Un’importante azienda di elettrodomestici sta per licenziare oltre 1.900 lavoratori in Italia, travolta da una crisi del settore che non trova - per ora - soluzioni positive per gli operai.
Quasi 2.000 lavoratori italiani rischiano il licenziamento, travolti dalla crisi che ha colpito Beko Europe.
Il declino del settore elettrodomestici, manifestatosi in questi ultimi tempi in Europa, ha coinvolto anche l’azienda nata solo qualche mese fa dalla joint venture tra l’americana Whirlpool e la turca Arçelik, società madre di Beko. E a farne le spese saranno probabilmente anche gli operai italiani impiegati negli stabilimenti di Siena e Comunanza (Ascoli Piceno), con alcuni licenziamenti anche nelle fabbriche di Cassinetta di Biandronno (Varese) e Melano, dove sono previsti riassetti produttivi.
Sindacati e Governo sono sul piede di guerra, ma un accordo per scongiurare il peggio non è stato ancora trovato. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha invocato il golden power e spera ancora che il 2025 possa portare novità positive, con un progetto industriale diverso da quello finora esplicitato da Beko. La partita è in corso, ma l’esito piuttosto incerto e cupo.
Al termine dell’ultimo incontro presso il Mimit, in data 10 dicembre, Maurizio David Sberna, responsabile relazioni esterne dell’azienda ha ribadito che il piano Beko presentato non può essere rivisto, poiché in linea con i risultati economici e finanziari presentati.
Il ridimensionamento dei profitti e dei piani di produzione dell’azienda e, soprattutto, dei progetti nei suoi stabilimenti in Europa e in Italia sarebbe causato dai fattori che stanno colpendo il tessuto industriale di tutto il vecchio continente: la domanda in calo da parte dei consumatori e la crescente concorrenza asiatica.
Da promettente industria europea, forte di una capacità produttiva di circa 24 milioni di elettrodomestici l’anno alla sua nascita, Beko Europe è quindi alle prese con licenziamenti, chiusure di stabilimenti e riduzione della produzione in settori specifici. Alcune fabbriche europee sono state già chiuse - Polonia e Regno Unito - preludio di ciò che potrebbe accadere anche in Italia nel 2025.
Beko Europe: storia (breve) di una promettente azienda oggi in crisi
Cresce l’agitazione tra i lavoratori degli stabilimenti Beko Europe in Italia - ex Whirlpool - di Comunanza (Ascoli Piceno), Cassinetta (Varese) e Siena: il motivo è la probabile chiusura delle fabbriche che operano specificatamente nei settori lavaggio e refrigerazione, considerati i meno remunerativi per il gruppo aziendale.
Sono mesi critici per neonato gruppo europeo, che non è riuscito a mantenere le promesse divulgate ad aprile 2024, quando è stato creato. In appena 7 mesi sono stati già chiusi uno stabilimento in Gran Bretagna e due in Polonia.
Dopo l’accordo tra Whirlpool e Arçelik nel gennaio 2023, l’Antitrust europeo e britannico ha dato il via libera alla joint venture. Il 2 aprile 2024 è quindi nato il gruppo.
Il 75% di Beko Europe è detenuto da Ardutch BV (holding olandese controllata da Arçelik) e il 25% da Whirlpool EMEA Holdings LLC.
La società fa parte della galassia Beko, un colosso a livello mondiale nella produzione di elettrodomestici che raggruppa 16 marchi strategici nel settore, tra cui Whirlpool, Grundig, Polar, Indesit, Hotpoint, Ignis.
L’azienda prometteva un business da 6 miliardi di euro attraverso due stabilimenti in Romania di Arçelik e sette fabbriche della rete grandi elettrodomestici Whirlpool sparsi in vari parti d’Europa. Con 20.000 dipendenti all’attivo, i target di produzione erano alti.
Anche l’Italia è stata coinvolta nell’operazione aziendale, con più di 5.000 dipendenti impiegati negli stabilimenti di Siena (congelatori), Cassinetta (frigoriferi, forni a microonde da incasso), Comunanza (lavatrici e lavasciuga), Melano (piani cottura) e Carinaro (ricambi e accessori).
