L’Europa condannata a una crescita pari a zero? Perché il voto di giugno è cruciale e una svolta verso l’estrema destra bloccherà lo sviluppo dell’Ue? Una riflessione.
L’onda dell’estrema destra sta per stravolgere l’Europa? A quanto pare sì. E gli effetti sulla crisi economica già in corso saranno chiari (e peggiorativi dell’attuale situazione, stando agli ammonimenti degli esperti).
Con 400 milioni di europei che si apprestano a eleggere 720 parlamentari europei a giugno, i sondaggi prevedono significative vittorie per i populisti di destra. Di conseguenza, per la prima volta da quando il Parlamento europeo è stato eletto direttamente nel 1979, si prevede che avrà una solida maggioranza di destra. Ciò segnerà una “brusca svolta a destra” per l’Europa, ha recentemente osservato il Consiglio Europeo degli Affari Esteri (ECFR).
In sostanza, come spiega in una sua personale analisi Gordon Brown (ex premier laburista nel Regno Unito) su The Guardian, demagoghi ultranazionalisti e nazionalisti populisti sono ora in testa ai sondaggi in Italia, Paesi Bassi, Francia, Austria, Ungheria e Slovacchia, e al secondo posto in Germania e Svezia. Ci sono due gruppi di estrema destra nel Parlamento europeo: Identità e Democrazia e Conservatori e Riformisti Europei. Insieme, potrebbero assicurarsi fino al 25% dei voti di giugno.
Cosa potrebbe significare questo cambiamento epocale per il futuro economico dell’Ue? Nubi nere sono all’orizzonte, con una crisi che potrebbe solo peggiorare. Ecco perché.
L’Europa sta per essere conquistata dall’estrema destra
Il vento della destra estrema, nazionalista e populista soffia su diversi Paesi del mondo in questi ultimi anni, non soltanto in Europa. Basti pensare al fenomeno Trump negli Usa, con il tycoon pronto a tornare alla Casa Bianca quando ci saranno le elezioni presidenziali a novembre prossimo.
Tuttavia, la situazione europea è degna di nota anche per l’aspetto economico. L’Ue, infatti, mostra segnali di debolezza nella crescita rispetto alla resilienza e solidità statunitense. E questo non è un aspetto secondario nell’analisi politica. Proprio la ripresa tanto aspettata dopo il doppio shock pandemia e crisi energetica - che ha lasciato segni indelebili sull’Europa, in primis con la recessione tedesca - preoccupa nell’ottica di una vittoria schiacciante della destra nelle elezioni per il Parlamento europeo.
Il motivo è spiegato, tra gli altri, da Gordon Brown. Secondo l’ex politico inglese, infatti, in quasi ogni parte d’Europa, inclusa la Gran Bretagna, le fazioni più estremiste della destra stanno forzando la mano ai tradizionali partiti di centrodestra – che, uno dopo l’altro, si stanno arrendendo ai sempre più verso posizioni intransigenti anti-immigrazione, anti-commercio, anti-transizione energetica. Questo significherà meno investimenti e riforme verso cooperazione, aperture, politiche green.
La forte impronta nazionalistica di questi partititi, che parlano sempre di più di confini, dazi, controlli, si ripercuoterà inevitabilmente sulle percezioni di rabbia e frustrazione dei cittadini, spinti a trovare nemici “altri” per giustificare le proprie difficoltà economiche. È così, secondo Brown, che la crisi dell’Europa non potrà che peggiorare.
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Estremismo, pessimismo, crescita zero: i rischi per l’Europa
Nei più grandi Paesi dell’Europa occidentale, molte persone sono pessimiste riguardo alle proprie prospettive, credendo che la loro generazione farà peggio di quella dei loro genitori. Il dato è significativo secondo l’ex premier britannico.
