Esercizio abusivo della professione, ecco cos’è, quando ricorre e quali sono i rischi: la guida rapida

Claudio Garau

4 Settembre 2023 - 12:30

L’esercizio abusivo della professione costituisce un vero e proprio reato, caratterizzato da pene severe. Ecco quando sussiste, quali sono i pericoli e come difendersi.

Esercizio abusivo della professione, ecco cos’è, quando ricorre e quali sono i rischi: la guida rapida

Quando un privato cittadino si rivolge - ad esempio - ad un medico per una prestazione di carattere sanitario, o ad un avvocato per una prestazione di ambito legale, ragionevolmente si aspetta che quel professionista abbia tutti i requisiti che servono a svolgere con diligenza, competenza ed efficacia il proprio lavoro. Tuttavia i casi di cronaca ci indicano che non sempre così: c’è chi finge di avere una laurea che in realtà non ha mai conseguito, con tanto di diploma falso esposto nello studio, come pure c’è chi racconta di aver superato un esame di abilitazione - in realtà mai passato.

Ebbene contro casi come questi esistono regole di legge precise, che prevedono pene anche piuttosto gravi - come la prigione e la confisca dei beni utilizzati per l’esercizio abusivo della professione. Di seguito proprio di quest’ultima parleremo e vedremo in che modo il legislatore protegge il privato cittadino che, affidandosi a chi millanta titolo e competenze, può andare incontro a danni patrimoniali e/o alla salute anche piuttosto rilevanti. I dettagli.

Cos’è l’esercizio abusivo della professione?

Come facilmente intuibile, l’esercizio abusivo di una professione consiste nello svolgimento di una certa attività di lavoro, senza averne in precedenza conseguito i relativi requisiti - ovvero:

  • il titolo di studio apposito;
  • il superamento dell’esame di Stato, per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione.

Il titolo abilitativo o abilitazione professionale si fondano su questi due requisiti e, talvolta, anche su un previo svolgimento del cd. tirocinio professionale. Conseguentemente chi intende svolgere la professione in piena adesione alla legge, non potrà aggirarli fingendo ad esempio di aver ottenuto un diploma di laurea magistrale - in realtà mai conseguito.

Il reato dell’abuso della professione e la finalità di tutela

La legge è molto precisa nel colpire chi si spaccia ad es. per avvocato, architetto, medico, commercialista o ingegnere, senza averne gli effettivi requisiti. In particolare, l’abuso della professione, nel nostro ordinamento, è da intendersi un illecito penale, e dunque un reato.

Norma di riferimento è l’art. 348 del Codice Penale, la quale protegge l’interesse pubblico in modo che alcune attività delicate, socialmente importanti e per cui sono necessarie adeguate qualità morali e competenze professionali, siano svolte soltanto da chi rispetti i requisiti previsti dalla legge e sia perciò specializzato nell’ambito.

Ma come accennato sopra, il reato dell’esercizio abusivo della professione tutela anche i cittadini privati che si affidano a sedicenti professionisti e a persone che lucrano ingiustamente, ingannando i propri clienti.

Da notare che questo reato scatta anche in caso di mancata iscrizione presso il corrispondente albo professionale.

Le sanzioni previste dalla legge

Lo stesso art. 348 del Codice Penale indica in particolare che chi chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con:

  • la reclusione da sei mesi a tre anni;
  • con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.

Come si può agevolmente notare sia la pena detentiva che quella pecuniaria non sono affatto lievi, ma ciò ben si comprende alla luce del bene che il legislatore ha inteso tutelare, prevedendo questo reato. Pene detentive più gravi sono peraltro previste per chi istiga altri alla commissione di questo reato - magari per averne un tornaconto personale - e per chi dirige e coordina l’attività di soggetti non abilitati alla professione. Basti pensare al caso del medico che dia direttive al proprio staff di specializzandi o all’avvocato che spinga tirocinanti a compiere attività riservate a chi è iscritto all’albo e dunque avvocato a tutti gli effetti.