In pochi mesi, però, qualcosa è andato storto.
Perché Beko Europe rischia di chiudere i suoi stabilimenti (anche in Italia)
In un comunicato del 7 novembre, Beko Europe ha allertato l’Italia sulla crisi in corso in alcune specifiche aree produttive e sulle sfide da affrontare in un contesto economico globale complesso e difficile.
In una parte della nota sono elencati i fattori che stanno impattando negativamente sulla produzione, come “un netto rallentamento della domanda dei consumatori in tutta Europa, una maggiore concorrenza da parte degli operatori del mercato asiatico, performance aziendali negative nonostante i forti investimenti storici e una sovracapacità strutturale in Italia”.
La stessa società individua, dunque, i motivi della crisi, dalla quale potrebbero scaturire probabili chiusure di fabbriche e licenziamenti in Italia. I settori lavanderia e refrigerazione, nello specifico, sono sotto la lente dell’azienda, i più predisposti a generare “ulteriori perdite di cassa”.
A settembre era stato annunciato anche il drastico ridimensionamento della produzione in Polonia, con la chiusura della fabbrica di Łódź (cucine, asciugatrici e componenti in plastica) e dello stabilimento di refrigerazione di Wrocław.
Il 31 dicembre 2024, inoltre, la fabbrica Hotpoint del gruppo Beko Europe a Yate, vicino a Bristol, smetterà di produrre asciugatrici e lascerà senza lavoro oltre 100 persone.
Tavolo di confronto tra Beko Europe e governo Meloni
Il governo italiano, attraverso i canali del ministero delle Imprese e del Made in Italy presieduto da Adolfo Urso, sta cercando di favorire un accordo tra sindacati e vertici aziendali nel tentativo di salvare migliaia di posti di lavoro.
Un primo tavolo di confronto si è svolto il 7 novembre. Durante l’incontro il ministro ha invitato l’azienda a presentare al più presto un piano industriale che preveda maggiori investimenti in Italia. Lo scopo è garantire la continuità produttiva negli stabilimenti del nostro Paese, rispettando le misure imposte dal Golden power contenute nel DPCM del 1° maggio 2023.
Nella successiva riunione del 20 novembre, l’azienda ha presentato il suo piano, nel quale ha annunciato il riassetto produttivo italiano, con queste ragioni: “gran parte della base produttiva sta sottoperformando finanziariamente, a causa di un contesto industriale difficile, tra cui una maggiore concorrenza da parte degli operatori asiatici e una domanda indebolita.”
Il destino appare ormai segnato. Come si legge poi in una nota del ministero dell’11 novembre, il nostro Paese aveva già fiutato “potenziali situazioni di crisi legate a sovrapposizioni di stabilimenti in Europa e alla relativa sovrapproduzione, che avrebbero – come poi avvenuto – portato alla chiusura di alcuni impianti nel continente”.
L’ultimo tavolo di confronto del 2024 si è tenuto il 10 dicembre, con questa amara conclusione: “Un secondo tempo supplementare all’azienda Beko per dimostrare di voler puntare davvero sull’Italia, presentando un piano industriale in linea con le prescrizioni della Golden Power perché quello attuale non è accettabile”, come si legge nella nota ministeriale.
C’è tempo fino a metà gennaio circa, quindi, affinché Beko riformuli il suo progetto produttivo in Italia, con nuovi investimenti che possano salvare i posti di lavoro. In caso di esito negativo, il Governo attuerà i poteri inibitori e sanzionatori previsti dal Golden power. I lavoratori non sono stati, quindi, garantiti e rischiano seriamente di trovarsi disoccupati nel 2025.
D’altronde, il piano di Beko Europe per l’Italia nelle sue componenti e risultati economico finanziari, non può cambiare ed è in linea con il Golden power secondo i vertici aziendali. Gli esuberi restano e la mobilitazione continua.
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