In un sondaggio condotto da Focaldata in sette Paesi, solo il 26% dei francesi e solo il 33% degli italiani pensa che la situazione migliorerà in futuro. Nei Paesi Bassi e in Germania molti sono pessimisti quanto ottimisti. Mentre Irlanda e Svezia sono in testa alla classifica per ottimismo, rispettivamente solo il 46% e il 40% ritengono che se la caveranno meglio, mentre il 39% e il 35% sono di parere opposto. In nessun Paese la maggioranza delle persone è ottimista riguardo al proprio futuro.
I sondaggisti hanno anche testato la classica proposizione a somma zero secondo cui è possibile arricchirsi solo a spese degli altri. Ci sono buone ragioni per cui queste tendenze si stanno radicando. Un’economia a bassa crescita crea un circolo vizioso poiché il pessimismo genera una cultura della colpa – e più diamo la colpa agli altri, più diventiamo pessimisti.
Una volta che le persone si convincono che lo stato della loro economia è così debole da poter migliorare la propria situazione solo a spese di qualcun altro, votano per partiti specializzati nel prendere di mira coloro che pensano li stiano frenando: immigrati, stranieri e minoranze. Questi partiti non offrono nulla in termini di politiche economiche per generare una crescita a lungo termine. Il risultato è che la politica a somma zero esacerba le tendenze economiche al ribasso.
Europa nella trappola della crisi?
Il problema che l’Europa si trova ora ad affrontare è che le stesse misure che deve adottare per sfuggire a questo circolo vizioso – nuovi investimenti in tecnologia, energia pulita e progressi in campo medico – sono rese impossibili dalla sua politica di restrizione fiscale, ha aggiunto Brown.
Il Patto europeo di crescita e stabilità esclude gli Stati membri con deficit superiori al 3% e, cosa forse altrettanto importante, non fa alcuna distinzione tra spesa pubblica per consumi e spesa per investimenti. In aggiunta a ciò, la Germania ha un freno al debito sancito dalla sua costituzione che limita il deficit strutturale del governo allo 0,35% del Pil. Ciò getta un’ombra sull’intera Europa, con il popolo tedesco che si trova ad affrontare gravi tagli alla spesa pubblica. I tagli annienteranno ogni possibilità di intervenire sulle infrastrutture obsolete e frustreranno la sua transizione dall’ingegneria pesante alle industrie basate sull’IT e sull’intelligenza artificiale e sulla sostenibilità ambientale.
Mentre la Cina può sovvenzionare fino al punto di battere l’Europa su auto elettriche, batterie e altre nuove tecnologie, e Bidenomics sta registrando enormi deficit che stanno stimolando l’economia, l’Europa è bloccata in un vincolo fiscale.
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Il meccanismo europeo per la ripresa e la resilienza terminerà definitivamente nel 2026, senza alcuna sostituzione. Il patto di stabilità e crescita, che prevede condizioni restrittive sospese durante la crisi del Covid, riprenderà il suo duro regime l’anno prossimo. La Francia e altri 11 paesi europei sono già in difficoltà, incapaci di investire di più perché stanno già registrando deficit presumibilmente insostenibili.
Pertanto, proprio nel momento in cui è necessario aumentare gli investimenti, è probabile che diminuiscano. Ed è improbabile che i risultati delle elezioni europee migliorino le cose. Gli investimenti verdi essenziali cadranno dall’agenda man mano che i partiti anti-ambientalisti prenderanno il sopravvento. Il protezionismo diventerà all’ordine del giorno con le guerre commerciali, che colpiscono l’Europa più duramente che altrove. A meno che qualcosa non cede, un’Europa a bassa crescita rimarrà bloccata nella sua routine – e i populisti xenofobi trionferanno.
Così sentenzia Brown. La riflessione è stata lanciata. Lo sviluppo economico europeo, che ci coinvolge tutti, passa inevitabilmente per le scelte politiche e ideologiche, nel senso più positivo del termine. E, ovviamente, per il sacrosanto diritto al voto esercitato dai cittadini.
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