La crisi economica si accentua in Europa e a dimostrarlo sono 2 dati importanti: il Pil dell’Eurozona e la produzione industriale tedesca. Cosa hanno svelato e perché c’è pessimismo.
Ci sono 2 nuovi dati a confermare che l’Europa sta attraversando un periodo di crisi dagli esiti incerti.
Innanzitutto, l’economia dell’Eurozona è cresciuta a malapena nel secondo trimestre poiché i nuovi numeri che mostrano una performance deludente per le esportazioni hanno costretto una revisione al ribasso dei dati di crescita complessiva per la regione.
In più, in Germania è emerso che un forte calo nel settore automobilistico ha alimentato una profonda recessione nell’industria tedesca, con la produzione in calo per il terzo mese consecutivo a luglio, intensificando la pressione sul governo affinché faccia di più per far uscire l’economia dalla depressione.
Il quadro negativo in Europa si può riassumere in due numeri: +0,1% e -0,8%. Cosa significano questi dati e cosa aspettarsi sulla ripresa.
Dove va l’Europa con un Pil a +0,1%?
L’ufficio statistico dell’Ue ha tagliato la sua stima ufficiale per la crescita dell’Eurozona nel secondo trimestre dallo 0,3% allo 0,1%. La mossa fa seguito alla riduzione delle stime di crescita da parte di Italia, Irlanda e Austria e significa che la regione è ulteriormente in ritardo rispetto agli Stati Uniti, il cui prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,6% nel trimestre.
Con questi dati, le premesse non sono buone e il resto dell’anno appare cupo, con i numeri Pmi che segnalano un’attività del settore privato in contrazione e i sondaggi che indicano un’ulteriore espansione anemica.
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La prospettiva di crescita dello 0,9% della Bce per l’anno potrebbe quindi essere spostata al ribasso nelle nuove previsioni previste per il 14 settembre.
I dati confermano come la debolezza della domanda globale guidata dalla Cina stia colpendo gli esportatori in modo talmente grave da pesare sull’intera regione.
Sia la Germania, la maggiore economia dell’Eurozona, che l’Italia, la terza più grande, stanno attualmente attraversando una probabile recessione nel settore manifatturiero.
L’industria della Germania affonda
La giornata del 7 settembre ha visto anche l’aggiornamento della produzione industriale della Germania.
Il calo dello 0,8% su base mensile riportato dall’ufficio statistico tedesco ha superato quello dello 0,5% previsto dagli economisti in un sondaggio Reuters. Il crollo sarebbe stato ancora più profondo senza una ripresa della produzione energetica ed edilizia a luglio. La produzione nel settore automobilistico tedesco, invece, è scesa del 9%.
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Ralph Solveen, economista della Commerzbank, ha affermato sul Financial Times che la continua diminuzione della produzione industriale ha colpito “tutti i gruppi manifatturieri”, indicando che probabilmente continuerà “a contribuire alla contrazione dell’economia tedesca nella seconda metà dell’anno”.
“La produzione industriale tedesca continua a crollare e anche i pessimisti più irriducibili si spaventano”, ha affermato Carsten Brzeski, economista della banca olandese ING, che ha calcolato che l’industria in Germania è ancora del 7% inferiore ai livelli pre-pandemia.
In questo contesto, crescono i timori che i gruppi industriali tedeschi spostino la produzione all’estero. BASF, la principale azienda chimica del Paese, ha scelto di costruire un nuovo impianto petrolchimico da 10 miliardi di euro in Cina e sta ridimensionando la sua vasta sede sulle rive del Reno a Ludwigshafen.
La Camera di Commercio e dell’Industria tedesca ha recentemente scoperto che il 32% delle aziende intervistate preferisce gli investimenti all’estero rispetto all’espansione interna.
Inoltre, Destatis, l’agenzia federale di statistica, ha affermato che il calo su base annua della produzione industriale a luglio è stato del 2,1%. I settori più energivori, come quello chimico, dei metalli e del vetro, hanno subito un ribasso maggiore dell’11,4% su base annua.
I produttori tedeschi stanno smaltendo gli ordini arretrati, che sono comunque in diminuzione. I nuovi ordini sono scesi del 10,7% a luglio rispetto al mese precedente, il calo più grande dal primo blocco pandemico che ha sancito la chiusura di molte fabbriche nell’aprile 2020.
Infine, a frenare molte aziende tedesche è la carenza di manodopera. Un sondaggio effettuato il mese scorso dall’Istituto Ifo su 9.000 imprese ha rilevato che il 43,1% delle aziende ha segnalato una mancanza di lavoratori qualificati, in aumento rispetto al mese precedente.
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