potrebbe richiedere qualche tempo in più, soprattutto per la parte tecnica di riscrittura delle circoscrizioni. Si potrebbe perciò arrivare anche a maggio.
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Le altre date possibili per le elezioni anticipate
C’è poi un’altra possibilità ancora da considerare, per quanto sia al momento quella ritenuta più improbabile. In caso di conferma delle dimissioni di Draghi, si potrebbe provare a intraprendere la strada - difficilmente gradita ai più però - di un nuovo esecutivo con un altro presidente del Consiglio. C’è comunque una possibilità, per quanto marginale, che questo avvenga.
Si potrebbe trattare di un governo di scopo, magari chiesto dal capo dello Stato. Con un traghettatore - uno dei nomi che circolano è quello del ministro dell’Economia, Daniele Franco - che avrebbe il compito di affrontare con urgenza la crisi energetica, l’inflazione, le misure per tagliare il cuneo fiscale e alzare gli stipendi.
E, soprattutto, potrebbe trattarsi di un governo chiamato a varare la legge di Bilancio, per evitare il caos dopo le elezioni a settembre-ottobre - non a caso in Italia non si è mai votato in autunno per le politiche - e il rischio di un esercizio provvisorio. Se si dovesse davvero pensare a un esecutivo di scopo, l’eventuale nuovo governo si potrebbe subito mettere al lavoro sulla manovra, per poi arrivare al voto in Parlamento il più presto possibile e procedere allo scioglimento delle Camere dopo il via libera definitivo.
Messa in sicurezza la legge di Bilancio si potrebbe quindi stabilire la data del voto. Anticipato, sì, anche se di poco. Se si dovesse chiudere questa procedura tra novembre e dicembre si potrebbe tornare al voto tra gennaio e febbraio, anticipando leggermente i tempi della fine naturale della legislatura.
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