Riciclare tutto il possibile, intervenire nei Paesi in emergenza idrica e investire massivamente nelle nuove tecnologie: è questa la strategia di Google per avere successo nella transizione ecologica
Essere una delle tech company più importanti e riconoscibili del mondo non è un privilegio che tocca a chiunque, ma se si ha la fortuna di esserlo, si hanno delle grandi responsabilità. Lo sa bene Google, che oggi è una delle principali aziende di tecnologia a livello mondiale; che della responsabilità ambientale, sociale ed etica, ha fatto uno dei suoi punti cardine, come evidenziato all’interno dell’Environmental Report 2021.
Cosa fa Google per ridurre le emissioni di carbonio
In ambito ESG, la storia del brand parla da sé, leggendo il report sulla sostenibilità annuale è possibile apprendere quanto l’azienda guidata da Sundar Pichai abbia fatto fino a oggi. Per coloro che non sono familiari, Google ha raggiunto la carbon neutrality delle sue operazioni nel 2007, quando ancora molte aziende, oggi competitor sue competitor, non erano ancora nate.
Il secondo step importante dell’azienda di Mountain View è stato raggiunto nel 2017, quando è riuscita a soddisfare tutto il suo bisogno di energia annuale utilizzando solamente energie rinnovabili.
Nel 2020 l’azienda è riuscita, attraverso azioni di compensazione, a porre rimedio alla propria carbon footprint, diventando la prima azienda nella storia a raggiungere questo risultato.
Entro il 2030, infine, l’obiettivo di Google è quello di diventare completamente carbon-free.
Il piano dell’azienda in materia ESG è divisibile in tre pilastri fondamentali: lavorare per diventare completamente carbon-free, accelerare il progresso verso l’economia circolare e ridurre il consumo e lo spreco idrico, cercando di rifornire i luoghi a rischio.
La volontà dell’azienda è chiara: non solo è necessario lavorare al fine di implementare politiche ESG efficaci, ma non bisogna permettere a quelle contrarie a questa filosofia di essere accostate a Google.
Per far ciò l’azienda ha stabilito che qualsiasi contenuto che nega o mette in dubbio l’esistenza del cambiamento climatico verrà eliminato o de-monetizzato.
Da ottobre 2021, inoltre, l’azienda ha deciso di quotarsi in ambito ESG, così da rendere ancora più trasparente il proprio comportamento in ambito ambientale ed etico-sociale.
Gli obiettivi che Google si è imposta sono audaci, è impossibile negarlo, ma è anche vero che, vista la capacità di mantenere fede alla parola data, è possibile accordare all’azienda la fiducia che negli anni si è guadagnata.
In ambito di emissioni di carbonio, l’azienda ha affermato di voler distribuire 5,75 miliardi di sustainability bond e di voler rendere disponibili altri 5 GW di energia carbon-free nei Paesi manifatturieri entro il 2030.
Ma gli obiettivi non si fermano certamente qui: infatti, Google ha deciso di adempiere al suo ruolo nella società contribuendo ad aiutare 500 città a ridurre di un gigatone ogni anno le loro emissioni di carbonio dal 2030 in avanti.
Ha infine lanciato Impact Challenge on Climate, un progetto che mette in palio 10 milioni di euro per finanziare idee audaci che mirano a utilizzare la tecnologia per accelerare il progresso dell’Europa verso un futuro più verde e più resiliente.
Le organizzazioni selezionate possono ricevere fino a 2 milioni di euro in finanziamenti e un possibile supporto post-sovvenzione personalizzato da Google for Startups Accelerator e Google.org Fellowship per aiutare a dare vita alle loro idee.
Cosa fa Google per implementare l’economia circolare
L’economia circolare per Google non è una semplice sfida, è una priorità assoluta. Secondo uno studio, l’utilizzo dei materiali rari cresce a una velocità molto più alta di quella della popolazione. Per avere materiali rari a sufficienza, dal 2018, non basterebbe più un solo pianeta Terra, ma ne servirebbero 1,7.