La legge dispone altresì una serie di sanzioni accessorie, che hanno una finalità specificatamente deterrente rispetto alla commissione o alla ripetizione dello stesso reato dell’esercizio abusivo della professione. Vediamole in elenco:

  • la pubblicazione della sentenza, che quindi potenzialmente può essere nota a tutti;
  • la confisca delle cose che furono utilizzate o destinate a compiere il reato dell’esercizio abusivo della professione;
  • la trasmissione della stessa sentenza al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione della pena dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività esercitata, il cui esercizio viene così vietato (nelle circostanze in cui il soggetto che ha compiuto il reato svolga regolarmente una professione o attività).

Quando non sussiste il reato?

Abbiamo detto che l’esercizio abusivo della professione riguarda quelle attività per le quali è richiesta una speciale abilitazione dello Stato e questo - in concreto - ci permette di fare una importante distinzione:

  • in base alla legge italiana, non ogni esercizio abusivo di un mestiere è un reato,
  • ma soltanto quello che attiene a professioni per cui è necessario uno specifico titolo abilitativo.

Gli esempi sono quelli classici, ovvero del notaio, dell’ingegnere, del commercialista, dell’avvocato e così via: tutte figure accomunate dall’obbligo di laurearsi nel campo e superare l’esame di Stato.

Mentre per quanto riguarda altre professioni anche molto conosciute, quali quelle ad es. dell’idraulico o dell’elettricista, l’abuso non ricorre perché - per detti mestieri - attualmente non sono previsti titoli ad hoc, esami o iscrizioni ad albi professionali.

Come tutelarsi: la denuncia

L’esercizio abusivo di una professione è un reato procedibile d’ufficio. Che cosa significa in pratica? Ebbene, è molto semplice: chiunque può rendere noto questo illecito alle forze dell’ordine, che si adopereranno per fare piena luce sui fatti nelle indagini preliminari.

Pertanto potrà segnalare l’illecito penale in oggetto anche colui che non ha avuto direttamente a che fare con l’autore del reato dell’esercizio abusivo della professione, e non soltanto chi - involontariamente - è capitato nelle mani di un professionista senza le carte in regola.

Si tratta ad es. del caso del dentista regolarmente iscritto all’albo, che ha subito la concorrenza sleale di un finto professionista, che ha aperto uno studio nelle vicinanze: messo al corrente della situazione, avrà tutto l’interesse a denunciare quest’ultimo.

Essendo reato procedibile d’ufficio, inoltre, non ci saranno limiti di tempo per poter sporgere la denuncia (fatta salva la prescrizione).

Chi può chiedere il risarcimento danni?

Sono i giudici ad aver chiarito chi può chiedere il risarcimento danni per esercizio abusivo della professione e, proprio per questo, distinguiamo come segue:

  • può costituirsi parte civile nel processo penale per questo reato soltanto il Consiglio dell’Ordine - o altro organo rappresentativo della categoria - la cui immagine è stata danneggiata dal finto professionista. L’organo potrà così chiedere il risarcimento per danno d’immagine;
  • il privato cittadino, invece, può chiedere i danni per essersi recato dal falso professionista soltanto se sussiste un danno effettivo e concreto - e non per il mero fatto di essersi rivolto a chi non aveva titolo e competenza per svolgere la professione. Si tratta ad es. del caso di chi affidandosi ad un finto avvocato, ha perso la causa per le sviste e le imprecisioni di chi infatti non è abilitato a questo lavoro.

Il sedicente professionista ha diritto ad essere pagato?

La legge è molto chiara anche in proposito: al di là del danno in concreto patito per l’esercizio abusivo della professione, il professionista che si finge tale non ha diritto a essere ricompensato. Infatti nel caso in cui l’esercizio di un’attività professionale sia sottoposto alla condizione dell’iscrizione in un albo o elenco, la prestazione svolta da chi non è iscritto non consente mai di chiedere - ed ottenere - in giudizio il versamento del corrispettivo. E ciò vuol dire che il sedicente professionista, se ha ricevuto del denaro dal cliente vittima del reato, dovrà riconsegnarlo a quest’ultimo.

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