Fed, tassi di interesse più alti e più a lungo. Quali conseguenze?

Violetta Silvestri

21/09/2023

Con tassi Fed più alti e più a lungo, cosa può accadere a mercati ed economia Usa? Tra gli investitori e gli analisti domina l’incertezza, con scenari pessimisti ancora possibili.

Fed, tassi di interesse più alti e più a lungo. Quali conseguenze?

Tassi più alti più a lungo: questo in sintesi il messaggio Fed della riunione di settembre. Ma con quali conseguenze su mercati ed economia Usa e globale?

Analisti ed esperti si interrogano su come si ripercuoterà la scelta della banca centrale statunitense di optare per un tono ancora da “falco” sulla politica monetaria futura e quanto davvero solide siano le nuove proiezioni macroeconomiche sugli Stati Uniti, considerati abbastanza lontani dallo scenario della recessione.

Dopo una serie di rapidi rialzi dei tassi negli ultimi 18 mesi, la Fed può ora “procedere con cautela”, ha detto Powell ripetendolo più volte e mostrando anche la necessità di prudenza nell’aspettarsi un “soft landing”, un atterraggio morbido dell’economia Usa dinanzi a uno scenario che vede aumentare ancora la stretta al credito.

Con la lotta all’inflazione sulla buona strada me non ancora finita e diversi ostacoli alla stabilità Usa che non dipendono direttamente dalle scelte della Federal Reserve, cosa aspettarsi dai prossimi aumenti dei tassi? Alcune analisi sul prossimo futuro.

Cosa può accadere con tassi Fed più alti e più a lungo

Le previsioni Fed sui tassi hanno mostrato che i policy maker stanno rafforzando il loro impegno verso un approccio “più alti più a lungo”.

La stima mediana dei 19 policy maker della Fed è che il tasso di riferimento della banca scenderà ad appena il 5-5,25% l’anno prossimo. Si tratta di un valore significativamente superiore al valore compreso tra il 4,5% e il 4,75% segnalato durante l’ultimo aggiornamento del dot plot a giugno. Si prevede che entro il 2026 sarà ancora compreso tra il 2,75% e il 3%. Il 2024, anno atteso come cruciale per l’inizio della campagna di tagli al costo del denaro, probabilmente sarà segnato da 2 diminuzioni appena dei tassi invece che le 4 stimate precedentemente.

L’approccio, in definitiva, è rimasto da falco e prudente nel comunicare un percorso di allentamento. Le reazioni dei mercati non si sono fatte attendere: impennata del dollaro sulle principali valute, rendimenti obbligazionari al top con svendita conseguente dei titoli di Stato, crollo azionario e, in generale, della propensione al rischio. Anche in Europa i rendimenti di Bund e Btp sono balzati, con il decennale italiano che rende il 4,5%. Il clima dominato dalla stretta creditizia si sta quindi diffondendo, causando scosse sul mercato obbligazionario che non tranquillizzano Paesi ad alto debito come l’Italia.

In generale, tassi più alti per un periodo più lungo potrebbero rappresentare una svolta sgradita per azioni e obbligazioni. Il rendimento di riferimento dei titoli del Tesoro Usa, che si muove in modo inverso rispetto ai prezzi delle obbligazioni, è già al suo massimo dal 2007 dopo l’impennata degli ultimi mesi, e potrebbe continuare a salire se i tassi rimanessero alti.

Anche i rendimenti elevati dei titoli del Tesoro – visti come un’alternativa priva di rischio alle azioni perché sostenuti dal governo statunitense – rappresentano un ostacolo per le azioni. L’S&P 500 (.SPX) è cresciuto del 15% da inizio anno, ma ha faticato a superare il massimo di fine luglio a causa dell’accelerazione dell’impennata dei rendimenti.

Un biglietto verde forte guidato da una Fed aggressiva ancora per molto, si traduce generalmente in una serie di ostacoli alla stabilità economica globale, come materie prime legate al dollaro più costose, oneri di debito dei Paesi emergenti più pesanti e quindi meno sostenibili per le casse statali, valute che si indeboliscono, costringendo le banche centrali a intervenire per rafforzarle attraverso aumenti dei tassi.

Molta incertezza, inoltre, si sta diffondendo sulla catena di conseguenze di tassi alti ancora a lungo sull’economia: quanto gli Usa riusciranno a essere resilienti se il costo del denaro rimane elevato? La risposta a questa domanda è importante per gli analisti.

La Fed può trascinare gli Usa in recessione con tassi alti a lungo? I dubbi sulla crescita

Finora l’economia statunitense ha resistito alla campagna di inasprimento della Fed, che ha innalzato l’intervallo obiettivo per il tasso dei fondi federali da quasi zero nel marzo 2022 al 5,25-5,5% a luglio, un livello massimo in 22 anni.

La spesa dei consumatori rimane forte e il mercato del lavoro è stabile, anche se la crescita dell’occupazione sta iniziando a moderarsi.

Questa solidità fa ben sperare per gli sforzi della Fed volti a raffreddare l’inflazione senza mandare l’economia in recessione, ma ha anche sollevato preoccupazioni presso la banca centrale sul fatto che la lotta all’inflazione potrebbe essere prolungata. Con una economia che cresce, infatti, i prezzi sono spinti al rialzo poiché la domanda non si raffredda abbastanza.

La domanda chiave, secondo molti investitori, è però in che misura i 525 punti base di rialzo dei tassi che la Fed ha apportato da marzo 2022 per combattere l’inflazione siano “filtrati” attraverso l’economia, e se la crescita statunitense reggerà se i tassi rimangono intorno ai livelli attuali per la maggior parte del 2024.

Il quadro emerso dalle proiezioni macro della banca centrale è roseo per la ripresa Usa. Insieme alle proiezioni sui tassi, i membri hanno anche rivisto al rialzo le loro aspettative di crescita economica per quest’anno, con il prodotto interno lordo ora previsto in aumento del 2,1% quest’anno. Si tratta di più del doppio della stima di giugno e indica che i membri non prevedono una recessione nell’immediato futuro. Le prospettive del Pil per il 2024 sono salite all’1,5%, dall’1,1%.

Tuttavia, l’avvertimento di Powell secondo cui la Fed avrebbe proceduto “con attenzione” con le future decisioni sui tassi, nonché gli incombenti venti contrari economici – tra cui un potenziale blocco del governo e la ripresa dei rimborsi dei prestiti studenteschi – stanno alimentando scetticismo tra gli investitori.

“Anche se il diagramma mostra un altro aumento quest’anno, vediamo una serie di potenziali shock avversi alla crescita da qui alla fine dell’anno che potrebbero far deragliare il piano. L’incertezza economica, le interruzioni dovute agli scioperi dell’UAW e l’imminente chiusura del governo potrebbero spingere la Fed a rinviare un rialzo al 2024 – o addirittura annullarlo completamente”, ha commentato Anna Wong, capo economista statunitense su Bloomberg.

Una flessione economica Usa può ancora farsi strada e sconvolgere di nuovo i piani Fed. La stretta prevista a fine 2023 potrebbe rivelarsi costosa in termini di crescita se i prezzi del petrolio in rialzo, le rate dei mutui in aumento, lo stallo governativo sulle spese federali aggiungono debolezza e sfiducia tra i consumatori. A quel punto, i tagli del 2024 potrebbero nuovamente aumentare.

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