Dal momento che le persone non sembrano essere disposte a ridurre l’utilizzo di oggetti che richiedono l’uso di materiali rari, è necessario creare un’economia non basata solo sull’uso ma anche sul riciclo.
Il piano di Google in questo frangente è chiaro: creare prodotti che è possibile riciclare e cercare di allungare al massimo la loro vita. Uno degli ambiti più importanti in cui questa filosofia è stata applicata al riciclo e al riutilizzo della plastica, l’azienda afferma infatti che entro il 2025, almeno il 50% della plastica per i prodotti hardware proverrà da materiale riciclato.
Quando non è possibile trovare nuovi utilizzi per le apparecchiature, i dati presenti al loro interno vengono cancellati e successivamente rivendute. Nel 2017, questa strategia ha portato l’azienda a vendere circa 2.1 milioni di prodotti sul mercato secondario.
In prospettiva Google ha definito tre ambiti in cui è necessario continuare a lavorare per rendere l’economia aziendale sempre più circolare. Questi sono gli uffici, i prodotti elettronici e i data center, ognuno di questi in modo diverso necessita di essere reso più efficiente e più duraturo nel tempo laddove possibile. Per fare ciò Google è chiamata a studiare come le risorse fluiscano all’interno di questi ambienti, con l’obiettivo di poterle rendere riutilizzabili.
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Come Google gestisce l’impatto idrico
Google è pienamente consapevole dell’importanza dell’acqua. E’ per questo che l’azienda di Mountain View ha accettato una sfida di importanza centrale: rimettere in circolo più acqua di quanta ne consuma, specialmente nelle zone a rischio, entro il 2030. Non solo, in termini pratici Google ha affermato di voler rimettere in circolo il 120% dell’acqua consumata, lavorando per preservare gli ecosistemi e migliorando la qualità dell’acqua negli ambienti in cui opera.
Fino ad oggi, uno dei progetti più importanti dell’azienda nell’ambito della water security è il progetto legato alle tribù indiane del fiume Colorado.
Nel 2021, Google è entrata a far parte di uno dei più grandi sforzi multi-settoriali di risposta alla siccità mai formati. Questo sforzo, realizzato grazie a una coalizione di imprese, organizzazioni non profit, governo, e le tribù dei nativi americani, ha stanziato un totale di 38 milioni di dollari per un programma triennale di conservazione di acqua in Arizona.
Un altro progetto nell’ambito dello water management è quello sul bacino di ritenzione di Charleston. Insieme ai suoi partner, Google ha rimosso 134 posti auto, creando un’oasi e una pianura alluvionale restaurata.
Il bacino comprende dei boschi di salici, che sostengono gli habitat delle zone umide; gli uccelli, anche durante le estati calde; i fiori selvatici; i boschi di pioppi e le querce. La fase 1 del bacino di ritenzione di Charleston è stata completata nel 2017, aggiungendo circa 5,9 acri di habitat paludoso e 1.800 alberi autoctoni.
Questo progetto sta migliorando il controllo delle alluvioni e la gestione delle acque piovane, fornendo un maggior numero di habitat per la fauna locale e arricchendo le esperienze naturali per la popolazione locale.
Guardando al futuro, Google si dice pronta e disposta ad aiutare attori statali e non nella battaglia per rendere l’accesso all’acqua sempre più una cosa per tutti, e non un privilegio.
Per far ciò uno strumento fondamentale creato dall’azienda è Freshwater Ecosystem Explorer, un’applicazione che consente di visualizzare lo stato delle superfici idriche per capirne l’andamento.
In linea generica l’azienda si impegna a rendere sempre maggiormente disponibili fonti d’acqua potabile per il maggior numero di persone, considerando che ancora oggi, il 25% della popolazione mondiale vive in Paesi che hanno difficoltà a fornire l’acqua ai propri cittadini.
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