Il futuro dell’economia europea è minacciato da 3 shock: perché il vecchio continente rischia una crisi multipla a causa di fattori interni ed esterni avversi?
Mentre l’Europa archivia - con cautela - la crisi energetica e spera in una ripresa più solida, il futuro potrebbe ancora essere turbato da almeno 3 shock.
L’introduzione delle regole di spesa riformate in Ue e la fine del Recovery Plan tra due anni potrebbero lasciare un buco nero nei bilanci dei Paesi altamente indebitati (tra i quali c’è l’Italia). Non solo, onde d’urto per il sistema economico europeo sono attese dall’esterno, con la ripresa cinese e la potenziale elezione di Trump a turbare il raggiungimento di un fragile equilibrio nel vecchio continente.
Il contesto regionale e mondiale in continuo mutamento sembra inoltre segnalare più allarmi che svolte per il futuro europeo: dalla crisi demografica alle guerre in Ucraina e in Medio Oriente fino alle sfide della transizione energetica e dell’innovazione tecnologica, le questioni calde per l’Europa sono molte.
Analisti ed esperti hanno intanto individuato 3 potenziali shock che possono colpire l’Europa nei prossimi mesi e anni.
1. Shock investimenti
Il 2026 potrebbe rappresentare un momento decisivo per l’economia europea e i motivi sono tutti interni all’Ue, nello specifico riguardano le nuove norme fiscali e le risorse comunitarie per gli investimenti.
Come fa notare Gregorio Sorgi su Politico.eu, gli economisti hanno individuato i rischi legati alla fine dei finanziamenti post-pandemia nel 2026 (si tratta dei prestiti che in Italia stanno finanziando il Pnrr). Allo stesso tempo, i Governi dovranno continuare a investire in progetti verdi e digitali senza questo specifico flusso di risorse da Bruxelles.
È probabile che i Paesi con grandi debiti sopportino il peso maggiore dello shock e gli analisti avvertono che le economie potrebbero essere colpite duramente dal cambiamento di scenario, con un effetto a catena sulla politica.
Da ricordare, infatti, che al momento, gli Stati membrri fanno affidamento su una serie di programmi di sostegno ed esenzioni dell’Ue volti ad attenuare il colpo finanziario della pandemia di Covid-19, tra cui il Recovery and Resilience Facility (RRF), che ha visto l’Unione emettere debito congiunto per il prima volta. Questi soldi sono attualmente un’ancora di salvezza per i Paesi con il debito maggiore (Italia in primis).
L’Ue sta investendo miliardi di euro in progetti verdi e digitali attraverso questo fondo dedicato – del valore di oltre 700 miliardi di euro – che si esaurirà tra meno di 2 anni.
Allo stesso modo, il congelamento della Commissione sulle rigide regole sui sussidi pubblici noti come aiuti di stato – che danno ai Paesi più ricchi un pass gratuito per sostenere le loro industrie strategiche – scadrà l’anno prima. Anche se ciò non inciderà sui bilanci nazionali, limiterà il margine di manovra dei Governi.
“C’è il rischio che se non investiamo abbastanza ci ritroveremo nel decennio perduto degli anni 2010”, ha affermato Nils Redeker del think tank Jacques Delors Institute.
2. Shock Cina
L’Europa si trova ad affrontare un’ondata di importazioni a basso costo dalla Cina che, se da un lato avvantaggiano i consumatori, dall’altro potrebbero danneggiare i produttori e aumentare i conflitti sociali e industriali. Il dragone è da sempre osservato speciale, ma in questo delicato momento storico per il vecchio continente lo è ancora di più.
Secondo un’analisi dell’Economist, di fronte a un rallentamento deflazionistico, il governo cinese dovrebbe stimolare i miseri consumi delle famiglie del Paese, che potrebbero sostituire gli investimenti immobiliari come fonte di domanda.
Il presidente Xi Jinping sta invece utilizzando i sussidi per potenziare il settore manifatturiero cinese, che già rappresenta circa un terzo della produzione globale di beni. Fa affidamento sui consumatori stranieri per sostenere la crescita.
L’attenzione della Cina è rivolta ai beni green, in particolare ai veicoli elettrici, per i quali la sua quota di mercato globale potrebbe raddoppiare, fino a un terzo, entro il 2030. Ciò metterebbe fine al dominio dei campioni nazionali europei come Volkswagen e Stellantis. Dalle turbine eoliche alle attrezzature ferroviarie, i produttori europei guardano nervosamente verso Est.
L’Ue ha già avviato un’indagine sui sussidi cinesi alle auto elettriche che ostacolerebbero il mercato. Tuttavia, ricorda l’Economist, le importazioni a basso costo dalla Cina renderanno più semplice la transizione verso l’energia verde e forniranno sollievo ai consumatori che hanno sofferto durante la crisi energetica.
3. Shock Trump
Le elezioni Usa sono un altro campo minato per l’Europa e il suo futuro economico, soprattutto perché Trump potrebbe vincere.
L’ultima volta che è stato in carica, Trump ha imposto dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, includendo anche quelle dall’Europa, portando l’Ue a reagire contro motociclette e whisky fino a quando non è stata raggiunta una difficile tregua sotto il presidente Joe Biden nel 2021. Oggi Trump minaccia un 10% tariffa globale su tutte le importazioni e i suoi consiglieri parlano di andare oltre.
Un altro round della guerra commerciale minaccia gli esportatori europei, che nel 2023 hanno registrato vendite per 500 miliardi di euro in America. Trump è ossessionato dalle bilance commerciali bilaterali, il che significa che i 20 (su 27) Stati membri dell’Ue con un commercio di beni surplus sono obiettivi naturali. Il suo team è inoltre offeso dalle imposte digitali europee, dalla carbon border tax e dalle imposte sul valore aggiunto.
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